Benvenuti a questa nuova intervista per il nostro blog. Oggi abbiamo il piacere di fare una chiacchierata con Linda Motti. Siamo certi che questa intervista vi aiuterà a conoscere meglio questa talentuosa scrittrice e a capire cosa c’è dietro alla sua ultima silloge “Migration 2022”. Benvenuti, dunque, a questa nuova avventura letteraria!
Qual è il tema principale di questa raccolta?
In questo libro ci sono poesie attuali e poesie scritte molto più indietro nel tempo, nei periodi dei laboratori di scrittura. Non c’è esattamente un tema ricorrente anche se forse potrebbe essere comunque quello del dolore, dato da varie situazioni di vita vissuta molto infelicemente da me o da altre persone. Le poesie dedicate all’Ucraina coinvolgono una terra vicina e i suoi abitanti presi da una guerra orribile e dove sono stata su di un treno a prestare cure ai civili in fuga, la poesia Migration 2022 da cui prende nome il libro nasce dall’ incontro di grande emozione con popoli che fuggono in situazioni estreme dalle loro terre dove c’è fame, povertà, carestia, malattia e spesso tortura, la poesia Amore bastardo è dedicata a una ragazza di strada ritrovata morta ammazzata sul greto di un torrente sotto un ponte nella campagna della bassa pianura padana vicino alla mia città e così via… Non bisognava a parole esserci, è una denuncia precisa a tutti coloro che pur parlando bene e razzolando male, sapendo i propri simili in grosse difficoltà fino ad arrivare al suicidio, si sono voltati dall’ altra parte, facendo finta di non sapere. Mi hanno chiuso la bocca con del nastro adesivo, si riferisce a me e a una grandissima ingiustizia che ho subito dai dirigenti della mia professione nella Azienda in cui allora lavoravo che proprio perché vedendomi stare dalla parte dei fragili, specialmente in Carcere, davo fastidio; da loro ho ricevuto mobbing e cose terribili senza che nessuno mi abbia dato la possibilità di avere giustizia perché poi penso che la giustizia per la povera gente o per chi cerca di fare del bene agli altri, in terra non esista. Nel cuore ho anche alcolisti, tossicodipendenti, chi vive in strada, insomma gli ultimi , coloro che non hanno voce…
Come nasce la scelta di raccontare il decadimento sociale attraverso la poesia?
La scelta non nasce. È puramente spontanea e casuale. Fin da ragazzina amavo scrivere e ho sempre scritto quando “mi veniva”. Lo considero un dono che ho nel profondo e con questo dono non mi ci metto a tavolino ma si affaccia con tutta la sua espressività, casualmente, nei momenti più impensati. Posso essere imbottigliata nel traffico in macchina, essere seduta su di un prato, camminare ed ecco che le frasi arrivano così, vogliono uscire. Infatti ho sempre con me una biro e un blocchetto perché per me la scrittura deve prima passare attraverso la grafia. È semplicemente affascinante, poi, dopo, la metto nel pc. Attualmente non lo posseggo e scrivo tutto sul mio scassatissimo cellulare. Accosto, mi fermo e scrivo. Di getto. Difficilmente ricorreggo ciò che scrivo, al massimo una virgola quando metto la punteggiatura. Ho avuto una vita difficilissima, drammatica, forse per questo colgo questo decadimento sociale, come è stato definito ma poi alla fine penso che anche se la sofferenza è stata tanta, il nostro mondo apparentemente così pieno d’odio, di solitudine, di fragilità, sia anche pieno d’amore, capace di solidarietà e umanità straordinarie che gli hanno impedito di disintegrarsi totalmente. L’odio e la violenza sono molto più visibili, tracotanti mentre la gentilezza, la passione creativa, il saper accogliere e ascoltare l’altro senza giudizi ed etichette si nascondono e si rivestono di umiltà e silenzio. Essendo io credente li paragono a una enorme preghiera che come diceva Madre Teresa di Calcutta è un oceano che ha bisogno di ognuno di noi, piccole gocce, per renderlo miracoloso.
C’è una poesia in questo libro a cui è particolarmente legata? Perché?
Ce ne sono tre. La principale è Migration 2022. Nasce dalla mia primissima esperienza come infermiera di soccorso in mare dei migranti nel Mediterraneo e vicino alle coste africane per associazioni umanitarie durante la pandemia da Covid nei mesi in cui circolavano ancora le varianti Omicron del virus. Quando si incontrano queste persone, donne, neonati, bambini, uomini, ragazzi minori sui ponti di una nave o li vedi affogare di fronte a te fra le onde, ci si rende conto di essere veramente di fronte a quelli che la Società definisce i veri ripieghi della Umanità. Ho lavorato in condizioni durissime, non esistevano più il giorno e la notte, i turni di riposo, si dormiva quando si poteva e c’erano sbarchi ad ogni momento. Cabine trasformate in reparti Covid, bambini che non avevano nome, spesso si comunicava con disegni su fogli perché non parlavano nemmeno inglese. Ho visto persone torturate in Libia, salivano spesso a torso nudo, in infradito, pieni di ferite d’ arma bianca, di mascelle fratturate dalle botte, di malattie dermatologiche, di scabbia, attorno alla testa asciugamani fradici per ripararsi dal sole durante le traversate, fagotti sfasciati. Li ho guardati negli occhi e non li ho più dimenticati, con quegli occhi ci parlavamo.
Poi c’è una poesia dedicata all’Ucraina dopo poco che era scoppiata la guerra. In nave ho conosciuto un ragazzo della Sicurezza di 37 anni sposato e padre di una bambina. Siamo diventati molto amici e appena finito il suo periodo in mare è tornato in Ucraina per riabbracciare la famiglia. Dopo pochi giorni gli scendevano le bombe in testa. Quando riesce si mette ancora in contatto con me perché è rimasto a combattere in patria e io gli scrivo su di un social pregando che sia ancora in vita e mandandogli fotografie di fiori e cieli azzurri.
L’altra poesia parla di una Croce di legno a cui sono stata inchiodata assieme ad altri esiliati come me. Mi sono sentita spesso esiliata nella città in cui vivo per l’indifferenza e lo stigma appiccicati alla mia famiglia di cui mi sono fatta ingiustamente carico durante tutta l’infanzia e la giovinezza impedendomi di continuare a studiare e vivere la vita di una adolescente di 16 anni sebbene oggigiorno esistano problematiche che allora non c’erano come la dipendenza da cellulari e social o il cyberbullismo, magari nascosti sotto altre problematiche comportamentali. Ma poi mi schiodo da questa Croce e inizio a scrivere i miei sentimenti tenuti in silenzio per anni aspettando che arrivi un poco di sole a scaldare i piedi ghiacciati. Fra le nuvole si affaccia per me la luce tanto amata, la vita che muta come le nubi e assume forme di una profondità d’ animo favolose. Attimi. Che divengono sacralità della mia esistenza.
Come definirebbe il suo stile di scrittura?
Scrivo da quando ero bambina e ora, alla veneranda età di 55 anni, scrivo ancora. E scriverò fino alla fine della mia vita perché la scrittura mi appartiene, mi è stata donata, è nel profondo della mia anima, fa parte naturalmente di me così come se fosse un mio braccio o una mia gamba, un prolungamento del mio corpo carnale e del sangue del mio cuore. I miei versi sono mutati naturalmente man mano nel tempo a seconda della mia interpretazione della realtà con i suoi fatti e accadimenti e dei miei infiniti sentimenti. Leggere sempre, è l’unico modo per imparare a scrivere ed esprimere le proprie emozioni bene e poi in maniera personale. A seconda di ciò che si vive ma anche di una curiosità atavica e individualissima, le letture mutano, i modi di scrivere cambiano di conseguenza immettendoci il nostro essere che non è altro che un attraversamento, una navigazione della vita stessa. In questo libro Migration 2022 ci sono diversi modi di scrivere la poesia perché in esso ho messo componimenti di anni fa quando frequentavo i laboratori e componimenti recenti. Già ora ho un altro modo di scrivere. Quello che mi incanta è destreggiarsi fra le lettere per poi ricomporle in frasi diverse come se le estraessi da un cilindro magico, sentirsi a casa propria, gettarle in aria e giocarci perfino con i suoni onomatopeici che gli appartengono, tipo i grammelot della Commedia Dell’ Arte. Talvolta ritrovo su fogli finiti chissà dove, qualche poesia scritta nel passato e leggendola rimango sorpresa per la dialettica, per come è stata scritta tanto da dirmi e da chiedermi: molto bella, ma è mia? Sì, è mia. Questo per spiegare quanto può cambiare il mio scrivere, componendo appunto di getto. Se mi si chiede il significato di una poesia appena scritta, tantissime volte rispondo che non lo so, perché realmente, all’ istante non lo capisco assolutamente tanto è potente ciò che mi esce. Poi, con il tempo, mi accorgo, rimanendo interdetta per la forma in cui i versi sono stati partoriti, di quanto di me ci sia dentro quella creazione che non più mi appartiene. È esattamente un parto di vita che mi rappresenta a piccole dosi, ciò che ho scritto e che ormai, come un figlio che cresce, non è più mio ma del mondo intero. La scrittura per me stessa non è né terapeutica, né ha mai voluto attrarre nessuno. Se mi viene riconosciuta ne sono solo felice. L’ hanno chiamata scrittura del dolore, cupa, un pugno nello stomaco, di potenza evocativa ma che improvvisamente presenta salite di luce istantanea e bellissima ed in effetti è così. In fondo alla melma della disperazione si scorge sempre una speranza, uno squarcio fantastico che sia la fiammella di una candela o un sole caldissimo. Per dire che negli esseri umani al di là di ogni, e rimarco ogni tragedia, rimane la vita magari a pezzi, da cui ripartire pure se questa vita è percepita come una condanna. Qualcuno scrisse che nelle mie poesie coesiste la bellezza e la ferocia del dolore. Vedo la vita come uno sprazzo di grande Bellezza, per citare il film di Paolo Sorrentino, così come sono convinta, essendo io credente, che Dio veda in noi uomini sprazzi di grande Bellezza. Alcune persone spesso mi dicono: beata te che sai scrivere così bene! Allora rispondo anche ironicamente che preferirei avere una mente meno creativa ma più matematica, da fisici o chimici perché dietro quella bellezza ci sta davvero per me molto dolore di una vita enormemente travagliata che chiede di uscire allo scoperto attraverso una penna bic. Devo concludere dicendo che comunque la Scrittura come la Natura in cui immergersi per me è la mia parte d’anima fra le più belle, mi fa stare bene, sono come in un limbo, è riconosciuta senza che io lo chieda, so di avere argomenti su cui discutere, è un Paradiso di grande pace. Questo dono della Scrittura che già avevo innato lo dovevo comunque coltivare per renderlo al meglio e posso dire che la figura della mia insegnate prima di lettere e poi di filosofia del liceo linguistico da me frequentato è stata fondamentale. Oggi come ieri, spesso avendo famiglie problematiche in cui non si riescono a trovare risposte sulla propria vita di adolescenti in un mondo spesso molto complesso a cui ci si affaccia, proprio per le materie umanistiche che insegnano, questi professori si trovano ad essere importanti punti di riferimento per i ragazzi e le ragazze. Domande esistenziali che si devono conciliare con una realtà anche dura, competitiva, frustrante. Avere questi maestri che fanno appassionare alle loro materie rendendole presenti e quotidiane con intelligenza, stimolando curiosità e domande, è spesso fondamentale. A me, piena di drammi famigliari, schiva e solitaria, attraverso gli autori che studiavo ritrovavo i miei stessi pensieri, il mio filo rosso. E non mi sono persa. Ho iniziato a leggere migliaia di libri e la poesia poi mi ha salvato la vita.
Qual è il target di lettori per il suo libro?
Probabilmente non esiste un target di lettori nettamente definito a cui il mio libro si rivolge. Anche se, forse, potrebbe arrivare più intimamente al cuore dei così detti malamente stigmatizzati, ultimi, matti, senza voce, etichettati, ingiustamente messi ai margini della vita. Per dirla con le parole del Vangelo, ai miti, ai puri di cuore, ai perseguitati, agli affamati di giustizia. Una Società che discrimina e permette la divisione decisa in ricchi e poveri è una Società ingiusta, crudele e responsabile di tanta, troppa differenza che va additata e inesorabilmente condannata. Chiunque, naturalmente, può leggere questo libro perché anche a chi la vita non ha tolto tutto e ha uno spirito buono o pronto all’ ascolto o al silenzio dell’altro e oggigiorno purtroppo non è ormai più così scontato, non preclude di rimanere preso all’ improvviso dalla voce che il libro fa sentire. In tutti i sensi possibili, emozionalmente e allo stesso modo, concretamente, accusando chi doveva e poteva fare e invece non ha mosso un dito per il proprio prossimo in difficoltà, percependolo non più come un essere umano ma come uno che infastidisce, un diverso, un pericoloso altro da noi venuto a distruggere il nostro amato orticello o la nostra lustrissima mattonella lucidata con i falsi balsami di una carità inesistente.
Linda Motti è stata un’ottima interlocutrice e desideriamo ringraziarla per il suo intervento. Vi invitiamo ancora una volta a leggere “Migration 2022” e vi aspettiamo, come di consueto, per la prossima intervista. Buona lettura!