L’amore è una delle esperienze più coinvolgenti e, al tempo stesso, più complesse che un essere umano possa vivere. Quando tutto va bene, ci sentiamo invincibili, ma quando qualcosa si incrina, il dolore può diventare paralizzante. Devid Sabatini, psicologo e psicoterapeuta, ha deciso di affrontare questo tema con un approccio innovativo nel suo libro THAT’S LOVE. Manuale di pronto soccorso psicologico per crisi sentimentali. Un’opera che nasce da quattordici anni di esperienza clinica e che offre ai lettori uno strumento per comprendere e gestire il “mal d’amore”. Attraverso un linguaggio accessibile ma rigoroso, Sabatini ci guida alla scoperta delle dinamiche che regolano le relazioni sentimentali e introduce concetti inediti come l’“intelligenza sentimentale” e il “big brother effect”. Lo abbiamo intervistato per approfondire il suo lavoro e il messaggio che vuole trasmettere.
Il suo libro nasce da anni di esperienza clinica a contatto con persone che soffrono per amore. Qual è stata la principale motivazione che l’ha spinta a scriverlo?
La cosa più curiosa è che scrivere questo libro non rientrava assolutamente tra i miei obiettivi, ma ad un certo punto mi ci sono ritrovato a scriverlo. Anzi, sono stato proprio costretto! Nel corso della mia attività clinica, mi accorgevo di ricevere sempre più richieste da parte di persone che in un modo o in un altro erano coinvolte in situazioni sentimentali estremamente complicate! “Lo amo, ma non riesco a starci insieme” … “mi accorgo di non amarla più, ma non posso stare senza di lei”. Sembra complicato, vero? Decisamente!!! All’inizio la mia attenzione era focalizzata, soprattutto, sugli effetti psicofisiologici di tali dinamiche, in quanto si trattava di persone che giungevano con chiare sintomatologie ansiose, di tipo depressivo e in casi estremi anche di tipo ossessivo-compulsivo, fino a volte anche delirante (una sorta di delirio amoroso). Col passare del tempo l’efficacia dei miei interventi era evidente che si fosse diffusa tra le persone e così cominciò ad arrivare sempre più gente con questo tipo di problematiche, fino a quando durante il periodo del covid mi ritrovai a fare una riflessione frutto di una chiara evidenza: avevo a disposizione una quantità di dati e materiale tale che non poteva essere lasciato in un cassetto, ma doveva essere sistematizzato e pubblicato. Quello che avevo compreso è che in tali situazioni, così apparentemente lontane tra loro, potevano essere rintracciate delle linee comuni, una specie di filo rosso o comun denominatore riscontrabile in tutte le situazioni sentimentali problematiche. Quando il covid, nel marzo del 2020, ci ha obbligato alla quarantena, mi sono ritrovato a gestire questa montagna di informazioni come esito delle oltre 100 terapie eseguite negli ultimi anni, solo relative a casi di problematiche amorose. Quindi, pur in un periodo difficile per tutti, approfittando del fatto che il mondo si era fermato, è partita la splendida avventura della scrittura di questo libro. Ad oggi mi sta fornendo tantissime soddisfazioni e ha fatto in modo di portare alla luce due costrutti inesistenti all’interno della letteratura psicologica e cioè quelli di “intelligenza sentimentale” e del “big brother effect”.
Il concetto di “intelligenza sentimentale” è una delle novità che introduce nel libro. Può spiegarci di cosa si tratta e come può aiutare chi vive una crisi sentimentale?
Il concetto di “intelligenza sentimentale” oltre a rappresentare una novità introdotta dal libro, rappresenta una novità anche all’interno dell’intero panorama della letteratura psicologica. Fino ad oggi, per riferirsi alle competenze cognitivo-emotive dell’essere umano nel campo dei coinvolgimenti sentimentali, si usava il concetto di “intelligenza emotiva”, reso famoso da Daniel Goleman, anche se tale costrutto, in realtà, era stato teorizzato molto prima, nel 1990 ad opera di due psicologi americani: Peter Salovey e John Meyer. Il concetto di “intelligenza emotiva” fa riferimento, principalmente, alla capacità dell’individuo di comprendere i propri stati emotivi e quelli della persona con la quale interagisce e intrattiene delle relazioni a diversi livelli (conoscitivo, amicale, professionale e affettivo). Tuttavia, questo costrutto, pur rappresentando una pietra miliare della letteratura psicologica quando ci si riferisce alla dimensione interpersonale, non può rappresentare una spiegazione definitiva ed esaustiva dei meccanismi della mente umana, nel momento in cui si è coinvolti in una relazione affettiva. La prova del fatto che il costrutto di “intelligenza emotiva” fosse insufficiente per spiegare i meccanismi convolti nelle relazioni sentimentali, nasce da un’evidenza che tutti gli psicoterapeuti si trovano a vivere all’interno dei loro studi. Capita spesso che le richieste avanzate dalle persone riguardino proprio difficoltà o problematiche appartenenti al campo dei coinvolgimenti sentimentali. Ad un esame approfondito, tali persone sono realizzate nel campo lavorativo, relazionale, nella capacità di gestire adeguatamente le relazioni a diversi livelli (quelle parentali, conoscitive in generale e occasionali), ma sono una frana nel campo della gestione delle relazioni e situazioni che hanno luogo nel complesso mondo dei coinvolgimenti amorosi. Sono proprio loro a dire: “sento di essere in gamba fino a quando si tratta di gestire la relazione con un cliente, un collega, il mio capo, i vicini, gli amici, persino i rapporti occasionali, ma quando si tratta di gestire situazioni nelle quali sono coinvolto sentimentalmente, mi rendo conto di essere una vera e propria frana”. Di conseguenza non possiamo continuare ad usare il costrutto di “intelligenza emotiva” per parlare del dominio sentimentale. Non è solo sufficiente comprendere quello che proviamo noi e quello che prova la persona con la quale interagiamo. I sentimenti sono caratterizzati da emozioni differenti rispetto a quelle vissute nel rapporto con un cliente, un amico, i nostri genitori, i figli o i vicini di casa e di conseguenza richiedono capacità differenti che la persona deve saper sviluppare. Si tratta di un insieme di competenze specifiche che fanno riferimento alla capacità di vivere un rapporto sentimentale nel quale ci sono momenti di gelosia, incertezze rispetto ai nostri sentimenti, a quelli del partner o della partner, periodi nei quali la coppia si allontana (anche fisicamente), ma si riesce comunque a mantenere un rapporto ed un equilibrio sia personale che di coppia, tale da permettere a quest’ultima di sopravvivere senza forti scossoni. Come si può immaginare, essere capaci di gestire le varie circostanze che originano da queste situazioni, richiede competenze specifiche. Tutto ciò, come si può ben intuire, va molto al di là della “semplice “capacità di comprendere i propri o altrui stati emotivi. Tuttavia, rimando alla lettura del libro per comprendere ancora meglio questo nuovo costrutto.
Nel libro si parla anche del “big brother effect”. Di cosa si tratta e come influenza le relazioni affettive?
Per chi conosce un pizzico di storia della psicologia, saprà come essa è ricca di tante scoperte riguardo agli effetti sortiti dai comportamenti umani. Ad esempio, citandone alcuni, possiamo menzionare “l’effetto lucifero”, “l’effetto conformismo”, “l’effetto imitazione sociale”, “l’effetto Werther”, “l’effetto folla”, che sono stati il frutto di un’attenta osservazione degli psicologi al determinarsi e susseguirsi di varie contingenze. Quello che io ho definito “big brother effect” (effetto grande fratello) nasce esattamente da un’osservazione di come le coppie si formano, in che circostanza e come si evolve la loro interazione nel momento in cui tali circostanze cambiano per effetto degli inevitabili mutamenti. Il nome deriva dal celebre e famoso reality show nato nei primissimi anni del duemila e chiamato appunto Grande Fratello. Il reality show aveva l’obiettivo di verificare cosa sarebbe successo se si fossero selezionati dei concorrenti di entrambi i sessi, costringendoli a rimanere all’interno di una casa per un numero di giorni, senza la possibilità di uscire fuori dall’abitazione, interagire con altre persone e senza ricevere alcuna notizia relativa a cosa stesse accadendo nel mondo. In definitiva si creò una sorta di situazione sperimentale nella quale si volevano valutare gli effetti psicologici e comportamentali delle persone partecipanti al reality. Col passare dei giorni, solitamente a partire dalla fine della seconda settimana, quello che si creò a livello relazionale fu la nascita di coppie tra i partecipanti, che spesso diedero vita a delle vere e proprie storie sentimentali e a dei fidanzamenti, che però si estinsero nel vero senso della parola, nel momento in cui i membri furono riconsegnati alla vita di tutti i giorni. Sovente, la nascita di questi rapporti avveniva tra persone che si rendevano protagoniste e bisognose del legame solo a causa della situazione di forte isolamento e deprivazione socio-relazionale dettata dalla circostanza. Il principale motivo era figlio della necessità di avere un punto di riferimento e di appoggio emotivo attraverso il quale far fronte alle difficoltà del momento. A differenza di quanto avviene nella costruzione di un sano rapporto affettivo, connotato da altrettante sane spinte motivazionali che portano la persona a completare la propria vita con un legame sentimentale. Per tanto queste persone si erano unite più dal bisogno di entrare in relazione, che dal desiderio di una relazione. Il tutto aveva trovato terreno fertile in determinate e precise condizioni dettate dalla situazione di isolamento e dalla necessità di trovare un legame per colmare quel senso di solitudine affettiva avvertito e sperimentato. Il fenomeno non poteva e non può, anche alla luce dell’attuale rivisitazione e lettura psicologica, essere visto solo come un semplice effetto del soddisfacimento fisiologico di un bisogno sessuale, in quanto si evidenziò solo in un numero ridotto di partecipanti, implicava un notevole coinvolgimento affettivo e almeno uno dei membri della coppia, durante i momenti di sfogo individuale, lamentava un senso di solitudine affettiva. Un effetto che può riscontrarsi anche in coloro che vivono situazioni di vita quotidiana nelle quali si evidenzia una storia di vita passata connotata da dipendenza affettiva, incapacità a stare da soli anche per brevi periodi di tempo, senso di solitudine sperimentato nei frangenti in cui sono soli, isolamento sociale dettato da varie condizioni (sociali, situazionali) e conseguente impossibilità di relazionarsi con un numero adeguato di persone che solitamente caratterizza una sana socialità. Il “big brother effect” si è avuto modo di sperimentarlo e verificarlo anche durante i periodi di restrizione estrema dettati dalla pandemia da Covid-19, che hanno ricreato quasi le medesime caratteristiche del reality show, durante il quale sono nate una serie di storie affettive che mai avrebbero avuto modo di costruirsi in condizioni di vita sociale normali. Il “big brother effect” si verifica in situazioni sociali nelle quali esiste una restrizione fisica e/o percepita psicologicamente, dettata da diverse contingenze, con conseguente impossibilità di relazionarsi con un numero di persone che rimanda ad una condizione sociale comunemente definita come normale e nella quale due persone costruiscono un legame sentimentale che termina nel momento in cui vengono ripristinate condizioni psico-sociali normali (Sabatini D. 2021). Quindi, perché si possa parlare di effetto grande fratello è necessario che ci siano delle specifiche condizioni: una forma di dipendenza affettiva in uno dei due membri, solitudine vissuta come un senso di vuoto ed abbandono, necessità di legarsi affettivamente ad una persona, una condizione percepita di isolamento fisico e/o psicologico, la fine della relazione al ripristino delle normali condizioni sociali. Questo effetto spiegherebbe la fine di tante storie sentimentali che terminano senza che vi sia una ragione apparente, ma che semplicemente si spengono come se terminasse la carica motivazionale che le aveva alimentate. Personalmente aggiungerei che terminano semplicemente perché la funzione di mutuo soccorso per la quale la coppia era nata ha espletato la sua funzione.
Spesso, chi vive un dolore d’amore si sente solo e incapace di reagire. Quali consigli pratici può dare ai lettori che stanno attraversando una crisi sentimentale?
Il momento di sofferenza a causa di una crisi sentimentale rappresenta una tappa che fa parte della vita di una relazione. Occorre evitare di spaventarsi, ma al contrario viverlo come un momento nel quale si possono comprendere molte cose di sé stessi e della coppia, che altrimenti non si avrebbe avuto modo di sperimentare. Come scritto nel mio libro, questi momenti sono delle occasioni di crescita, perché il dolore rappresenta una potente chiave di accesso per il cambiamento. Siamo più sensibili durante questo periodo e allo stesso tempo più responsivi ad acquisire nuove competenze, abilità e capacità di vivere meglio il nostro rapporto di coppia. Tenete sempre in considerazione la possibilità di rivolgervi ad un professionista per chiedere aiuto, senza vergogna di apparire deboli. La vera forza consiste nel riconoscere di essere in un momento di difficoltà e di aver bisogno di essere aiutati da chi possiede gli strumenti per migliorare la nostra condizione. La vera debolezza consisterebbe, invece, nel pensare di potercela fare da soli e che chiedere aiuto sia un fallimento. Chiedete aiuto e le cose si sistemeranno più velocemente di quanto possiate immaginare!
THAT’S LOVE è un titolo che racchiude in sé l’essenza del libro. Qual è, secondo lei, la lezione più importante che i lettori possono trarre dalla sua opera?
La lezione, se così possiamo chiamarla, che i lettori possono trarre dalla lettura del mio libro è che per vivere una serena relazione sentimentale occorre acquisire strumenti per far funzionare bene il rapporto. La lettura del libro rappresenta un importante momento durante il quale si apprende come la relazione amorosa e le dinamiche che la caratterizzano, richiedano delle conoscenze e delle competenze. È raro che le persone abbiano una preparazione specifica rispetto a come vivere e gestire le dinamiche amorose della coppia. Al contrario ognuno è lasciato a sé stesso e al fatto che scopre ed impara come fare, vivendo il rapporto, una sorta di “working in progress”. Certamente la pratica vale molto più di mille teorie, ma al tempo stesso occorre possedere le basi per comprendere come orientarsi nel complesso mondo delle relazioni interpersonali in generale e dei sentimenti in particolare. Quindi, mi auguro che il lettore attraverso il mio libro scopra la bellezza e il piacere di formarsi in questo affascinante mondo delle relazioni sentimentali, per riuscire a gestire al meglio i tanti paradossi e contraddizioni presenti e per scoprire che si può venire a capo ed uscire fuori da qualsiasi tipo di sofferenza che un rapporto possa determinare.
Attraverso le pagine di THAT’S LOVE, Devid Sabatini ci offre non solo un’analisi approfondita delle dinamiche sentimentali, ma anche una guida pratica per affrontare le crisi amorose con maggiore consapevolezza e forza interiore. L’amore, con le sue contraddizioni e i suoi paradossi, è un’esperienza universale che tutti, prima o poi, viviamo. E se è vero che soffrire per amore può essere doloroso, è altrettanto vero che questa sofferenza può diventare un’opportunità di crescita personale. Grazie a questo libro, i lettori potranno scoprire strumenti utili per navigare le tempeste emotive e ritrovare un nuovo equilibrio. Grazie, Devid Sabatini, per aver condiviso con noi il suo prezioso contributo.
