Non sono i tuoi occhi – Pietro Guccione

Lui conosce Linda da una vita. È la ragazza perfetta: intelligente, dolce e bellissima. Riuscire a diventare il suo ragazzo è un sogno… E come tutti i sogni presto raggiunge la sua fine. Il dolore della perdita lo spinge ad allontanarsi, a cercare conforto lontano dalla sua vecchia vita. È così che decide di iniziare a lavorare come pastore, lontano da casa. Lui non può certo immaginare quanto la sua decisione arriverà a cambiare la sua vita…Un protagonista senza nome che attraversa la perdita e il senso di solitudine, accompagnando il lettore e quasi fondendosi con lui per narrare il dolore della fine di un amore.

Pietro Guccione è nato Bari nel 1971 e vive a Monopoli nella campagna pugliese. Laureato (e addottorato) in Ingegneria presso il Politecnico di Bari, insegna lì dal 1999. Docente di Telecomunicazioni, si occupa di aerospazio e progetto di sistemi per l’osservazione della Terra. Tra i suoi interessi: la fisica e l’astronomia, gli scacchi, il cinema, la letteratura e lo sport (praticato anche a livello agonistico). Ama particolarmente la poesia; tra i saggi che maggiormente l’hanno formato vi sono quelli di Jared Diamond, N.N. Taleb, Daniel Kahneman e Richard Dawkins. Ha scritto qualche racconto e una dozzina di poesie, inedite. Questo è il suo primo romanzo.

Oggi parliamo del libro Non sono i tuoi occhi, una storia di Pietro Guccione pubblicato con la nostra casa editrice Gruppo Albatros il Filo.

Noi del gruppo Albatros il Filo abbiamo avuto il piacere di poter fare quattro chiacchiere, seppur virtuali, con Pietro Guccione, per conoscerlo meglio e scoprire qualcosa in più sul suo libro Non sono i tuoi occhi.

Riportiamo di seguito l’intervista all’autore. Buona lettura!

  • CHE MESSAGGIO HA VOLUTO LANCIARE CON IL SUO LIBRO?

Non ritengo di essere all’altezza di poter lanciare messaggi o fornire insegnamenti. La vita è un’esperienza molto varia e complessa e, per molti versi, anche una proiezione della propria mente, che difficilmente può essere replicata da altri. Questo romanzo nasce nell’estate del 2020, in un periodo difficile della mia vita. Riprendendo appunti lasciati qualche anno addietro, li ho sviluppati in base alle sensazioni di quel periodo, lasciandomi trasportare senza quasi strutturare il testo. Nel racconto ho cercato di evidenziare le sensazioni che provo quando guardo indietro ai miei vent’anni: a come fosse difficile anche solo il pensare all’età adulta, ai timori delle difficoltà che avrei incontrato. Il difficile passaggio verso la maturità mi ha imposto di guardare indietro per capire il percorso fatto sinora. Questo “guardare all’indietro” ha riempito il romanzo di una silenziosa nostalgia verso amori perduti, verso parole non dette, occasioni sprecate o abbandonate. Non c’è un vero insegnamento: il protagonista senza nome, che attraversa questo percorso, impara che l’amore è qualcosa che non è concesso vivere nella sua forma più pura e assoluta. È un moto doloroso dell’anima e del corpo, che lascia sempre e comunque non pienamente appagati. È qualcosa che non si riesce mai ad esprimere e vivere pienamente. È un romanzo che parla dei vent’anni, ma che si può comprendere appieno solo quando i vent’anni sono ormai una piccola e socchiusa porta del passato.

  • COSA LE PIACEREBBE DIRE AI SUOI LETTORI?

La lettura è un’esperienza molto intima, privata. Difficilmente è possibile esprimere la fusione di emozioni e pensieri che attraversano la nostra mente quando mettiamo insieme le vicissitudini dei protagonisti di un romanzo con le proprie personali esperienze. Un buon romanzo (e io non ho la pretesa che il mio sia così) è tale se è in grado di suscitare emozioni, ricordi, pensieri, se è in grado di cambiare il nostro modo di vedere il mondo. Se quando chiudiamo l’ultima pagina i protagonisti continuano ad echeggiare dentro di noi e ci parlano, come amici di un passato ormai sepolto nella nostra memoria. Mi piacerebbe molto se al lettore rimanesse anche solo un’eco del grido di aiuto del protagonista del romanzo, se il lettore adulto, magari genitore, si interrogasse sul proprio passato proiettandolo sui propri figli. Parliamo abbastanza con i nostri figli? Ascoltiamo davvero quello che dicono? Il mondo è un posto troppo solitario per permettere di lasciare sole e inascoltate anche le parole e i pensieri di coloro a cui teniamo di più.

  • COSA SI ASPETTA DALL’INCONTRO CON IL LETTORE?

Il romanzo sembra lasciare un messaggio negativo: che non c’è salvezza neanche nell’amore, neanche quando si prende consapevolezza dei propri limiti e capacità. Che l’amore è qualcosa di fugace che non meritiamo. Tuttavia, il protagonista attraverso il suo viaggio, simbolo di crescita, passaggio, impara la propria esperienza personale. In questo senso, sento molto nel romanzo, il parallelo con la vita avventurosa ma solitaria di Christopher McCandless, narrata meravigliosamente nel film di Sean Penn ‘Into the Wild’. Mi piacerebbe far comprendere ai lettori che ogni esperienza è unica e irripetibile. Arricchirsi delle esperienze altrui ci permette di guardare meglio alla complessità della vita che ci circonda, ci permette di apprezzare meglio la propria personale. Vivere più esperienze ci rende più consapevoli e più liberi, capaci di guardare oltre le difficoltà. È un libro che, senza alcuna pretesa, può essere letto a differenti età: come un malinconico ritratto per quelli della mia generazione, come un messaggio di speranza per le nuove generazioni di giovani adulti.

  • PENSA DI SCRIVERE ALTRE OPERE IN FUTURO?

Non so se sarò all’altezza di scrivere altre opere. Per molti anni ho scritto unicamente per me: ritengo fondamentale, perché l’ho sperimentato spesso, il potere catartico della scrittura. Ognuno di noi vive i suoi fantasmi, le ossessioni del passato, i sensi di colpa, i fallimenti in modo diverso. Il mio modo di imprigionare i miei demoni personali è scrivere. Per scrivere ho necessità di incontrarli di nuovo, mi devono di nuovo fare paura, togliermi il sonno, farmi salire dubbi, angosce. Solo così posso provare a imprigionarli ancora e ancora. Sono molto interessato alle dinamiche psicologiche e familiari, oltre che al meccanismo del dolore. Dal rapporto tra l’uomo e l’infinito. Cosa ci fa male di più? Cosa ci rende fragili verso il mondo? Quali esperienze segnano la vita di una persona? Quale è il rapporto tra l’uomo e il soprannaturale? (includendo in questo termine anche la Fede e Dio). In queste settimane ho in mente un tema riguardo queste domande che mi piacerebbe sviluppare in un’opera. Tuttavia, come dicevo, è necessario trovarmi di nuovo in bilico tra salvazione e perdizione. Non so se riuscirò, ma di certo ci proverò.

  • QUANDO NACQUE LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

La mia passione per la scrittura va di pari passo con la mia passione per la lettura. Leggo dall’età di quattordici anni circa: non troppo presto, effettivamente. Da allora, ho attraversato la letteratura come un mare in tempesta, sagomandola sulle esperienze della mia vita, facendomi suggerire, incoraggiare, consolare, di volta in volta, da autori come Shakespeare, Dostoevskij, Murakami e tantissimi altri. Anche i saggi hanno formato il mio modo di pensare, saggi di Fisica, Biologia, Teoria della Complessità, Economia, Psicologia. Sono inoltre molto attratto dal potere ipnotico della poesia, mia vera passione, dalla potenza devastante delle parole quando sono adagiate sulle curve della Bellezza. Antonia Pozzi, Emily Dickinson, Pablo Neruda, Giacomo Leopardi, solo per citarne pochi, mi parlano continuamente come spiriti guida. Ho cominciato quindi, da adolescente, scrivendo poesie che ho tenuto per lungo tempo solo per me. Recentemente ho cominciato a scrivere piccoli racconti e appunti, prologhi, di possibili romanzi. Trovando il coraggio di farli leggere alle persone a me più intime, sono stato incoraggiato a dare qualcosa da leggere a professionisti del settore, lettori neutrali. Ecco come è nato il mio romanzo che, altrimenti, sarebbe rimasto per sempre un file sul mio computer, una scia luminosa di elettroni che danzano muti nel mondo dei quanti.

A noi del Gruppo Albatros il Filo non resta che ringraziare ancora una volta Pietro Guccione per averci dedicato del tempo e aver risposto alle nostre domande. A lui va un grandissimo in bocca al lupo per il suo libro Non sono i tuoi occhi e per il futuro.

A te caro lettore, ti auguro una buona lettura, un buon viaggio tra le pagine di questo racconto, ma soprattutto ti auguro di sentirti sempre libero e pronto a nuove esperienze.

Se ti va facci sapere cosa ne pensi di questo libro, lasciaci un commento, a noi fa sempre piacere!

Buona lettura, ci sentiamo presto.

La vostra redattrice.

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