Una pagina dopo l’altra, il libro “Nato nel silenzio” non smette di sorprendere e affascinare: abbiamo posto qualche domanda all’autore, Nicolò Cortegiano per saperne di più sul suo percorso di scrittura e sulle sue ispirazioni.
Il suo libro è un viaggio poetico, nato dalla commistione di diversi stili narrativi, come nasce dal punto di vista stilistico? come mai questa particolare scelta?
Nato nel silenzio in prima battuta doveva essere in effetti una raccolta di monologhi contemporanei. Materiale seconda la mia visione utilizzabile da attori di diverse età per motivi legati allo studio, alla ricerca di nuovi personaggi con cui confrontarsi o da portare ad un’audizione. Ogni monologo è stato scritto in diversi momenti e quindi non sotto l’influenza della stessa ispirazione. Sono state più onde, mettiamola così. Devo fare un piccolo preambolo affinché tutto sia più chiaro. Tutte queste storie hanno in comune il linguaggio e l’appartenenza a questa terra di mezzo, che io visualizzo come oblio; un luogo sconosciuto a tutti ma di cui tutti sappiamo l’esistenza: il subconscio. Ogni tanto ci arrivano dei messaggi da lì tutti quasi sempre confusi e difficili da decifrare. Spesso queste “illuminazioni” ci arrivano dai sogni, e allora sì che sono risate. Ecco… come si parla chiaramente di qualcosa di cui davvero non si ha alcuna certezza? Sicuramente con filosofia ma non sono un filosofo. “Col teatro!” mi sono poi risposto. Visualizzalo come la raccolta di informazioni di diversi diari di bordo di più individui, tutti però alle prese col proprio subconscio. Alcuni di questi scritti sono più recenti altri più datati. Ognuno di questi caratteri esprime a modo proprio l’esperienza che sta vivendo. In questo caso utilizzano tutti un linguaggio basato su simbolismi e metafore ma che si differenzia nello stile narrativo per sottolineare il distacco che hanno col protagonista stesso. Tuttavia si possono riscontrare diverse similitudini. Ovviamente la penna è la mia. Io mi sono lasciato guidare dal mio spirito teatrante. Ho ragionato da Attore ed ho vestito i panni di tutti i personaggi, carpivo quante più informazioni possibili e scrivevo come se farlo fossero proprio loro in prima persona. In altre parole: “un lavoro nel lavoro”. Da scrittore e interprete non mi sono limitato a vivere solo il viaggio di Timothy il mio protagonista, ho vissuto ogni piccolo viaggio breve o lungo di ogni personaggio di NATO NEL SILENZIO. Questo linguaggio libero dagli schemi e molto teatrale seppur diverso nello stile è a me un linguaggio noto ed è stato il mezzo che mi ha concesso di esplorare senza limiti nella maniera più totalizzante ogni personaggio del mio libro. A tratti durante la lettura si possono osservare tra parentesi delle mie annotazioni registiche In riferimento al carattere che stavo sviluppando, proprio come si fa su un copione per familiarizzare col personaggio. Questo mi aiutava a comprendere meglio di volta in volta chi ero diventato, il nuovo ruolo che mi ero assegnato, aspetto esteriore, interiore, ogni piccola informazione era utile al fine di plasmare con più serenità la mia penna al servizio del nuovo permanete o temporaneo “io” quantomeno nel rispetto della possibilità che quella versione di “me stesso “o quel personaggio, fosse esistito realmente in quel momento da qualche parte. Solo in seguito, una volta riletto il manoscritto, ho notato le varie similitudini e realizzato un percorso che unisse tutte le storie. Ho raccolto pezzo per pezzo tutti questi momenti di condivisione e li ho inseriti all’interno del viaggio personale di Timothy, senza cambiare nulla ma restando il più fedele possibile all’originale. Ed ecco da dove nasce la commistione di stili.
L’introspezione, il viaggio interiore, è vissuto da noi stessi dentro noi stessi?
Per definizione senz’altro, ma questo più che un viaggio introspettivo è quasi una ricerca psicoanalitica. I contenuti non si basano su concetti chiari di cui siamo consci è un viaggio nel labirinto che risiede “sotto la coscienza” appunto nel subconscio. Il viaggio è vissuto senz’altro da noi stessi ma da un “io” diverso da quello che siamo abituati a vedere ogni mattina allo specchio. Una volta saltato, dopo aver attraversato la porta che ci separa da noto a ignoto è tutto nuovo o comunque diverso. Non è detto sia piacevole ciò che apprenderemmo o comprenderemmo di noi nella terra del subconscio, ma è un viaggio esplorativo, volto a comprendere meglio ciò che non ci è chiaro. Bisogna avere coraggio per farlo. Dove avvenga questo viaggio con precisione non lo so, con certezza posso dirti che non è un viaggio fisico. Siamo noi che entriamo dentro o lui che esce fuori? Chi lo sa? Ironicamente mi verrebbe da dirti che avviene sul lettino dello psicoanalista il più delle volte, sicuramente è il modo più sicuro. Ovviamente io tratto solo la parte emozionale/filosofica dell’argomento da un punto di vista strettamente legato allo spettacolo e non medico o scientifico. Quindi potrei dirti “sull’isola che non c’è” perché davvero non credo abbia importanza dove. Io infatti lo descrivo come l’oblio: un luogo senza memoria di cui non si ha coscienza. Nella mitologia classica L’oblio viene associato al fiume Lete, ovvero il fiume che conduce all’ oltretomba dove venivano ad abbeverarsi le anime dei defunti per cancellare i ricordi della vita terrena o chi era chiamato per ritornare sulla terra per cancellare i ricordi della vita ultraterrena. Una specie di terra di mezzo dove prima o poi saremo tutti di passaggio.
Qual è stato il più grande ostacolo che ha dovuto affrontare durante la scrittura del suo libro?
A livello pratico Senz’altro trovare il giusto equilibrio tra il viaggio di Timothy e le storie di cui lui si fa portavoce. Legare il tutto tracciando così un filo conduttore che facesse da “voce portante” tra i vari stili narrativi utilizzati, non è stato semplice. Credo sia stato uno dei momenti più difficili. “Una storia che è tante storie” per citare la trama. Ecco volevo che la lettura fosse quanto più fluida e scorrevole possibile in quei passaggi stilistici e temporali. Ad ogni modo mi rendo conto che il libro non si presta ad una lettura tutta d’un fiato, ma che debba essere riletto più volte per comprenderne meglio contenuti e significati.
C’è un autore o un libro che l’ha influenzata in modo particolare?
Per piacere o per studio ho letto diversi libri. Ci sono stati senz’altro autori o filosofi che mi hanno colpito più di altri autori che hanno influenzato il mio pensiero e segnato le mie creazioni. Inoltre fin da piccolissimo sono stato abituato a leggere in modo scrupoloso la Bibbia e per quanto io non sia al giorno d’oggi legato ad alcuna fede o religione cristiana è stata una tra le letture più appassionanti, suggestive e d’ispirazione. In particolare alcuni libri, un vero allenamento allo sviluppo delle mie capacità descrittive, figurative ed allegoriche. Poi senz’altro tra le radici e lo sviluppo del mio pensiero ci sono Platone, Stanislavsky, Freud, Pirandello e Alda Merini. Diversi autori mi hanno colpito, alcuni più di altri ma nessuno singolarmente, con un solo libro. La passione per il teatro e lo studio che ne deriva sono stare senz’altro una grande influenza.
Qual è il target di lettori per il suo libro?
Per quanto riguarda l’età in realtà possono leggerlo sia i più giovani che i più grandi. Diciamo a partire dai 15/16 anni in su. Senz’altro gli appassionati di poesia teatro e filosofia sono tra i lettori che immagino possano apprezzare maggiormente il libro.
È stato un piacere per noi dare la parola al nostro Nicolò Cortegiano: speriamo, con le nostre domande, di avervi svelato alcuni dettagli interessanti sul libro “Nato nel silenzio”. Non esitate a commentare, saremo curiosi di leggere le vostre considerazioni. Buona lettura e alla prossima intervista.