Benvenuti a questa nuova intervista del nostro blog, oggi avremo il piacere di parlare con Marco Ramuschi. Siamo sicuri che questa sarà un’occasione unica per conoscere meglio questo giovane e talentuoso scrittore e scoprire qualcosa di più sulla sua nuova opera “Dreamwalker”.
Come ha avuto l’idea per il suo libro?
Quando durante il primo lock down mi sono trovato di punto in bianco con anche troppo tempo libero e assediato dalle preoccupazioni per ciò che stava capitando ho deciso di iniziare a scrivere, per lo più piccole scene di un paio di pagine, qualche volta solo poche frasi. Allo stesso modo è iniziata la “vita” di questo romanzo. La storia originale, il nucleo dal quale sono partito lo possiamo ritrovare in quello che successivamente è diventato il Capitolo 1, un breve racconto ambientato in un sogno e narrato in prima persona da Massimiliano, il protagonista. Dopo qualche giorno che lo avevo ultimato, avevo notato che le idee, i dialoghi, le scene e i risvolti iniziavano ad accumularsi e a germogliare, cosi mi sono detto: “perché no?”.
C’è un mistero da risolvere, come ha tessuto stilisticamente la trama?
Sinceramente devo confessare che durante i quasi sei mesi impiegati per la prima stesura del testo non ho mai avuto un’idea precisa di ciò che volessi scrivere, nessuna trama pre-impostata, anzi, come ho già detto originariamente nemmeno doveva essere un romanzo. Le scene “progettate” sono veramente poche ad essere sinceri, e sono per lo più quelle che ho inserito nelle ultime fasi “pre-pubblicazione”, dopo svariate riletture e modifiche per dare maggior coerenza agli avvenimenti o per sviluppare in un senso o nell’altro i personaggi.
Quali sono le state le sue fonti di ispirazione per la scrittura di questo romanzo? C’è un autore o un libro che l’ha influenzata in modo particolare?
Fin da bambino sono stato un accanito lettore. Sono cresciuto leggendo autori del calibro di Wilburn Smith e Stephen King, i quali mi hanno sicuramente trasmesso il gusto dell’avventura, della suspance, e proprio in questo spirito cercato di realizzare una trama in cui luoghi, personaggi e avvenimenti tengano i lettori incollati al libro, anche grazie a una serie di “misteri minori” che comunque rimangono essenziali per la risoluzione del grande mistero principale che fa da filo rosso a tutta la trama. Forse a ispirarmi maggiormente posso dire che siano stati i miei viaggi e le mie esperienze personali, che ho cercato di riportare ai lettori ambientandovi i punti salienti del romanzo, in particolare le scene ambientate a Roma e Torino. Proprio a Torino, si incontra quella che è una delle mie più grandi passioni. La storia. Non a caso ho voluto ambientare alcune scene al famoso Museo Egizio, così come le branche dell’archeologia e dell’antropologia (il mestiere del protagonista), sono collegate a questa mia grande passione. Mi hanno chiesto più volte in tal senso se il grande personaggio Indiana Jones, del quale ammetto di essere un grandissimo ammiratore, potesse avermi in qualche modo ispirato come modello, ma con tutta onestà devo dire che Indi e Max non possono essere più all’opposto. Per un paio di anni ho studiato storia all’università, ed è quello, oltre alle infinite ore di studio e lavoro personale ad aver contribuito a creare il background accademico di Max.
Qual è il suo personaggio preferito di questo libro? Perché?
La creazione dei personaggi e il loro sviluppo possono essere definiti come la fase che mi ha dato maggiore “difficoltà” in ogni fase del romanzo, in quanto ho cercato di volerli realizzare nella maniera più realistica possibile, ma anche cercando di evitare eccessi che diventassero incompatibili con lo stile della narrazione in prima persona. Ad esempio molti aspetti sia fisici che caratteriali dei personaggi, i loro pensieri e le loro vite passate non vengono citate in quanto il lettore vede e sa quello che Massimiliano vede e sa. Da questo presupposto inoltre ho voluto lanciare una sfida ai lettori, in modo da coinvolgerli maggiormente. Quale è il volto di Max? Nel testo, benché sia lui il protagonista, sappiamo estremamente poco, in quanto l’unico modo per vederlo è quando lui si specchia, lasciando tutto così all’immaginazione. La natura stessa della stesura del romanzo, penso mi abbia portato a legarmi al personaggio di Massimiliano “Max”. In un certo senso possiamo affermare che sia cresciuto assieme a me. In quanto autore non posso non essere legato anche con tutti gli altri personaggi, perfino col cattivo della storia. Ma infondo chi, nel bene o nel male non si sente legato a ciò che crea? Ovviamente so che sono un giovane autore, al mio primo libro. So che ho ancora molta strada da fare ed esperienze da vivere. So che devo ancora crescere. E spero sinceramente che con me crescano anche le mie opere e che i lettori e le lettrici possano continuare ad apprezzarmi dedicandomi il loro tempo.
Ringraziamo Marco Ramuschi per averci concesso questa intervista. Speriamo che i nostri lettori possano trarre ispirazione dalle sue parole e che il suo libro “Dreamwalker” possa raggiungere un ampio pubblico! Buona lettura!