CLAUSURA LIBERATORIA – CINZIA DE MARZO

Cinzia De Marzo esordisce sulla scena letteraria con Clausura Liberatoria, la sua prima esperienza di pubblicazione di un’opera di narrativa, per la quale ha ricevuto il Diploma d’Onore dalla Giuria del Premio Letterario Milano International 2020. Il racconto risulta anche tra i finalisti del Concorso Letterario 2020 per inediti ‘Pubblica il tuo libro’, nella categoria romanzi a tema libero. La narrazione, liberamente ispirata a fatti realmente accaduti, si snoda al ritmo di un metaforico viaggio intrapreso durante il lockdown. Ci si muove tra realtà contemporanea e digressioni nel passato. Protagonisti Carolina, madre single e libera professionista espatriata a Bruxelles, e suo figlio Arturo. I due si ritrovano coinvolti in un’odissea senza fine, in vicende ai limiti del grottesco causate dalla presenza di babysitter uomini e inaffidabili

Noi del Gruppo Albatros Il Filo abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda a Cinzia De Marzo per sapere qualcosa in più su Clausura Liberatoria e sulla sua passione per la scrittura.

  • Clausura Liberatoria è la sua prima pubblicazione che ha già un grande successo, cosa ha provato? È un sogno divenuto realtà?

Confermo, è il mio primo libro in assoluto ad essere pubblicato da una casa editrice. Il racconto nasce con l’intento di descrivere fatti paradossali e rocamboleschi realmente accaduti a Bruxelles a danno di una madre single -expat italiana- con figlio a carico, enfatizzando lo spirito di resilienza della protagonista Carolina (personaggio di me stessa), emerso durante la prima ondata della pandemia nel 2020. Poi però diventa anche una sorta di viaggio metaforico ‘stando fermi’, attraverso i luoghi della memoria che la donna ripercorre mettendosi a nudo, in una dinamica interazione tra presente e passato. Le reazioni positive ed entusiaste manifestate dagli amici e i colleghi che hanno apprezzato il libro –‘divorandolo in fretta perché la lettura è fluida e scorrevole’-, a cominciare dalla cara mamma, mi hanno gratificata tantissimo. Ho anche accolto favorevolmente le osservazioni ed i consigli “costruttivi”, suggeriti da qualcuno, come ad esempio: adottare una linea meno personale oppure uno stile narrativo più romanzato. Penso che ne farò tesoro per la seconda opera che sono in procinto di scrivere ‘Bicicletta sul mare’, poiché ho in mente una triologia, come seguito di ‘Clausura liberatoria’. Per chiudere il cerchio conto di fare un focus sul tema dell’amicizia femminile con ‘Sorelle d’oltreoceano’, sempre rifacendomi ai personaggi già presenti nel primo libro, in tal senso Carolina e Alice. La mia storia individuale potrebbe essere racchiusa nella frase di Mandela ‘Un vincitore a volte è un sognatore che non ha mai mollato’.

  • Cosa le piacerebbe dire ai suoi lettori?

In realtà sono un’accanita lettrice pure io, non posso indirizzare un messaggio univoco ai lettori, perché ciascuno di noi ha vari interessi e gusti nelle scelte dei libri, ed è giusto che sia così. Mi limito a voler condividere con gli altri, attraverso un testo scritto in modo semplice e spontaneo -che offre chiavi interpretative a più livelli-, una visione della vita ottimista e propositiva. Tutto ciò, nonostante le difficoltà e gli ostacoli che si incontrano nel quotidiano, a vario titolo. Basta avere il coraggio di andare avanti, senza demordere, mantenendo il sorriso. Non intendo rivolgermi ad un target mirato, come le donne. Penso invece che una storia reale così pregna di vicissitudini ed intense emozioni, condita con la giusta dose di ironia e leggerezza, possa emozionare ed attrarre varie tipologie di persone, in modo trasversale.

  • C’è qualche libro o qualche autore al quale si è ispirata per la stesura del suo romanzo?

Direi proprio di no, ma non per presunzione. Ho solo assecondato il flusso creativo manifestatosi in modo dirompente, durante il primo periodo di confinamento. È come se avessi fatto una seduta di analisi, una sorta di selfie intimistico che mi ha indotta ad analizzare le circostanze che stavo vivendo, in modo autocritico e cosciente. La scelta del titolo, infatti, non è casuale. Ho inteso sottolineare la contraddizione tra la ‘clausura’ domestica, imposta dalle circostanze esterne- pesante, destabilizzante e cupa, e la sensazione paradossale di liberazione e di sollievo che Carlina prova non dovendo più reclutare baby-sitter per occuparsi del figlio minorenne, dato che era spesso fuori per motivi di lavoro. Ma, alla fine, lei si alleggerisce anche sul piano individuale, liberandosi dai fardelli che gravavano sulla sua coscienza di madre “assente”.

  • Com’è stata la sua esperienza editoriale?

La mia esperienza da neofita con Gruppo Albatros il Filo è stata ottima sin dagli esordi, ovvero il momento in cui il mio racconto è stato selezionato dal Comitato dei lettori, prima di ottenere l’offerta di contratto editoriale. Al momento posso confermare che ne sono ampiamente soddisfatta. Quindi resto fiduciosa che questa collaborazione sarà vantaggiosa e prestigiosa per la mia carriera di scrittrice ancora agli albori.

  • Quando è nata la sua passione per la scrittura?

A dir il vero, sin da piccola avevo l’abitudine di annotare pensieri e sensazioni in diari segreti, miei confidenti. Poi, negli anni a venire, sono diventati appunti di viaggio, sui quali avvertivo l’esigenza di trasporvi gli stati d’animo, per rispecchiarmi in modo più intimo e sincero, mostrando il vero volto, senza veli e senza freni. Attualmente è fantastico rapportarmi a delle pagine bianche con una maturità diversa ed una consapevolezza disincantata, oserei dire quasi saggia, in cui cerco di osservarmi attraverso gli occhi del personaggio di me stessa. Mi proietto felicemente in questa dimensione della scrittura, affascinante e catalizzante, per evolvermi come madre – e fortunatamente ancora come figlia-, professionista e amante: una donna a tutto tondo con la ‘valigia della vita ‘ sempre carica di curiosità per lanciarsi in nuove sfide, ma responsabilmente.

Quindi, cari lettori, non ci resta che lasciarci trasportare dalla storia di Carolina percorrendo insieme a lei il suo viaggio. Una storia che prende spunto dal lungo confinamento che ci ha obbligato a mettere in pausa le nostre vite e riflettere molto sul passato, sul presente e anche sul futuro.

Noi del Gruppo Albatros Il Filo ringraziamo Cinzia de Marzo per averci dedicato il suo tempo rispondendo alle nostre domande, ma soprattutto per averci scelto in questo suo percorso che ha portato alla realizzazione del suo primo romanzo. A Cinzia De Marzo facciamo un grandissimo in bocca al lupo per il suo libro e per il futuro!

A te lettore, auguriamo una buona lettura, ma allo stesso tempo ti auguriamo di trovare sempre una soluzione liberatoria anche in momenti di clausura, perché c’è sempre una via d’uscita.

Quindi Buona lettura e a presto!

La vostra redattrice

Un commento

  1. Nello Mongelli

    “Clausura liberatoria” (Edizioni Albatros – 2021), il bel romanzo autobiografico della barese Cinzia De Marzo, torna su una questione antica, ma mai risolta. Narrando, con scrittura scorrevole e coinvolgente, le vicende della protagonista Carolina, classica donna in carriera, la scrittrice porta i lettori a confrontarsi con il tradizionale dilemma del mondo femminile.
    E’ possibile per una donna conciliare amore, maternità e realizzazione professionale, quando quest’ultima ti impone ritmi frenetici e continui spostamenti in giro per il mondo?
    E’ difficile. E diventa quasi impossibile se poi la protagonista si ritrova all’improvviso a crescere un figlio da sola, perché il padre scappa via, letteralmente.
    Carolina è una cinquantenne barese che lavora a Bruxelles per la Commissione europea. Ha sempre sognato un’attività dinamica, sin da ragazza. L’amore (quello vero) nella vita l’ha solo sfiorata, e le sue storie si sono concluse in una serie di fallimenti.
    Ma non è l’arrivo del bambino a spingerla a cambiare approccio con la vita. L’elemento di novità è il Covid, la terribile malattia che piomba all’improvviso sul mondo intero e costringe molti governi a imporre, nel marzo del 2020, il cosiddetto “lock down”, la reclusione obbligata in casa con il permesso di uscire dalle mura domestiche solo per acquisti di generi alimentari o esigenze sanitarie.
    Chiusa in casa con il figlio, Carolina comincia a fare un bilancio dei suoi primi 50 anni di vita, con un’analisi lucida e onesta, talvolta impietosa verso se stessa quando ad esempio si ripropone di “smetterla di accatastare relazioni sociali paragonabili ad una lista di nominativi, da sbandierare ai quattro venti come un trofeo”.
    “Visualizzavo costernata le mie caotiche relazioni sentimentali con gli uomini” prosegue in un altro passaggio del romanzo, ammettendo di aver cercato “altrove” effusioni, abbracci e carezze non avuti dal padre “donando agli uomini il mio corpo come merce di scambio. Raramente… aprivo loro anche il mio cuore”.
    Una disastro sentimentale di cui fornisce al lettore una spiegazione: “Non mi interessavano altri progetti al di fuori del lavoro, per cui decisi di escludere l’eventuale creazione di una famiglia… in quanto avrebbe potuto distrarmi dalla realizzazione professionale”.
    E c’è anche tanta impulsività nella giovane e dinamica Carolina. Quando incontra Riccardo, figura fondamentale, senza riflettere già il giorno dopo si trasferisce a vivere nella sua “alcova”.
    Ma il problema centrale per lei resta sempre il lavoro. “Pur donandomi un’intensa e ricambiata storia d’amore Riccardo stava reprimendo la mia carriera” dice, “Ho investito tanti anni per studiare e qualificarmi adeguatamente e non intendo buttare all’aria questo patrimonio personale”. Sembra già pronta a mollarlo, ma a chiudere il rapporto invece è lui. “Riccardo mi mise alla porta” dice sconsolata, ammettendo il suo ennesimo fallimento.
    Poco dopo, conosce Tommaso, di vent’anni più grande, con cui mette in pratica la tecnica del ‘chiodo scaccia chiodo’. “Pur di dare un taglio netto alla relazione con Riccardo” dice Carolina “mi ero catapultata alla cieca in quella nuova storia, senza riflettere, senza valutarne le conseguenze”.
    Anche stavolta il sentimento c’entrava ben poco. “La relazione tra me e Tommaso – spiega con lucidità – fu alimentata anche dall’idea di un progetto professionale, valorizzando le nostre reciproche competenze ed esperienze… Immaginammo di realizzare documentari nelle aree naturali protette in Europa….”.
    Il successo nel lavoro, è questo l’unico vero asse portante dell’esistenza di Carolina, come emerge chiaramente dalle tante vicende narrate nel romanzo.
    Ma c’è un incidente di percorso, quello classico nei rapporti tra un uomo e una donna: Tommaso mette incinta Carolina, abbandonandola subito dopo aver saputo del bambino, che non riconoscerà mai, arrivando ad ignorare la sua presenza con un cinismo senza eguali.
    Il colpo stavolta è davvero forte, anche per una donna determinata come lei!
    Carolina è distrutta dal comportamento di quest’uomo che definisce “un ripugnante essere invertebrato”.
    Ma forse proprio per la durezza di Tommaso, avviene qualcosa di meraviglioso nel cuore spezzato della protagonista, una reazione non in sintonia con la sua storia di donna in carriera.
    Stavolta non compie la scelta che tutti ci saremmo aspettati: lei non abortisce.
    Nonostante amici e parenti le consiglino di eliminare il problema alla radice, si tiene ben stretto il piccolo che sente già crescere nel grembo.
    “Tuo nipote è un maschio, nascerà a dicembre come te e si chiamerà Arturo e porterà il tuo cognome” dice affrontando il padre che pure le aveva consigliato l’interruzione di gravidanza.
    E il piccolo viene alla luce.
    Carolina riesce a convincere Tommaso a vedere il figlio, almeno una volta, e qui c’è uno dei passaggi più tristi del romanzo, che evidenzia tutto il cinismo del padre del bambino che non gli porta neanche un regalino. “Volutamente – dice il “ripugnante essere invertebrato” – perché non vorrei che si trasformi in un feticcio che assocerebbe a me in futuro”.
    Un altro duro colpo per la povera mamma, che comunque va avanti contro tutto e tutti: “Stringevo quell’esserino fragile e minuto fra le mie solide braccia…mi sentivo invincibile”.
    La scelta di tenersi il figlio non cambia però il modo di pensare della protagonista. Poco dopo, addirittura lascia l’Italia, dove pure poteva contare sul valido appoggio dei genitori, e per realizzare i suoi sogni professionali va a lavorare a Bruxelles, portandosi dietro il piccolo.
    Non sarà facile gestire la situazione. A un certo punto si illude di poter sostituire la mancanza di un padre assumendo dei baby sitter maschi. Ovviamente non serve a nulla.
    Con il figlio i rapporti diventano sempre più difficili, perché Carolina continua a viaggiare per il mondo, come prima.
    Povero Arturo! Non avere il padre è un problema, ma rinunciare troppo spesso anche alla mamma è un’impresa.
    Le discussioni e le incomprensioni tra i due diventano sempre più frequenti.
    Poi all’improvviso arriva il Covid, che travolge l’intera Europa accanendosi in particolare con il Belgio. Tutti a casa, il governo federale impone il lock down.
    Ma, paradossalmente, è una “Clausura liberatoria”, perché fa scoprire alla protagonista del romanzo la normale vita di convivenza di centinaia di milioni di famiglie nel mondo.
    La reclusione forzata in casa la libera per la prima volta dalla schiavitù del lavoro a tutti i costi, dei continui viaggi in giro per il mondo.
    La vita di Carolina cambia totalmente e riscopre il rapporto con il figlio. “Apprezzavamo la condivisione dello spazio domestico – dice – il recupero dell’unione familiare e della complicità tra noi”.
    Carolina vuole cambiare, Carolina deve cambiare, perché è giunto il momento, dice lei stessa, “di mettere una cesura a quell’approccio superficiale e alla vita frenetica condotta sino ad allora”.
    Come ribadisce nell’ultima pagina del bellissimo romanzo: “Personalmente è in atto un riordino consapevole nella cassetta degli attrezzi, nel qui e ora. D’ora in avanti forse riuscirò a padroneggiare eventi e relazioni esterne… La via per raggiungere l’equilibrio con mio figlio, standogli vicina tutti i giorni, è ancora irta di ostacoli, ma non insormontabili”
    Un libro altamente educativo quello di Cinzia De Marzo.
    Da consigliare a tutti, ma soprattutto ai giovani.
    Alle ragazze che si affacciano alla vita, le quali leggendo la storia di Carolina e la sua grande capacità di mettersi a nudo riconoscendo gli sbagli, troveranno forse “gli attrezzi adatti” per evitare di ripetere i suoi errori.
    Ma anche ai ragazzi, perché la durezza e il cinismo di Tommaso devono far meditare soprattutto i maschietti. Un esempio negativo da non seguire mai!
    Al lettore resta solo un dubbio: il nuovo equilibrio Carolina lo troverà davvero?
    Lei stessa d’altronde utilizza un “forse” che la dice lunga…
    E allora?
    Ci aspettiamo da Cinzia De Marzo un altro bel libro su Carolina, da scrivere in futuro, tra qualche anno. Un altro romanzo per sapere se la sua è stata davvero una “clausura liberatoria”.
    O soltanto una “momentanea liberazione”.
    Nello Mongelli

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