
La famiglia. Che tranquilla sorgente di linfa vitale. Ma fonte anche di scherzi inaspettati, crudeli. E non si anestetizza in quei casi la ferita, malgrado sia preterintenzionale il danno. L’unica allora è imparare a rimanere indifferenti, saperci stare, là dentro, senza parole. Come avevo fatto io, ai tempi miei. Con la mia. Di famiglia.
Ambientato all’interno di una famiglia media italiana, dagli anni ‘70 ai giorni nostri, il romanzo racconta la catarsi di una ferita individuale occorsa, maturata e nel tempo faticosamente guarita. Incontriamo la protagonista, Greta, quando è ancora una bambina e, appena trasferita a Gorizia, prende le misure con la sua nuova vita. I primi giochi nel cortile, i timidi tentativi di stringere legami e, al contempo, i battibecchi in famiglia, con la nonna specialmente, con cui forzatamente divide i suoi spazi. Figura solida e ingombrante, suscita nella nipote un amore smisurato ma un altrettanto grande risentimento per il tempo che le sottrae con sua madre, sempre attenta alle esigenze della donna e forse un po’ troppo incline a soddisfarne i puerili capricci. Il menage familiare è straordinariamente realistico, fonte di frustrazioni, ilarità, incomprensioni e condivisioni ed espone con cristallina chiarezza la diversità di vedute di generazioni non tanto lontane eppure incompatibili.
Angela Rossi ci regala una storia sulla faticosa ricerca della libertà e dell’affermazione individuale in un contesto affettivo complesso, resa ancora più ardita da un evento delicatamente celato nell’ombra di queste pagine, dense di emozioni e di significato.
Angela Rossi è nata a Trento nel 1964. Dopo gli studi giuridici si è sempre occupata di Risorse Umane e di Organizzazione, dapprima come manager in aziende private, quindi come coach e consulente aziendale. Appassionata di temi di sviluppo personale, è attivamente coinvolta in attività di supporto e cura della persona anche nel mondo no profit per l’Associazione Imprenditore non sei solo. Questo è il suo romanzo d’esordio.
Oggi parliamo di Saranno rosse le mie scarpe, un libro di Angela Rossi pubblicato con la nostra casa editrice Gruppo Albatros il Filo.
Noi del Gruppo Albatros il Filo abbiamo avuto il piacere di poter intervistare Angela Rossi per conoscerla meglio e scoprire qualcosa in più sul suo libro Saranno rosse le mie scarpe.
Riportiamo di seguito l’intervista all’autrice. Buona lettura!
- QUANDO NACQUE LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?
La mia passione per la scrittura è nata da bambina, fin da subito ho amato tantissimo infatti la lettura e sono stata una vorace lettrice. Da sempre l’approccio al libro mi ha dato emozione, so che mi capite, parlo del fascino di un volume mai aperto, l’odore stesso delle pagine, il mistero di quelle parole ancora da scoprire. Spesso durante la lettura la mia immaginazione di ragazzina si spingeva a vedermi scrittrice un giorno, ma a parte qualche adolescenziale tentativo la scrittura è stata per me una esperienza tardiva, per anni resa incompatibile, almeno mentalmente, dalla forte esclusività professionale. Amo moltissimo le parole, il loro significato, la loro musicalità, mi piace sceglierle con cura per il loro suono e la loro specificità, la lingua italiana ci aiuta molto nell’offrirci infinite sfumature, e nel tempo ho imparato a sceglierle con molta più consapevolezza anche nel mio ruolo di Coach, sapendo bene quale impatto offrano nel crearci una convinzione o nel destarci un’emozione. Scrivere è per me attingere ad una meravigliosa gamma di strumenti con un atteggiamento quasi sartoriale per rendere onore ad un pensiero, ad un movimento dell’animo, o ancor più per dare semplicemente forma alla straordinaria bellezza della natura.
- IN CHE MOMENTO E COME HA AVUTO L’IDEA DI SCRIVERE QUESTA STORIA?
Questa storia è sempre stata dentro di me, ha semplicemente atteso il momento giusto per manifestarsi. Una storia autobiografica, dunque, che evidentemente è arrivata quando io le ho fatto spazio, a strappo deciso, cioè dopo aver lasciato la mia precedente identità professionale per la cosiddetta seconda chance. L’ho scritta durante il lockdown, quando il mondo si è ripiegato su sé stesso, lo sappiamo bene, e ci ha costretti a scavare ciascuno nelle proprie viscere, attingendo alle risorse più profonde. Una urgenza narrativa, dunque, a scorrimento quasi compulsivo, in cui mi sono ricollegata alle mie radici, alle mie esperienze gioiose e dolorose, nel recupero di un cinquantennio di vita e di “trasformazione”. È la forza pulsante della famiglia che ha trainato quelle mie solitarie giornate davanti al PC – quando siamo stati obbligati ad avere speranza nel futuro – e che è elemento centrale del romanzo nel sostenere il racconto di un viaggio, il difficile mestiere di crescere di Greta, il suo coraggio di rendersi “visibile”, di credere nelle proprie forze, di guardare avanti. Un lungo cammino di libertà, che è poi un invito a guardare le nostre esperienze con il sorriso sulle labbra, sempre comunque soddisfatti di quello che siamo diventati.
- COM’E’ STATA LA SUA ESPERIENZA EDITORIALE?
È stato straordinario cimentarsi con il processo di costruzione del libro, a valle della scrittura. Un’esperienza emotiva forte, che in poco tempo mi ha portato dalla felicità alla paura. L’opera “scelta” è infatti un momento di gioia pura – ricordo ancora il punto esatto, ero in bicicletta, in cui mi sono fermata per rispondere al telefono e ricevere l’ok di Albatros alla pubblicazione – a cui segue una fase di grande concentrazione, quando l’impegno si fa quasi chirurgico per la revisione del testo. L’effervescenza delle fasi finali per la scelta della copertina, e dunque in un soffio mi sono ritrovata “live”, esposta al pubblico. Così quella che fin lì era stata la mia creatura non era più mia, pronta viceversa ad appartenere al lettore. Allora davvero un brivido mi è corso lungo la schiena. È stato quindi molto bello avere dei partner dedicati alla nascita del libro, un gruppo di persone lì a tifare per me nel collaborare al successo dell’opera, particolarmente ora, a libro uscito, nella fase di promozione. Da Coach apprezzo particolarmente la vicinanza affettuosa di Carmela, preziosa figura dell’ufficio stampa, che qui voglio ringraziare per essere una persona così attenta, generosamente proattiva, e sempre positiva.
- COSA SI ASPETTA DALL’INCONTRO CON IL LETTORE?
Ho la speranza, non l’aspettativa, che mi sembra troppo impegnativa, e forse anche troppo pretenziosa, che nel leggere questa storia il lettore possa venire in contatto con due sostanziali sensazioni. Possa in primo luogo recuperare, incidentalmente attraverso le quotidianità della famiglia raccontata nel libro, le sue emozioni dell’infanzia, i sogni, le piccole tappe della crescita, la sua storia personale insomma e nel contempo le abitudini familiari, le dilatazioni emotive, le esasperazioni quotidiane, i piccoli drammi esistenziali, cogliendone – con l’effetto della distanza temporale – il vero valore, l’atmosfera di grande spensieratezza, di proiezione sul futuro, e di amore, così come l’orgoglio di essere stati proprio quelli, noi, e pure i nostri cari, malgrado tutti i nostri difetti. Che possa dunque cogliere, inoltre, verso sé stesso, piuttosto che verso le persone che gli sono accanto, lo stimolo a non considerare mai finito il tempo, o troppo avanzato, per prendere in mano la propria vita, cambiare il proprio destino o anche solo l’occhio con cui guardare il mondo. Un messaggio di speranza, uno sprone. Perché possiamo trovare pace, con tutto. E andiamo bene come siamo, se non nuociamo al prossimo. Però dobbiamo usare le nostre risorse e andarcela a prendere questa vita. Sempre.
- COS’HA PROVATO NEL VEDERE IL SUO LIBRO PUBBLICATO? È STATO UN SOGNO DIVENTATO REALTA’?
Devo dire che prima ancora di vedere fisicamente il proprio racconto assumere una forma cartacea, colpisce molto – da esordienti – sentir chiamare il proprio lavoro “opera”. È il primo momento in cui ci si confronta con se stessi da “scrittori”, quando cioè quel vocabolo arriva a consegnarci il concetto di valore. Ed è una sorpresa. Non ho vergogna ad ammettere che bisogna educarsi alla nuova identità di “scrittore” e che lo si fa con fatica, per scaramanzia forse, ma anche per umiltà. Fino a che i lettori non hanno apprezzato il tuo lavoro, e sempre se decideranno di farlo, è bene ricordarsi che tu hai svolto di fatto solo un esercizio letterario. Ecco perché allora la materializzazione dell’opera, quando fisicamente prendi in mano quel libro, con il tuo titolo e il tuo nome, è motivo di grande soddisfazione. È stato un momento di vero orgoglio, ma come già detto anche di preoccupazione. Perché lì i giochi sono finiti. Ognuno, leggendo, sarà giudice assoluto delle tue parole. E delle tue emozioni. Ancor più nel caso mio, in cui ho aperto il ventre su molte cose personali e ho esposto soprattutto quanto di più prezioso io possieda: la mia famiglia.
A noi del Gruppo Albatros il Filo non resta che ringraziare ancora una volta Angela Rossi per averci dedicato del tempo e aver risposto alle nostre domande. A lei va un grandissimo in bocca al lupo per il suo libro Saranno rosse le mie scarpe e per il futuro.
A te caro lettore auguro una buona lettura, ti auguro un buon viaggio tra le pagine di questo racconto.
Se ti va lascia un commento, facci sapere cosa ne pensi, noi ci sentiamo presto!
La vostra redattrice.