Il mio nome non è Dio – Antony Harris

Nell’articolo odierno parliamo del libro Il mio nome non è Dio di Antony Harris, pubblicato dal Gruppo Albatros Il Filo. Presentiamo qui un’intervista con l’autore del libro per evidenziare gli aspetti letterari più originali e le esperienze più importanti che sono condensate in questo testo. Affronteremo anche i temi che maggiormente sono rilevanti per l’autore e ai quali viene data espressione in modo peculiare. Il mio nome non è Dio di Antony Harris, pubblicato dal Gruppo Albatros Il Filo, è un romanzo di scoperta, riscoperta, consapevolezza e apertura metodica al dubbio.

Il mito della creazione sumero è stato ritrovato su una tavoletta, tra le rovine dell’antica città mesopotamica di Nippur, fondata nel 5000 a.C. circa. Secondo i sumeri, nessun dio è autore o responsabile della creazione e gli stessi creatori sono parte di essa. La mitologia sumera sostiene che gli esseri umani ebbero origine da extraterrestri che governarono la Terra, provenienti da un pianeta lontano. Quegli esseri, o divinità, viaggiavano attraverso il cielo in veicoli di forma circolare o razzi e tramite l’ausilio di macchinari, cominciarono a lavorare il suolo della Terra, scavando per renderlo abitabile ed estrarre minerali come l’oro. In questo romanzo facciamo così un viaggio alla scoperta dell’origine della Terra e dell’essere umano, tra laboratori clandestini, esseri meccanici chiamati keruvim, luoghi misteriosi come gli Edèn dove si studiavano gli esseri prodotti dalla sperimentazione genetica, circondati dal buio dell’universo e con occhi diversi guarderemo la vita sulla Terra.

Per saperne di più, ecco l’intervista con l’autore: buona lettura!

Quali sono i temi decisivi di questo testo?

I temi decisivi sono tre: Perché l’oro è così prezioso? Chi lo ha deciso? L’oro come metallo è molto più prezioso per il suo utilizzo in campo scientifico e per l’applicazione in tecnologie di cui fondamentalmente non siamo bene informati, non serve soltanto a costruire gioielli e ornamenti. L’essere umano è l’unica specie che ha la capacità di creare, progettare, costruire, che ha il gusto per l’arte, che sopperisce ai deficit naturali adattandosi con stratagemmi e tecnologie. L’essere umano non si è evoluto dalle scimmie, né deriva in qualche modo da un antenato comune. Capisco che potrebbe far storcere il naso ai sostenitori della teoria evoluzionistica ma è stato dimostrato che tale teoria non è attendibile e non è supportata da prove concrete. Basti pensare alle specie di “transizione” di cui si sono trovati i fossili che per la maggior parte dei casi sono risultati contraffatti. Terzo tema, non meno importante; i creatori della razza umana, che fine hanno fatto? È possibile che siano ancora qui tra noi, che abbiano una discendenza, che senza che lo sappiamo gestiscano la vita sul pianeta? Vi stupirebbe sapere che ci sono innumerevoli tracce della loro influenza nel corso della storia, anche recente.

Quali esperienze particolarmente significative nella sua vita trovano espressione nel romanzo?

Nessuna esperienza particolare. Non ci sono stati fantomatici avvistamenti di ufo o rapimenti alieni a cui non credo né ispirazioni mistiche. Mi ricordo però che una volta mi soffermai a guardare il cielo e vidi un aeroplano. Mi chiesi quale mente geniale fosse stata in grado di concepire un apparecchio simile e come mai nessun’altro animale (in base a ciò che ci è stato detto e a ciò che ci fanno studiare) molto più antico della specie umana come origini, si sia “evoluto” tanto da farci concorrenza come specie dominante. Iniziando a scavare nella storia mi imbattei poi in antiche civiltà che riportavano raffigurazioni di oggetti volanti il che non era possibile visto che ci fanno credere che stiamo vivendo una costante “evoluzione” della nostra razza. Venni a conoscenza del fatto che molte civiltà sapevano che l’essere umano era stato creato da una razza non originaria di questo pianeta e guardandomi allo specchio mi resi conto che di quella storia io come tutto il genere umano ne facevo parte. Perciò scrivere della creazione era scrivere anche parte di me.

Cosa vuole comunicare ai lettori?

Il messaggio che vorrei dare è di non credere a tutto ciò che ci dicono. Di non aver cieca fede nella religione tanto quanto nella scienza perché in molte occasioni è stato dimostrato che sia l’una che l’altra si sbagliano e se è vero il detto che la verità sta nel mezzo, la fede in una cosa o nell’altra che sono diametralmente opposte, non fanno altro che allontanarci dalla verità. Fondamentalmente, alla base della conoscenza c’è il dubbio.

Come descriverebbe il suo stile di scrittura? Quali autori del presente e/o del passato prende come modello?

Con “Il mio nome non è Dio”, ho cercato uno stile abbastanza semplice. Durante la stesura è stato particolarmente difficile cercare di capire come una razza aliena, o gli stessi esseri umani dell’epoca (parliamo di migliaia di anni fa), avrebbero potuto interagire tra di loro e con quale linguaggio. Ciò che cerco di fare, e si evincerà in modo più marcato dai prossimi romanzi, è portare una novità stilistica congiungendo diversi tipi di tecnica narrativa che potrebbero arricchire l’esperienza del lettore e aggiungere valore a ciò che legge coniugando passato e presente. Ne “Il mio nome non è Dio” ho dovuto rispettare (autoimponendomeli) parecchi paletti per rendere il tutto coerente con la storia e con l’epoca e spero di esserci riuscito. Da avido lettore, ho attinto dai maestri dei vari generi racchiusi nel mio romanzo. Da Clive Cussler a Dan Brown a Ken Follet e del passato anche da scrittori leggendari come ad esempio Jules Verne e Mary Shelley. Uno dei primi romanzi di cui abbia memoria di aver letto è stato “Incompreso” di Florence Montgomery che mi era stato regalato da mia nonna quando avevo intorno ai dieci anni e che mi aveva colpito in modo veramente profondo.

Come è stata la sua esperienza editoriale con il Gruppo Albatros Il Filo? Progetta di scrivere altri libri?

L’esperienza è senza dubbio positiva. Ho avuto modo di essere assistito da professionisti che tutt’ora mi seguono a dimostrazione del fatto che non abbandonano l’autore al proprio destino dopo la pubblicazione ma ha una presenza costante a cui fare riferimento. Se posso permettermi di lanciare una “bomba”, aspettate il seguito di “Il mio nome non è Dio”, perché se ne vedranno delle belle e perché partendo dal primo romanzo, il seguito sarà qualcosa di totalmente inaspettato come epoca e ambientazione.

Ringraziamo l’autore per aver risposto alle nostre domande e per averci aiutato ad arrivare al cuore del testo e delle questioni in esso implicate. Il mio nome non è Dio di Antony Harris, pubblicato dal Gruppo Albatros Il Filo, è un romanzo che merita di essere letto con attenzione, perchè sa unire il gusto fantascientifico col ragionamento controfattuale, per dilettare il nostro desiderio di avventura intellettuale.

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