Il sigaro e il bicchiere, i romanzi scritti a penna e il bar, le atmosfere pulp prima ancora che il pulp esistesse, l’ironia, lo stile, la verve letteraria, tutto questo, ma di certo non solo questo, era Andrea G. Pinketts. Se ne è andato poco più di un mese fa uno dei più grandi autori della nostra letteratura contemporanea.
Personaggio eclettico, fuori da ogni schema umano e narrativo, appassionato e tenace. Abbiamo avuto il piacere di conoscerlo da vicino e di istaurare con lui una collaborazione più che decennale, dalla pubblicazione de La fiaba di Bernardette che non ha visto la Madonna .
Aveva avuto il suo ingresso nella scena letteraria italiana nel 1991 con il gruppo dei “Cannibali” pubblicando il primo romanzo Lazzaro, vieni fuori che segnò anche l’esordio del suo personaggio più famoso, Lazzaro Santandrea, le cui avventure negli anni andranno a costruire un vero e proprio alter ego dell’autore.
Celebrato come l’autore più rappresentativo del noir italiano, Pinketts è stato prima di tutto un maestro della parola, dotato di un naturale e istintivo “senso della frase”, unico talento che riconosceva di possedere.
È stato giornalista, modello, pugile, protagonista eccentrico della notte milanese, un cuore puro, uno degli ultimi veri innamorati della scrittura e dell’invenzione narrativa. Fernanda Pivano lo definì “un duro dal cuore tenero come una meringa”, e aveva perfettamente ragione.
Ed è proprio per questo suo raro “senso della frase” che lo vogliamo ricordare con una delle sue pagine più celebri:
“Non so sciare, non so giocare a tennis, nuoto così così, ma ho il “senso della frase”. Il senso della frase è Privilegio poiché, se lo possiedi, permette a una tua bugia di essere, se non creduta, almeno apprezzata. Nel caso poi, una volta tanto, tu ti decida a dire la verità, quella vera, quella che puzza perché non si lava con gli eufemismi, quella brutta perché non si ritocca né si abbellisce con la chirurgia estetica del ricordo, nel caso tu dica la verità, la verità pelosa, la verità arrapata, se possiedi il senso della frase la verità avrà un aspetto un po’ puttanesco eppure di classe di una bella menzogna. Il senso della frase è il sesso della frase, il suono della frase, il significato della frase. Il senso della frase battezza la frase, la estremizza e anche se la degrada col turpiloquio, la promuove comunque rendendola, alla fin fine, definitiva. Il senso della frase è il punto di arrivo del concetto espresso quando la frase è ancora nell’utero. È il punto di non ritorno. Un “punto e basta”. Un punto esclamativo ma, soprattutto, 666 punti esclamativi.
Diabolico senso della frase, io ti possiedo e ti amo. Fiato alle trombe di Eustachio, rimbombino le tube di Fallopio. Così è e così è stato.
Non so se si nasca con il senso della frase. Di sicuro ci si muore.
Muoiono anche gli scrittori, purtroppo, ma i loro libri restano qui, a tenerci compagnia. A riempire i vuoti. A parlare del futuro.
Riportiamo di seguito i video di un’intervista doppia con il cantautore Francesco Baccini, con il quale Andrea aveva collaborato per il musical Orco Loco e presentato a Roma, nel corso della kermesse letteraria Più Libri Più Liberi, La Fiaba di Bernadette che non ha visto la Madonna (Gruppo Albatros Il Filo).
Un personaggio geniale e unico, mi è davvero dispiaciuto apprendere della sua scomparsa, assistei a una sua presentazione alla fiera del libro di Roma, proprio con Baccini: memorabile…
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