GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: OPLITI, VITA E MORTE NELLA FALANGE DI SPARTA – MASSIMO ZENOBI

Benvenuti a questa nuova intervista del nostro blog, oggi avremo il piacere di parlare con Massimo Zenobi. Siamo sicuri che questa sarà un’occasione unica per conoscere meglio questo talentuoso scrittore e scoprire qualcosa di più sulla sua opera “OPLITI, VITA E MORTE NELLA FALANGE DI SPARTA”.

Siamo nel quinto secolo A. C. nel Peloponneso. Vuoi raccontarci il contesto storico e geografico nel quale si ambienta la tua Opera?

Il mio romanzo “Opliti, vita e morte nella Falange di Sparta (I parte – Arcadica)” si ambienta nel Peloponneso, nella prima metà del V secolo a.C., e Sparta è la città-stato che resta sempre al centro della narrazione. Il romanzo inizia sostanzialmente nel 470 a.C. quando Sparta è la città egemone del Peloponneso, una potenza militare e politica uscita vittoriosa da secoli di guerre contro tutti i suoi vicini, riuscendo a stabilire nella regione un sistema di alleanze che controlla, la Lega Peloponnesiaca. Nella seconda guerra persiana, finita appena nove anni prima, Sparta ha dimostrato a tutti la propria efficienza, una tecnica militare superiore, schierando una Falange Oplitica compatta e agguerrita che ha intimorito l’imponente esercito straniero e sbigottito gli stessi alleati greci. Nonostante questi migliori presupposti, intorno al 470 a.C. Sparta si ritrova improvvisamente a dover fare i conti con un’alleanza di chiara ispirazione democratica comparsa improvvisamente lì davanti, proprio in mezzo al Peloponneso, per effetto di una predicazione antispartana autorevole di cui rimandiamo al romanzo. Chi osa sfidare la potenza militare di Sparta che ha già sbaragliato tanti nemici? Sfidare la potenza di Sparta proprio davanti al suo territorio, significa esporsi alla sua immediata reazione militare. Eppure le Poleis, le città-stato dell’alleanza antispartana del 470 osano, forse facendosi forte di una vasta adesione ad essa. Il romanzo inizia con questa grave crisi politica prodotta dalla costituzione dell’alleanza antispartana del 470 a.C., causa scatenante di un’oscura guerra nel Peloponneso, particolarmente taciuta, che travolge la vita dei protagonisti. Di questo ho scritto.

Quale è stato il tuo processo di ricerca e documentazione per la scrittura del testo? Quali sono state le tue fonti?

Il progetto nacque casualmente in Grecia durante una ventosa notte stellata che, soffiando sulla mia fantasia, mi fece sognare questo viaggio nella storia. Un po’ di tempo dopo mi capitò in mano un vecchio libro di storia antica che ispirò la mia ricerca: non credevo ai miei occhi, c’era tutto quello che volevo trovarvi. Tessere interessanti di una ricerca che non poteva attendere. Consultai la storiografia classica più autorevole, da Erodoto in poi, quella che ci ha tramandato l’epopea greca: le numerose note esplicative e bibliografiche in calce al testo, arricchiscono la narrazione dal punto di vista storico, e testimoniano la lunghissima ricerca. Ricerca che, mentre si svolse, divenne sempre più coinvolgente per l’individuazione di nuovi spunti entusiasmanti. Un mosaico davvero complicato da comporre che io completai ricorrendo anche alla storiografia più recente forte di un approccio alla Storia meno passionale e più razionale. In questo modo potei formulare le ipotesi che spiegassero, collocassero e collegassero le importanti vicende storiche che si svolsero dal 470 a.C., tracciando la trama del mio romanzo.

Nel tuo romanzo ritroviamo molte battaglie, descritte con attenzione ai dettagli, vuoi darci qualche accenno a queste?

Questa prima parte del romanzo, che ho chiamato “Arcadica” e di cui appunto si sta discutendo, è sconvolta da due maggiori fatti d’armi realmente accaduti: la battaglia di Tegea e la battaglia di Dipeia. Due fatti di difficile datazione, appena accennati dalla storiografia classica come se fossero episodi isolati e trascurabili. Io invece li ho riconsiderati come effetto della crisi politica che “spaccò” il Peloponneso di quegli anni, e rivalutati quali grandi battaglie di due fasi distinte di una guerra tra gli Spartani e le genti del Peloponneso: combattuta da truppe imponenti la prima a Tegea; e ancora da forze importanti la seconda a Dipeia. Andai io stesso in Grecia per individuare questi campi di battaglia, e corredo il testo del romanzo con le foto che presi per documentare i territori in cui dovrebbero essersi svolte. L’impressione fu che il campo di Tegea avesse ospitato un maggiore fatto d’armi, mentre Dipeia un altro più disperato. Per uno scontro all’ultimo sangue tra visioni politiche opposte e inconciliabili della Grecia in bilico fra un passato arcaico e l’aggregazione di un maggiore centro di potere. Nel mio romanzo, mentre si combattono queste battaglie ruggenti, se ne combattono altre meno sanguinose ma altrettanto violente, sostenute dentro i palazzi del potere di Sparta. Una fase di difficoltà politica lacera la Polis di Sparta: lotte intestine tra poteri eterogenei dello stato, scandali e processi che scuotono i vertici dello stato stesso. Fenomeni probabilmente connessi alla debolezza della Diarchia di Sparta di quegli anni e all’attinente problema della discendenza dinastica degli Euripontidi, misteri affrontati nel romanzo.

I personaggi della tua Opera, sono tutti realmente esistiti? Come li hai caratterizzati?

La ricerca storica, che mi aveva rapito prepotentemente, pretese da me i “testimoni” dei fatti, i personaggi immaginari che divennero protagonisti del romanzo: puri Spartiati, giovani aitanti della migliore gioventù di Sparta, essi sono i miei testimoni degli avvenimenti, che ci portano per le vie di Sparta. Areion, il suo amico Xanthos e gli altri compagni, circa diciotto anni di vita trascorsi per la maggior parte nell’Agoghè, il periodo dell’addestramento e dell’educazione: arti marziali, continui allenamenti, prove fisiche estenuanti, una disciplina di ferro e privazioni crudeli. Quando il ciclo principale dell’Agoghè termina, Areion e i compagni della sua classe di età devono cimentarsi in una lunga prova di resistenza e di abilità che li faccia apparire degni del reclutamento nella prestigiosa fanteria oplitica spartana, di cui faranno parte per il resto della vita continuando ad allenare il corpo per servire degnamente. Nel cimento Areion si mette in mostra per intraprendenza e abilità difronte a re Leotichida il quale gli affida un incarico diplomatico delicato: la missione risulta tutt’altro che diplomatica e Areion sopravvive a stento ai pericoli micidiali a cui va incontro; ma in questo modo conosce per primo la minaccia gravissima che incombe sul futuro di Sparta, e ne informa il proprio re. Seppure Oplita disperatamente predestinato alla guerra, Areion è pur sempre un ragazzo di diciotto anni che si fa presto conquistare dalla spensieratezza della propria età: Areion s’innamora di lei, Nefele, apparizione di grazia sulle rive dell’Eurota rigogliose di Sole, e insieme pretendono di fermare il loro tempo. Ma il tempo serve la Grande Storia che non è affatto interessata agli amori dei giovani, ma solo alla propria evoluzione: essa rapisce Areion e i suoi compagni, per condurli alla battaglia, dove il furore della mischia si nutre di corpi, sangue, speranze, illusioni e ingenuità giovanile, per produrre appunto la propria evoluzione. Areion è la disciplina militare e la devozione, ma anche il pensiero politico e la contestazione. Areion, giovane leva di Sparta, ma anche Spartiate, dunque membro dell’aristocrazia cittadina e titolare di diritti politici, pretende la conservazione della società che il legislatore Licurgo immaginò fondata sull’uguaglianza, anche economica, degli Spartiati, gli Uguali appunto. Areion cioè si oppone, come Licurgo, agli individualismi, all’accumulazione di ricchezze, all’ostentazione del superfluo e alle speculazioni che corrompono le virtù morali e la solidarietà tra gli Spartiati; la solidarietà delle Sissizie. Areion, Xanthos e i loro compagni sono il sangue nuovo e puro, lo slancio audace, ingenuo ma generoso di cui si avvale Sparta per rigenerarsi e vincere le sfide per la sopravvivenza. Come pure la giovane spartiate Nefele è il calore vitale, l’amore, il buon senso che si oppone agli eccessi degli uomini, al furore distruttivo del dio Ares tra gli uomini. Perché la donna spartana ha conquistato il diritto di pensare e ostenta risolutezza, prestanza e amor patrio. Le donne Spartiati hanno realizzato a Sparta un’emancipazione che è impensabile nel resto della Grecia, arrivando a praticarvi perfino l’attività sportiva. Un personaggio del romanzo, la bellissima Rodon, è una delle tante mogli Spartiati che amministra personalmente l’Oikos, la fattoria di famiglia: seppure indipendente, Rodon porta avanti le mansioni in una triste solitudine, assediata da recalcitranti Iloti riottosi, la forza lavoro dello stato… La vita dei personaggi immaginari del romanzo è governata dalla Grande Storia, ed essi si dibattono sotto l’intransigenza degli altri protagonisti del romanzo, i suoi personaggi storici: i re Euripontidi di Sparta, il decano Leotichida II e il suo giovane nipote Archidamo II; il giovinetto orfano, re Plistarco dell’altra dinastia di Sparta, gli Agiadi, e i suoi cugini, il reggente Nicomede e il grande generale Pausania. All’orizzonte le vicende politiche e militari di Atene con l’astro ascendente del grande generale Cimone istruito dal suo mentore Aristide, e il declino dell’altro condottiero e politico ateniese, Temistocle, costretto all’esilio. Dall’altra parte del mondo intanto il rancoroso re persiano Serse I della dinastia Achemenide rimane acquattato nel cuore del suo impero ad attendere una fatidica crisi dell’odiato nemico greco. Durante la scrittura del romanzo una domanda mi ha sempre perseguitato: il protagonista Areion rimarrà schiavo della bolgia infernale di violenze e di crudeltà che gli impongono i nomi celebri della Grande Storia? Oppure sarà riconsegnato ad una dimensione umana di vita serena e felice con Nefele?

Qual è il target di lettori per il tuo libro?

Agli appassionati di Storia e di Storia Militare; a coloro che vedono nella Grande Storia i popoli che vi pulsano e gli uomini e le donne che vi vivono; a coloro che trovano il tempo di soffermarsi ad osservare un tramonto drammatico oppure le vagabonde onde del mare; ai romantici, ai sognatori che fantasticano di Storia; a quanti sappiano colorare di sentimenti la propria razionalità. A tutti coloro che infine vogliano conoscere le guerre passate per perseguire un ideale consapevole di pace degli uomini di oggi.

Ringraziamo Massimo Zenobi per averci concesso questa intervista, è stato davvero un piacere scoprire di più sul suo libro “OPLITI, VITA E MORTE NELLA FALANGE DI SPARTA” e sulla sua esperienza come autore. Buona lettura e non dimenticate di lasciare il vostro commento qui sotto!

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