Pallonate al muro – Nicola Molignini

È il 14 settembre 1980, ultimo giorno di spensierata vacanza a Forte dei Marmi per Niccolò, dodicenne timido e tranquillo. Al rientro a Milano, la sua vita cambierà direzione. L’autore ci dona un grande romanzo di formazione che narra la storia di un ragazzino di buona famiglia e della sua ascesa a bullo, motivata da una violenza subita, e delle bravate compiute insieme agli altri quattro drughi. Seguiamo il quintetto per un intero anno scolastico, il loro “fare cinema” a scuola, le avventure allo stadio, gli incontri alla fermata del tram, le relazioni amorose. Le canzoni citate, gli oggetti, i vestiti, le pubblicità, come anche gli eventi drammatici fanno da cassa di risonanza alle descrizioni dettagliate ed alle atmosfere vivide di quegli anni. Il romanzo non è solo mosso da un sentimento nostalgico ma si coglie lo sguardo vivace e appassionato rivolto al futuro che lo illumina di verità.

Nicola Molignini è nato nel 1968 a Milano. Laureato in Storia presso l’Università degli Studi di Milano, Facoltà di Studi Umanistici, con una tesi di carattere geografico-ambientale riguardante i corsi d’acqua milanesi, particolarmente rivolta all’evento di Expo 2015 e al progetto di riapertura dei Navigli. Vive e lavora a Milano.

Oggi parliamo di Pallonate al Muro un libro di Nicola Molignini pubblicato con la nostra casa editrice gruppo Albatros Il Filo.

Noi del gruppo Albatros il Filo abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autore Nicola Molignini per scoprire qualcosa in più sul suo libro Pallonate al muro.

Riportiamo di seguito l’intervista.

Buona lettura!

  • In che momento e come ha avuto l’idea di scrivere questo libro?

Sono laureato in Storia e appassionato di Letteratura, ma professionalmente mi occupo di altro. Ho sempre pensato che un giorno mi sarebbe piaciuto misurare le mie capacità letterarie e dunque ho deciso di partecipare all’edizione 2019 del Premio nazionale Italo Calvino per esordienti. Inizialmente pensavo di comporre delle Novelle. Una di queste avrebbe dovuto descrivere un immaginario pomeriggio di guerriglia urbana sulla falsariga della tensione che “Libertà, libertà” del grande Giovanni Verga riesce a trasmettere; ovviamente senza alcuna pretesa di paragone. Considerato che l’ambientazione era una stagione prodiga di avvenimenti, man mano che procedevo la novella si è trasformata in romanzo. Ottenuto un buon giudizio dalla giuria del Premio Calvino, ne ho considerato alcuni suggerimenti relativi ad eventuali correzioni dopodiché ho inviato il romanzo a qualche casa editrice. A dire la verità un po’ distrattamente, senza illudermi. Il titolo iniziale era “Un sogno di nome Ottantuno”, in quanto narrava dell’inverno tra il 1980 e il 1981, un anno molto simile a un sogno per un gruppo di preadolescenti immaginati nel contesto del quartiere dove allora vivevo e, più in grande, dentro la società di quei tempi.

  • Com’è stata la sua esperienza editoriale?

Molto positiva, sia per come si è sviluppata a livello personale, sia dal punto di vista del rapporto con la casa editrice che mi ha dato questa opportunità. Rapporto che valuto soddisfacente sotto ogni punto di vista. Personalmente, a sorprendermi maggiormente è stato come la narrazione di un periodo vissuto abbia il potere di farlo riaffiorare del tutto; si riscoprono odori, vegetazione, strade e viali oggi completamente mutati, sorrisi ed espressioni dei visi, macchie della pelle, tagli e colori di indumenti indossati da qualcuno come se ci si trovasse ancora al suo cospetto; come se si vivesse dentro a quella storia e addirittura si fosse ancora in tempo a modificarne l’evoluzione. Grazie all’assistenza dell’editore e a ciò che ne è conseguito, come il costante confronto con l’editor, tutto ciò non solo non è stato ridotto, ma si è amplificato per il tramite di una preziosa collaborazione. Mi viene in mente la proposta del cambio del titolo iniziale con uno più adeguato. E ancora, l’intervento a un certo punto del percorso di un addetto stampa, fondamentale a evitare quei passi falsi che per un neofita sono sempre in agguato anche semplicemente attraverso un errato uso dei propri social.

  • Cosa le piacerebbe dire ai suoi lettori?

Io credo che chi è cresciuto in quegli anni nel nostro quartiere possa ritrovarsi in questa storia per aver vissuto la stessa epoca. Laddove questa identificazione o senso di appartenenza si verifichi, mi piacerebbe far sapere loro come per me questo sia motivo di grande orgoglio. Più in generale invece vorrei sottolineare come il racconto non abbia velleità autobiografiche nonostante uno dei personaggi abiti dove abitava il sottoscritto e vada in vacanza dove la mia famiglia si reca fin dal 1910; e nonostante per tratti e analogie di vicende, qualcuno oltre a me, possa ritrovarsi nelle figure dei protagonisti. Mi sono servito della mia esperienza personale per addentrarmi nel contesto attraverso dei punti di riferimento certi, ma Pallonate al muro vuole piuttosto rivolgersi all’atmosfera e alle sensazioni vissute a quel tempo dai ragazzi che abitavano quel quartiere nonché lambire il ricordo di quanto tutto intorno giungeva dalla città di Milano, dal panorama nazionale e internazionale. Infine, terrei a rivolgere un pensiero particolarmente affettuoso ai giovani. Loro sono i protagonisti del mio romanzo, loro sono il nostro futuro.

  • Cosa ha provato nel vedere il suo libro pubblicato? È stato un sogno diventato realtà?

Certamente si è trattato di una bella soddisfazione, iniziata con il giudizio ricevuto dal premio letterario al quale ho partecipato e proseguita con le tappe che hanno portato alla pubblicazione. Non lo definirei un sogno diventato realtà, in quanto non mi illudevo di trovarmi a questo punto. Direi che si tratta di un sogno punto e basta, quindi ancora meglio. Ritengo che si debba sempre sognare a prescindere e che già il perseguire i sogni sia un buon motivo per giocare tutte le partite alla morte. Ogni momento, in ogni esperienza che si intraprende; naturalmente sempre nel rispetto degli altri e senza barare. Se si rincorrono dei sogni non si ha tempo per fermarsi a lamentarsi o a recriminare per ingiustizie che purtroppo ci sono e ci saranno sempre. No, tu non rinunciare ai sogni per nessun motivo e poi delle insoddisfazioni delle quali è piena la vita, vedrai che ti interesserà molto meno.

  • Ha già progetti per il futuro?

Sinceramente al momento no. Mi sento “dentro” a questo libro, mi pare di lavorarci ancora. Forse per tutto ciò che di esso ancora mi entusiasma, come l’attenzione che gli viene riservata dagli altri oppure questa stessa intervista o le registrazioni televisive e radiofoniche che mi sono state proposte dall’editore. Inoltre, avendo dedicato al romanzo, tra tutto, un paio d’anni, continuano a fioccarmi idee in merito nonostante il tempo sia scaduto e il libro già pubblicato. Ritengo che il mio tentativo di dare il meglio che potessi per Pallonate al muro, mi abbia al momento lasciato scarico, privo di idee per aver messo tutto in questo libro; come se anche i pensieri e le riflessioni della vita di tutti i giorni fossero state adattate per aderire al romanzo. Un bagaglio di emozioni fatto di suggestioni, vita vissuta, vita da vivere, vicende personali, storie degli altri, interamente convogliato in questo lavoro. Ma è comunque fuori discussione che mi piacerebbe scrivere di nuovo.

A noi del Gruppo Albatros il Filo non resta che ringraziare ancora una volta Nicola Molignini per averci dedicato del tempo e aver risposto alle nostre domande. A lui va un grandissimo in bocca al lupo per Pallonate al muro e per il futuro.

A te caro lettore buona lettura, soprattutto ai più giovani, protagonisti di questo romanzo, che rappresentano il futuro!

A presto!

La vostra redattrice

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