Oggi siamo in compagnia di Mario Di Adamo, autore del libro “Glie Rambambine”, una raccolta che ci accompagna tra i vicoli, le memorie e i volti di Casalattico, un paese impregnato di storia, tradizioni e legami indissolubili. Attraverso le pagine di questo libro, Di Adamo ci guida in un viaggio che intreccia le vite degli abitanti, le loro vicende personali e i riti quotidiani, offrendo al lettore uno spaccato autentico della cultura locale. Con un linguaggio ricco e vivace, l’autore riesce a evocare la magia di una terra che vive nei ricordi, ma che conserva ancora un’influenza potente sulle generazioni attuali. Parliamo con lui per scoprire di più sul suo percorso e sulla sua ispirazione nel portare alla luce questo angolo unico di mondo.
Mario, cosa l’ha ispirata a scrivere “Glie Rambambine” e a raccontare la storia di Casalattico attraverso questa lente così intima e personale?
Da tempo avevo intenzione di raccontare la storia del mio paese. Come e da dove iniziare?! Scrivere un libro, unico modo per farla conoscere, non ritenevo fosse una strada percorribile. Non ne sarei stato capace. Per questo motivo ho accantonato l’idea e non ci ho pensato più. È successo che qualche giorno dopo la fine del lock down ero al ristorante per festeggiare il compleanno di una mia pronipote. Le pietanze si susseguiva una dopo l’altra: antipasto, due primi, due secondi con contorno, frutta, gelato e per finire la torta. Insomma, un pasto che oggi definiremmo “normale” per una festa. Inutile dire che molto di quel cibo non fu mangiato e andò sprecato. Vicino al tavolo un cumulo di pacchetti. Regali per la festeggiata: per lo più giocattoli. Prima del taglio della torta la bambina, aiutata dai genitori, cominciò ad aprire i regali. Appena intravedeva il contenuto la accantonava e subito ne scartava altri, stessa sorte, fino all’ultimo. La madre alla fine del pranzo portò tutto via. Avevo assistito molte volte a quelle scene, percepivo che qualcosa non andava, ma non ci avevo dato molto peso. Sara stata il particolare momento dovuto al lungo isolamento ma, il rifiuto della torta e quell’aprire frenetico dei regali, per poi disfarsene senza nemmeno averli toccati, mi sembrò un sacrilegio. Pensai: Dio ci punirà per questo scempio alla povertà, alla natura, ed alla collettività. Ripercorsi tanti episodi della mia fanciullezza, l’unico giocattolo che ho avuto: due scatole di sardine legate con un filo di ferro “il mio autotreno”. Quando mangiai la prima banana “comme è bbuone ste cucuzze” (come è buona questa zucchina), esclamai. Quando mio padre mi levò di mano la cioccolata e la diede al mio compagno. Il giorno dopo, senza nessuna precedente esperienza ed a modo mio, iniziai a scrivere. Ritenni opportuno far conoscere, ai bambini ed ai loro genitori, come si viveva negli anni ‘50, subito dopo la Seconda guerra mondiale. Dopo otto mesi di gestazione uscì il mio primo lavoro “Il mio nome è Mario ma mi chiamo Domenico” pubblicato da Albatros il filo – strade, siamo nell’anno 2022. L’anno successivo, sollecitato da mia moglie, è stato pubblicato, sempre dalla casa editrice Albatros – gli speciali, il mio secondo libro dal titolo “Ricomincio da quattro”. Le opere appena menzionate, apparentemente una diversa dall’altra, sono state ispirate da quel pranzo e hanno lo scopo, attraverso il racconto di spaccati di vita personale ma comune a tutta la mia generazione, di far conoscere, a chi verrà dopo, il passato. Il terzo lavoro Glie Rambambine è solo visto da una prospettiva di comunità ma ha la stessa fonte di ispirazione e lo stesso intendimento.
Ci sono personaggi nel libro che rivestono per lei un significato speciale? Potrebbe raccontarci qualcosa di più su di loro e sul perché ha scelto di includerli?
In questo scritto, oltre a ricette culinarie ed altri argomenti si è voluto parlare di persone, del passato e dei tempi più recenti, che hanno contribuito a rendere onore e a migliorare le condizioni sia degli abitanti e dei luoghi che ci appartengono. Ovviamente le persone fanno la storia ed ecco che anche la cronistoria del Paese è nell’opera Glie Rambambine. Ad onore del vero questo argomento, come pure l’immigrazione, è stato trattato da Silvana Mezza che ha firmato i due capitoli. Le persone fanno la storia si è iniziato, quindi, da Cirefice Magno Michelangelo conosciuto come Don Magno Cirefice, di cui ho un vago ricordo. Sacerdote dell’Ordine dei Rogazionisti, Signori delle missioni, che insegnava in Savona presso “l’istituto nautico” e si dice che tra i suoi allievi ci fosse anche Luigi Einaudi. Il suo amore per Casalattico era incondizionato. Riuscì a realizzare la costruzione dello stabile riportante il monumento ai caduti in guerra e fece adibire lo stesso edificio ad asilo infantile e scuola primaria, affidandone la gestione alle suore dell’ordine Campostrini” da Verona. Un altro personaggio che viene menzionato è Lord Charles Forte immigrato in Gran Bretagna divenne un albergatore rinomato. Riuscì in poco tempo a fondare un poderoso gruppo omonimo che controllava 800 Alberghi e 1200 ristoranti impiegando settantamila persone in tutto il mondo. Ho ritenuto opportuno menzionare questi due insigni rappresentanti della nostra terra in quanto conosciuti personalmente. Nel libro ho citato inoltre alcuni sacerdoti, scrittori carismatici che hanno contribuito a far conoscere il nostro paese. Altri personaggi, figli di Casalattico, meriterebbero di essere ricordati per la loro capacità imprenditoriale e per essersi distinti in tutte le nazioni del mondo dove sono emigrati.
Qual è stato il processo di ricerca per raccogliere le memorie e le tradizioni di Casalattico? Ha incontrato delle difficoltà particolari?
Pubblicati i primi due racconti, ci avevo preso gusto ma, ero esausto dal lavoro svolto. Decisi quindi di prendermi una pausa. Il riposo però è durato pochi giorni perché: mentre sistemavo il mio piccolo ufficio ho trovato delle fotocopie: monografia, in 8 puntate del comune di Casalattico. Mi è sembrato molto interessante. Strano, ho pensato, da dove salta fuori questo documento così importante?! Lo leggevo per la prima volta e non ricordavo né quando né dove era stato fotocopiato, né chi me lo aveva dato. Sconosciuto anche l’autore! Continuando con i lavori di archiviazione, mi ha incuriosito un foglio dattiloscritto, fronte retro, da me redatto 40 anni prima la “Maitenata”. Da una lettera del 1927, custodita da Cambone Giovanna, sono venute fuori delle ricette. Sempre casualmente in quello stesso periodo, Luigi Mollicone, un amico che non vedevo da tempo, mi ha parlato di un suo piccolo elenco di parole dialettali. Interessato ne ho chiesto una copia. Ho deciso di raccogliere tutto e pubblicarlo. Sarebbe stato facile e poco impegnativo: era già tutto scritto! Non è stato così, c’è voluto un lungo e faticoso impegno, soprattutto la ricerca di massime, detti, proverbi, modi di dire e del vocabolario dialettale, con termini ormai in disuso da tempo. Il processo di ricerca è scaturito da una serie di circostanze casuali: è stato come se qualcuno mi indirizzasse a fare quella cosa è non l’altra.
Nel libro ci sono dettagli e immagini che ritraggono scene di vita quotidiana, tradizioni culinarie e linguistiche. Cosa spera che i lettori possano portare con sé da queste descrizioni?
Quello che mi sono proposto e che mi auguro è che attraverso queste mia narrazione si evinca che il benessere di oggi è frutto di tanto lavoro e di tanta sofferenza delle generazioni passate. Nelle difficoltà di prendere esempio dai nostri antenati i quali affrontavano le situazioni particolari, alzando gli occhi al cielo ed invocando l’aiuto di Colui che è al di sopra di tutti e che tutto può. Di non credere che è tutto facile; per raggiungere dei risultati è necessario superare molte difficoltà e lavorare sodo. Come diceva mio padre: Le bbuone sta sempre alle scommede (Il buono si trova sempre dove è difficile arrivare). Di non soffermarsi all’apparenza ma di giudicare le persone per quelli che realmente sono. Ho passato una vita e credere che gli altri fossero meglio di me per scoprire che io sono uguale a loro. Di dare il proprio contributo alla società perché ognuno ha bisogno dell’altro. Di rispettare gli altri e sostenerli nelle difficoltà. Di non sprecare le risorse ed essere rispettosi del creato. Di conoscere e conservare la propria lingua. Di conoscere e vivere nella realtà. Tutti valori propri dello stare insieme, radici della quercia secolare che è stata la cultura contadina. Se sono riuscito in questo ho raggiunto il mio scopo.
Secondo lei, qual è il valore di preservare e raccontare storie come quelle di Casalattico oggi, in un mondo che cambia così rapidamente?
Purtroppo, ho potuto constatare che le nuove generazioni hanno perso, oltre al dialetto, quei valori fondanti della civiltà contadina. Oggi l’unica cosa imprescindibile è apparire. Nessuno ti chiede: chi sei? da dove vieni? cosa sai fare? L ‘importante è fare una bella impressione. Esprimersi in italiano è la prima cosa per avere successo: vedi come parla bene quello, parla come un libro stampato .si diceva ai miei tempi. Vestire bene e alla moda, con capi firmati è un fattore altrettanto importante, tutto il resto è superfluo. Mi auguro che le generazioni a seguire, con la conoscenza e la memoria del passato, possano comprendere che è necessario rinsaldare le proprie radici e riscoprire i veri valori dello stare insieme: rispetto, solidarietà, aiuto reciproco… Senza passato non c’è futuro.
Grazie, Mario, per aver condiviso con noi il suo mondo e il patrimonio culturale di Casalattico. “Glie Rambambine” è molto più di un semplice libro: è una finestra su un passato che, attraverso le sue parole e le sue immagini, continua a vivere e a ispirare. Siamo certi che il suo lavoro contribuirà a mantenere viva la memoria di questa comunità e delle sue radici.
