Benvenuti nel nostro blog, oggi abbiamo il piacere di presentarvi un’intervista con l’autrice del libro “La Giustizia degli Ultimi”, Chiara Tacchi. Speriamo che questa intervista vi aiuti a conoscere meglio l’autrice e il suo lavoro, vi invitiamo a lasciare i vostri commenti qui sotto!
In questo libro si incrociano le vicende di cinque personaggi, sono storie vere?
Sì, sono tutte storie vere. Sono le storie di cinque persone che ho incontrato nel mio studio in qualità di avvocato. Si sono rivolte a me per comprendere se il danno che avevano subito fosse risarcibile, per avere giustizia. L’incontro è stato, dunque, un incontro professionale ma leggere nei loro occhi la disperazione, sentire nei loro racconti la paura per il futuro, il dolore per le ingiustizie subite e il senso di impotenza mi ha spronato a conoscere più a fondo le loro storie per trarne sia degli elementi utili per la causa sia la forza e la determinazione necessarie a sostenerli nel lungo percorso per arrivare ad ottenere giustizia. Schierarmi dalla parte dei più deboli è sempre stata una mia prerogativa fin da quando ero bambina, oggi le mie scelte di vita e il mio lavoro la mi consentono di vivere quotidianamente il sollievo che può dare riuscire ad ottenere giustizia. Per me essere avvocato non è una semplice professione ma una missione che mi fa affrontare ogni pratica mettendoci cuore, impegno e dedizione.
Chi sono gli Ultimi a cui dà voce?
Sono tutti coloro che occupano un posto svantaggiato all’interno della società per una propria condizione personale, soprattutto di tipo economico. Sono i precari da mille euro al mese o poco più. Troppo poveri per andare dall’avvocato ma non abbastanza per accedere al patrocinio gratuito a spese dello Stato, accessibile solo da cittadini aventi un reddito complessivo lordo annuo non superiore a dodicimila euro circa. Viene così esclusa una larga fetta di popolazione che vive in condizioni di precarietà. Ma potenzialmente siamo tutti noi! La vita ti cambia dall’oggi al domani. Se prendiamo la storia di Gaetano, un giovane uomo che a causa di un grave infortunio sul lavoro subisce l’amputazione di tre dita e di gran parte del palmo, con perdita completa della manualità e conseguentemente della capacità lavorativa, ci rendiamo conto di come sia facile ritrovarsi in breve tempo ai margini della società. Chi non riesce più a lavorare, non si riesce a pagare l’affitto, le bollette, i libri di scuola dei propri figli. La pensione di invalidità non risolve il problema e in un attimo tutto crolla. Per questo è estremamente importante che leggendo questo libro le persone si possano immedesimare nelle esperienze di vita altrui e sapere che, come nel caso appena citato, si può agire anche per ottenere il risarcimento del “danno differenziale” diverso e ulteriore rispetto alla pensione di invalidità garantita dall’INAIL. Il danno si insinua nelle vite, nelle famiglie. Inquina, con conseguenze difficili da controllare. Il risarcimento serve a riabilitare, a riequilibrare la situazione, a ridare dignità e la forza per ricominciare.
Come è nata l’idea di scrivere questo libro?
Incontravo tutti i giorni persone che si presentavano con gravi problemi da risolvere e che per motivi soprattutto economici, ma anche psicologici, avevano paura di intraprendere una causa contro compagnie di assicurazioni, strutture ospedaliere, multinazionali che per intimidire e dissuadere il danneggiato magari gli dicevano: “fai quello che vuoi tanto noi abbiamo una squadra di avvocati”. Ecco che le difficoltà economiche, la paura e la sfiducia rendono ancora più fragili queste persone. Riescono a mala pena a tirare la fine del mese. Troppo povere per intraprendere una causa, ma non abbastanza per ottenere il patrocinio gratuito a spese dello stato. E allora cosa fanno? Rinunciano a difendersi anche se hanno subito un torto grave. La giustizia diventa così un lusso per pochi. Al dolore di queste persone non sono mai rimasta indifferente e non mi sono mai abituata. Da qui la decisione di scrivere un libro per dare voce a chi spesso non ce l’ha o, peggio ancora, non viene ascoltato, considerato. Per raccontare attraverso le loro storie che una possibilità c’è, che anche gli Ultimi possono lottare per ottenere giustizia. Il libro vuole dare forza a chi ha perso le speranze e nello stesso tempo vuole essere una denuncia nei confronti di un sistema che non funziona. Per questo motivo insieme ad altri professionisti sto lavorando alla stesura di una proposta di legge per garantire effettivamente ai più deboli il diritto ad una difesa accessibile ed inclusiva. Se sei consapevole, non puoi fregartene. Se te ne freghi, diventi complice di un sistema che non funziona.
Qual è stato il momento più difficile durante la scrittura del suo libro?
Non c’è stato un momento in particolare. La mia vera preoccupazione è stata quella di trovare il giusto equilibrio tra la narrazione delle storie e il caso giuridico. Non volevo che l’aspetto tecnico della causa legale e del processo diventassero predominanti rendendo la narrazione fredda e distaccata. Desideravo fortemente che la vita, le difficoltà e i sentimenti dei protagonisti e delle persone che avevano sofferto con loro fossero un unico racconto. Proprio come era accaduto nella realtà. Per questo motivo non è stato un libro scritto di getto. Ho deciso di pesare ogni singola parola perché le parole possono trasmettere emozioni e, se usate in modo inappropriato, sono in grado di modificare enormemente la percezione delle cose o delle esperienze ed io non volevo assolutamente che ciò accadesse. Era troppo importante riuscire a trascrivere fedelmente su un foglio quel fiume di emozioni che erano giunte sino a me. Non potevo permettermi di sbagliare. La vera difficoltà è stata, dunque, dettata dalla responsabilità che mi sono assunta.
C’è un personaggio del suo libro a cui è particolarmente affezionata? Perché?
Sono affezionata a tutte le persone di cui ho deciso di raccontare la storia. Tutte sono entrate nei miei pensieri e nel mio cuore, ma certamente la vita di Azzurra è quella che mi ha più emozionato. È stata la prima che ho deciso di scrivere perché la storia di questa bambina mi ha letteralmente travolta. Per arrivare alla stesura finale l’ho riscritta quattro volte perché in alcuni momenti mi sono talmente immedesimata nel dolore della mamma che non riuscivo a proseguire nel racconto. Mi mancava quasi il fiato. Nell’ultima stesura, quella definitiva, non riuscivo a trovare il modo giusto per raccontare il finale. O meglio, non trovavo il modo migliore per far entrare un filo di luce in quelle ferite così profonde. Fino a che, una mattina mi sono svegliata prestissimo, di soprassalto, saranno state le 5:00. Il finale è arrivato così, all’improvviso, come un’illuminazione. Finalmente avevo trovato il modo per far rientrare la forza dell’amore nella vita di Azzurra e dei suoi genitori. È stato molto emozionante.
Le parole di Chiara Tacchi ci hanno permesso di approfondire i temi principali del suo libro “La Giustizia degli Ultimi” e di questo siamo particolarmente entusiasti. Speriamo di avervi offerto, con questa intervista, dei buoni consigli per i vostri prossimi acquisti in libreria. Buona lettura e alla prossima intervista.