Il libro che desideriamo presentarvi oggi si intitola “Finalmente parlano di calcio”: si tratta del nuovo volume di Stefano Bosio che sta già riscuotendo particolare interesse nei suoi lettori. Con le nostre domande abbiamo voluto scoprire alcuni dettagli in più sul suo processo creativo.
Finalmente un Manuale per sopravvivere alle serate quando l’argomento diventa il pallone? Da cosa è nata l’idea per il suo libro?
L’ispirazione me l’ha data mia moglie: una sera, dopo una cena con i soliti amici, si lamentava perché, a suo dire, noi maschietti avevamo parlato troppo di pallone, ma a differenza di altre volte aggiunse “mi piacerebbe anche intervenire, dire la mia, ma non so proprio niente di calcio”. Allora ho pensato ma com’è possibile che un buon italiano non sappia proprio niente di calcio? Che non è solo lo sport nazionale, fa parte della storia, della tradizione, della cultura del nostro paese. Non puoi non saperne nulla. Il calcio è importante! È come parlare di cibo, di una pasta alla carbonara per esempio: si può discutere se ci va il guanciale o la pancetta, il Grana o il pecorino, la panna o non la panna, pasta lunga o corta, si può arrivare a vere e proprie faide famigliari, ma tutti, proprio tutti sanno di cosa si parla, tutti hanno la loro opinione, ogni buon italiano la conosce. La mia protagonista, quindi, decide di non voler mai più fare scena muta quando l’argomento diventa il pallone e ripercorrendo la storia dei mondiali di calcio e, in particolare, della nazionale, impara a conoscere storiche vittorie, rovinose sconfitte, i personaggi più iconici, le gesta, gli eventi, le storie che rimarranno nella memoria degli appassionati e che saranno per sempre motivo di conversazione: dalla “mano de Dios” a George Best; da Paul “Gazza” Gascoigne al il rigore alto a Brasile ’94, l’arbitro Moreno in Korea, il trionfo in Germania e le “apocalittiche” assenze in Russia e Qatar. Imparerà a conoscere tutte le icone del mondo pallonaro e mai più lunghi silenzi.
A chi si rivolge maggiormente?
Maggiormente si rivolge alle donne prese come figura di chi non capisce di calcio, la protagonista decide di spiegare questo argomento con esempi, modi di dire, citazioni che fanno parte di un mondo soprattutto femminile. Ma è rivolto a tutti quelli che non masticano di calcio, per questo ho usato i campionati del mondo e la nazionale Italiana come filo conduttore, perché quando gioca l’Italia tutti la guardano, tutti si interessano, quando vince sono tutti in piazza. Anche quelli che denigrano il calcio durante tutto l’anno, che parlano dei calciatori come “11 milionari in mutande”, quando la nazionale vince sono in piazza a sventolare il tricolore. Ma è rivolto anche ai giovani che non hanno avuto la fortuna di vivere imprese importanti dell’Italia pallonara, se pensiamo che dal 2006 sono passati 17 anni! In queste pagine trova il punto di vista non tanto dei tecnici, degli esperti, ma dell’uomo della strada. Anzi della gradinata. Di chi vive lo stadio senza posto a sedere riservato ma con un enorme panino alla salsiccia e peperoni da digerire minimo in tre giorni. E aggiungerei anche a chi il calcio lo segue, a chi non si è perso una partita di quelle raccontate, a chi ha festeggiato senza freni le vittorie ed ha perso perfino l’appetito nelle sconfitte. O peggio la disperazione delle ultime assenze ai mondiali: uno dei milioni di c.t. in Italia rimasti senza squadra. È un po’ come aprire un baule di ricordi che era in soffitta tutto impolverato.
Ma a lei, il calcio, piace?
Ovviamente a me il calcio piace, piace tanto, piace tutto. Mi fermo a guardare partite in tv di qualunque importanza. Uno sfondo verde, un pallone che rotola e non riesco più a cambiare canale. Ma oltre al gioco piace il resto, il contorno, quello che crea: seguo la squadra della mia città da quando ero piccolo, da quando mio padre mi portava allo stadio e ancora oggi la seguo con passione. Su quei gradoni spesso screditati, io ho imparato valori come identità, appartenenza, amicizia, fratellanza. Ho imparato che essere innamorati della propria città, della sua squadra, anche se non vince nulla, significa avere sempre un fratello al tuo fianco e un posto nel mondo.
Qual è per lei il passaggio più iconico del suo libro?
Non mi viene in mente un particolare passaggio iconico del libro, anche perché ogni capitolo ha una sua icona: ha una circostanza, un personaggio, una frase, un attimo che resterà indelebile nella memoria degli appassionati. Io mi auguro che questo libro sia una scintilla di interesse per chi non conosce niente del calcio e di ciò che ci gravita attorno e diventi un fuoco di interesse. Mi piace pensare che chiuso il libro, il lettore, cerchi un documentario su Spagna ‘82, una biografia di Diego Armando Maradona, un film su Roberto Baggio, guardi vecchi video di gol storici o momenti indimenticabili, faccia domande a qualche tifoso incallito che da lui proprio non se l’aspetta. E che alla prossima serata, cena, evento, quando inevitabilmente arriverà il momento del calcio, abbia qualcosa dire!
Qual è stato il feedback più gratificante che ha ricevuto finora sulla sua opera?
Di feedback positivi ne ho ricevuti sia da persone, tifosi, della mia età, che mi hanno raccontato di aver rivissuto quei momenti con un sorriso o un nodo in gola; da giovani che dopo aver letto il libro hanno guardato documentari su Italia Germania 4-3 del ’70, sulla vita di Paul Gascoigne e inondato di domande padri e nonni. Ma i più gratificanti vengono sicuramente dalle mie amicizie femminili quando mi dicono di aver finalmente imparato quand’è fuorigioco; o mi dicono di essere andate ad eventi sulla storia di George Best, per esempio, che solo qualche mese fa non avevano la minima idea di chi fosse. E mia moglie: lei e il calcio sono due rette parallele sullo stesso piano: quelle che non si incontrano mai. Ma adesso se sono sul divano a guardare una partita, lei arriva, si siede, e prima di cambiare canale mi chiede chi sta giocando. Passi da gigante.
Concludiamo questa intervista ringraziando Stefano Bosio per il suo tempo e per aver condiviso con noi alcuni spunti interessanti sulla sua ultima opera “Finalmente parlano di calcio”. Speriamo che i nostri lettori abbiano trovato utile questo scambio di idee e che decideranno di leggere il libro di cui abbiamo parlato oggi.