Nell’articolo odierno parliamo del libro Storia di una maestra d’Appennino di Rosa Maria Manari, pubblicato dal Gruppo Albatros Il Filo. Presentiamo qui un’intervista con l’autrice del libro per evidenziare gli aspetti letterari più originali e le esperienze più importanti che sono condensate in questo testo. Affronteremo anche i temi che maggiormente sono rilevanti per l’autrice e ai quali viene data espressione in modo peculiare.
Storia di una maestra d’Appennino di Rosa Maria Manari, pubblicato dal Gruppo Albatros Il Filo, è un romanzo che intreccia tante storie diverse, eppure in qualche modo tutte collegate reciprocamente.
Rosa Maria Manari parte dalla storia della sua famiglia per raccontare non una ma tante storie. Innanzitutto la storia dell’Appennino, a sua volta intrisa della Storia del nostro Paese.
Ciò che traspare, attraverso le vicende di questa famiglia dell’Appennino Tosco-Emiliano, è, infatti, un’Italia piccola, fatta di realtà di cui il nostro Paese è ricchissimo e che ne formano l’essenza. È l’Appennino, che nel suo correre lungo la penisola può esserne considerato la spina dorsale, così come l’Italia dei luoghi piccoli e talvolta dimenticati ne è la parte più intima. Un luogo custode delle radici che legano e, al tempo stesso, fanno partire, e nel quale l’oblio della “grande Storia” ha consentito di mantenere viva la memoria della terra.
Le vicende che prendono vita in queste pagine sono le stesse di altri luoghi d’Italia: raccontano lo sforzo di realizzare una crescita culturale che non rinneghi le proprie radici, che permetta la convivenza di ideologie e posizioni politico-religiose diverse rimanendo famiglia e comunità, che evochi l’importanza di partire, per poi scegliere di tornare. In primo piano, la vicenda di Armanda, una donna a cavallo fra la guerra e il periodo della rinascita democratica, segnata dalla caparbia volontà di essere protagonista del proprio percorso.
Tra le pagine, il racconto di una famiglia, quella di Rosa Maria, che ha lavorato molto per questa terra. Primi fra tutti, i genitori, entrambi maestri, che fra le sperdute montagne hanno sognato e realizzato, assieme ad altri come loro alla fine degli anni ’60, una scuola diversa, dove lo scrivere e il far di conto potesse andare a fianco della storia della terra, affinché i ragazzi potessero sentirsene cittadini.
In controluce le tante altre storie che ruotano intorno ad Armanda e che paiono attraversare il tempo: le matriarche di un’aia con i loro saperi antichi, gli emigrati in America che tornano una volta all’anno, i comandanti partigiani divenuti anziani, i ragazzi degli anni settanta che lasciano la montagna, gli uomini del paese e i dibattiti di politica davanti al bar.
Per saperne di più, ecco l’intervista con l’autrice: buona lettura!
Che caratteristiche umane e professionali possiede la maestra d’asilo protagonista del suo romanzo?
La maestra (di scuola elementare, non d’asilo) possiede il raro dono di trasformare l’apprendimento in scoperta e gioco e divertimento. Per questa maestra essere dalla parte dei bambini significa trasportare la loro mente in una dimensione aperta alla comprensione e allo scambio, affinchè il sapere si coniughi con la naturale curiosità di un cucciolo che cresce. La principale dote umana che la contraddistingue è il rispetto per i bambini e la consapevolezza della grande responsabilità di contribuire alla crescita di cittadini liberi e responsabili. Questa maestra ha fatto, anche del suo percorso professionale, un’occasione per crescere e non smettere mai di imparare dai bambini.
Come definirebbe lo stile di vita e le esperienze delle comunità locali trattate nel suo romanzo e in che rapporto sono con la narrazione della “grande storia” ?
Le storie e lo stile di vita raccontate sono quelle di una società, quella dell’Appennino, fotografate ancora nel pieno del loro rigoglio e, in quanto tali, specchio di un’Italia minore che, in realtà rappresenta il vero cuore del nostro Paese e, non a caso, la sua spina dorsale geografica e intima. E’ l’Appennino nel suo correre lungo lo stivale ed esserne il luogo che conserva la Memoria, la sede in cui la Storia importante, quella ufficiale, si è sposata con le tante, infinite e bellissime storie italiane, come quella raccontata nel libro.
Come è possibile salvaguardare secondo lei le differenze e le ricchezze particolari di un territorio e, allo stesso tempo, integrarle in un progetto di spirito e di unità nazionale?
La salvaguardia di un territorio passa attraverso il riconoscimento delle sue peculiarità, in ciò che lo fa essere diverso e, al tempo stesso, simile o vicino ad un altro territorio. E’ la capacità di “raccontarlo” un territorio che lo fa essere un luogo speciale e unico. L’Italia è, per sua stessa essenza, il Paese delle infinite storie e luoghi che contribuiscono a crearne il fascino e la ricchezza.
Riconoscere e difendere la ricchezza del piccolo, del minuscolo, ne esalta l’insieme, esattamente come un’orchestra trasforma il contributo di ogni singolo strumento in un’armonia.
Come descriverebbe il suo stile di scrittura? Quali autori del presente e/o del passato prende come modello?
La formula narrativa che ho scelto è stata quella, certamente, autobiografica, ma con un continuo altalenarsi fra la storia personale e quella del gruppo umano e del territorio, in una composizione e scomposizione che rappresentano il tratto dominante dell’intero racconto e la sua armonia.
La formula narrativa che sento più prossima è quella di autori come Maurizio Maggiani ed Erri de Luca, proprio per la capacità di trasformare il racconto della storia piccola in un racconto epico.
Come è stata la sua esperienza editoriale con il Gruppo Albatros Il Filo? Progetta di scrivere altri libri?
Buona l’esperienza con il Gruppo Albatros Il Filo. Si, conto di proseguire nella scrittura.

Ringraziamo l’autrice per aver risposto alle nostre domande e per averci aiutato ad arrivare al cuore del testo e delle questioni in esso implicate. Storia di una maestra d’Appennino di Rosa Maria Manari, pubblicato dal Gruppo Albatros Il Filo, merita di essere letto con attenzione e ci permette di diventare consapevoli di quanto le storie particolari siano meritevoli di essere conservate e solo grazie a esse possiamo giungere a una comprensione davvero esauriente della storia generale in cui siamo tutti immersi.