
Due amiche si ritrovano dopo anni, in occasione del funerale di un’amica comune. Sono ormai arrivate a una certa età e rivedersi è anche tirare le somme della propria vita. In realtà, lo è solo per una di loro, ovvero per chi racconta la storia, che non ha mai superato la delusione per un amore non corrisposto di un ragazzo che aveva scelto l’altra, Fulvia. Dopo l’imbarazzo iniziale, le due ritrovano la loro complicità di un tempo così Fulvia propone di organizzare qualche weekend fuori ogni tanto. Ed è proprio questa proposta che capovolge il modo di vivere della nostra protagonista che scoprirà curiosità sopite e un volto nuovo di quel marito che le è accanto da 40 anni e che non ha mai apprezzato.
In viaggio con Fulvia non parla solo dei viaggi alla scoperta del Bello e dell’Italia meno conosciuta, ma racconta il viaggio spirituale ed emotivo della protagonista, l’io narrante, che rivede la sua vita alla luce di una ritrovata serenità interiore e capisce che tutto quello che si era affannata a ottenere, benessere economico e rivalsa sociale, è in realtà effimero e non ha fatto altro che allontanarla dal marito e dalla vera se stessa.
Milvia Franceschi, laureata in lingue e letterature straniere, ha svolto attività di docente in varie scuole italiane. Nata a Pontedera (PI) ha vissuto a Terni, Brindisi, Alghero, Arcore, Seregno, Colleferro, Roma, dove vive attualmente. Abitare in luoghi tanto diversi le ha permesso di vivere situazioni sempre nuove, incontrare persone, aprirsi alla curiosità di indagine, studiare le motivazioni di certi comportamenti, accumulare emozioni, captare atmosfere. Nel 2014 ha pubblicato La casa elastica con la casa editrice Il mio libro, nel 2018 Fiaboteca di famiglia e nel 2019 Prova d’autore entrambe con lo pseudonimo Samafra con ed. Editasca. Del 2020 è Reazione a catena in tempo di lockdown. Le tre opere sono una raccolta di novelle, storie, racconti.
Oggi parliamo di In viaggio con Fulvia, un libro di Milvia Franceschi pubblicato con la nostra casa editrice Gruppo Albatros Il Filo.
La curiosità regna sovrana ancora una volta, quindi noi del Gruppo Albatros Il Filo abbiamo avuto il piacere di intervistare Milvia Franceschi per conoscerla meglio e scoprire qualcosa in più sul suo libro.
- Perché ha cominciato a scrivere? C’è un’immagine nella sua memoria che ricollega al momento in cui ha deciso di voler diventare scrittrice?
Ho cominciato a scrivere per superare un dolore, una perdita che mi ha mutilato. Ho sempre scritto, per me. La mia vita così intensa di movimenti (traslochi, inserimenti sempre diversi nelle modalità nei luoghi dove andavo a vivere con la mia famiglia, problemi i che ne conseguivano, approcci a mentalità e ad abitudini nuove, scoperta di paesaggi, di patrimonio di arte e di storia. E la scuola. Il rapporto con gli alunni e la mia crescita culturale legata alla loro crescita, allo sviluppo della loro personalità, in contesti sempre nuovi, per me), tutto questo mi ha permesso di arricchirmi interiormente. Sentivo la necessità di dare vita a quello che avevo dentro nel solo modo che conoscevo: scrivere. Ma scrivevo per me. L’ immagine della spinta a pubblicare è la lettera di risposta ad un primo lavoro che mandai a Sellerio. Un timido tentativo per saggiare le mie capacità. L’opera mi fu restituita, accompagnata da apprezzamenti e da auguri per la mia attività letteraria. La firma è di Elvira Sellerio. La conservo con cura.
- Ci racconti l’emozione del suo primo libro pubblicato.
Pubblicai con IL MIO LIBRO.IT un’opera di narrativa dal titolo “La casa elastica” nel 2011. Fu bello ricevere le 5 o 6 copie che mi furono spedite e che ora sono in evidenza nelle librerie dei familiari. Ma la cosa finì lì. Mi resi conto che l’editore non faceva promozione e io non ero certamente in grado di pubblicizzarmi. Penso che sia un buon lavoro. Anche lì, cura della parola, introspezione e viaggio nel Montenegro. Incontri.
- Il racconto che ha scritto al quale è più affezionata e perché.
Tra i racconti che ho scritto, uno continua a commuovermi. Perché fa vivere il dolore mesto, quieto della ineluttabilità di una perdita che tuttavia non è mancanza, ma presenza. La dolcezza del dolore. E la certezza che tutto si ricongiungerà, che la vita continua, che la morte è un incidente nel percorso di una vita che continua. Oltre… Altrove. Comunque c’è sempre una presenza vicina a chi resta. Quieto dolore, appunto, che non impedisce il sorriso della vita e lo stupore per la vita. Il racconto in oggetto si intitola “Ne me quitte pas”
- C’è un luogo o una stanza dove preferisce scrivere?
A Roma, nello studio. La scrivania è appoggiata ad una parete e lì è appesa tutta la mia vita. Ci sono le foto dei nipotini che saltano sui letti della casa al mare, le foto dei volti sorridenti delle figlie con i mariti e quella delle macerie della mia anima. Questa è una foto che guardo con pensosa meraviglia: un’ombra su un prato sterrato, gli scalini di una chiesa con le macerie accumulate da un lato. Lì sedeva mio marito l’anno prima, dopo la lunga camminata tra le colline. Lì scattai la foto che lo ritrae sano e forte. L’ ombra lunga sul prato è la mia, che scatto la foto dello strazio col sole alle spalle.
- Cosa le piacerebbe dire ai suoi lettori?
Ai lettori: Grazie, per avere scelto il mio libro. Spero che lo troviate interessante, ben scritto, vivace e profondo. Io curo molto la parola, il peso specifico della parola e vorrei dare con essa essenzialità, chiarezza. Talvolta mi sono alzata di notte per cambiare un aggettivo, per dare voce vera a quello che sentivo dentro. Spero che il mio libro vi faccia buona compagnia.
Noi del gruppo Albatros il Filo ringraziamo ancora una volta Milvia Franceschi per averci dedicato del tempo e aver risposto alle nostre domande. A lei va un grandissimo in bocca al lupo per il suo libro In viaggio con Fulvia e per il futuro.
A te, caro lettore buona lettura, speriamo anche noi che questo libro vi faccia compagnia. Quindi buon viaggio…con Fulvia. Noi ci sentiamo molto presto.
La vostra redattrice.