Oggi abbiamo il piacere di intervistare Simona Artuso, autrice del romanzo “Dvaita – Libro primo”, un’opera avvincente e intensa che ci trascina nel mondo interiore e tormentato di Ana, una ragazza che, dopo un tragico incidente, scopre di ospitare un’altra anima nel proprio corpo. Da quel momento, la sua vita si intreccia con la misteriosa esistenza dei “Dvaita,” persone che condividono il proprio corpo con un’altra entità. Tra tormenti psicologici, una segreta organizzazione, e poteri sovrannaturali, Ana intraprende un viaggio pericoloso che mette in discussione la sua stessa sanità mentale e la sua umanità. Simona Artuso ci racconta l’ispirazione dietro il romanzo, le sue riflessioni sul concetto di identità e le sfide di affrontare temi tanto complessi e originali. Scopriamo di più su questo affascinante racconto.
Simona, come è nata l’idea di scrivere “Dvaita” e come hai dato vita al personaggio di Ana e alla sua profonda evoluzione interiore?
Dvaita nasce da un sogno dopo la quale ho subito iniziato a scrivere e dalla quale sono nati tutti e tre i libri. Nel sogno, come nel prologo del mio romanzo, facevo un incidente in auto dove perdeva la vita una persona a me molto cara. Al risveglio in ospedale la mia mente era invasa dalla voce di un’altra ragazza che mi diceva di essere morta per la mia stessa causa e nello stesso momento. Così nasce l’idea di due anime in un solo corpo legate da una morte. Dal momento che avrei dovuto creare quindi due protagoniste diverse, sia nell’aspetto e sia a livello psicologico, ho pensato di basarmi sulla mia esperienza personale. Come loro io sono rinata, Ana infatti mi rappresenta prima di un delicato periodo della mia vita, mentre Danica raffigura la me di adesso. Ho pensato che fosse un’idea originale descrivere entrambe le personalità in un unico libro mettendo a confronto la parte di me ancora ingenua e introversa di allora, con la parte coraggiosa ed eccentrica che ora mi contraddistingue. L’evoluzione di Ana è il cambiamento inevitabile di ognuno di noi a seguito di un dolore intenso e apparentemente insuperabile. La trasformazione è fondamentale, il mutamento è sano ed è sempre migliorativo. Ana non poteva rimanere la stessa ed essere immutabile ma doveva modificarsi in base alla dolorosissima esperienza vissuta. La sua evoluzione sia psicologica che fisica la porterà ad essere infatti nel terzo libro tutt’altra persona rispetto al primo.
La vicenda di Ana esplora la dualità dell’anima e della mente, un tema molto affascinante. Cosa ti ha spinto a trattare questo aspetto e come hai costruito il concetto dei “Dvaita”?
Ognuno di noi convive a mio parere con una parte oscura, che spesso viene celata. Ho pensato fosse interessante dar vita a questa essenza dandole un nome, una personalità e una voce. Danica esiste in ognuno di noi, molti la chiamano “coscienza”. Ad ogni modo dopo aver plasmato l’idea delle due anime ho cercato un termine che potesse rappresentare questi speciali individui. Ora vi dirò una curiosità di me: spesso ho delle sensazioni che tendono quasi sempre a realizzarsi. Quando pensavo al mio romanzo visualizzavo sempre un titolo di poche lettere che iniziava con la lettera D. Negli anni ho cercato e ricercato un termine che potesse rappresentare i miei personaggi finché non mi sono imbattuta nel termine “Dvaita”. Dvaita in sanscrito vuol dire “dualità”, era un nome corto che iniziava con la lettera D. Se questa non è intuizione…
Il tuo libro affronta anche il delicato tema del senso di colpa e della salute mentale. Quali ricerche o esperienze personali ti hanno aiutato a trattare questi argomenti in modo autentico?
Per chi non mi conosce questo romanzo è semplicemente un fantasy. Per chi invece mi vive ogni giorno è un romanzo psicologico. È come se avessi riversato in questo manoscritto i pensieri più profondi e reconditi della mia mente. Ogni emozione, ogni argomento trattato è stato vissuto da me in vari momenti della mia vita. La perdita, il lutto, il senso di colpa, l’anoressia sono tutte esperienze vissute che ho superato e lasciato andare. Nessuna ricerca, solo e semplicemente “vita”. Non bisognerebbe mai vergognarsi di ciò che si è vissuto, nonostante a volte siano esperienze estremamente negative. Perché il male ci forma e il dolore ci fa crescere. Io non sarei qui senza il dolore, non sarei viva, non avrei scritto Dvaita.
“Dvaita” è un romanzo che unisce suspense e fantasy con riflessioni profonde. Qual è il messaggio principale che desideri trasmettere ai tuoi lettori attraverso questa storia?
Vorrei che chi si fosse imbattuto nel mio romanzo arrivasse ad una consapevolezza forte quanto profonda: il dolore genera forza, accettando il nostro dolore diventiamo più forti. Nonostante ciò che ci accade, ciò che sconvolge le nostre vite, noi abbiamo tutti i mezzi per risollevarci. Se la vita distrugge noi abbiamo gli strumenti per ricostruire, se il destino cancella noi abbiamo i colori per disegnarlo nuovamente, se il fato ci mette al buio basta solo accendere la luce. Vorrei che Dvaita lasciasse a tutti un messaggio di speranza e di gioia. Noi siamo i fautori del nostro destino, sono le nostre gambe che devono tirarci su. Nessun aiuto, solo noi stessi. Vi stupirà scoprire quanto alla fine sia stato facile risollevarsi.
Hai già in mente il seguito di questo primo libro? Puoi darci qualche anticipazione su cosa attende Ana e il mondo dei “Dvaita” in futuro?
I tre libri sono già stati scritti quindi è difficile per me parlarne senza cadere nello spoiler. Posso però dirvi che Ana dovrà affrontare la sfida più importante. Il secondo volume è un libro molto intenso dal punto di vista “dell’azione” poiché, come preannunciato in Dvaita-Libro primo, i nostri protagonisti combatteranno contro i Marani aiutati anche dal Governo che interverrà prontamente pur di proteggere i suoi preziosi Dvaita. Chi sopravvivrà? Cosa farà Ana una volta che si troverà di fronte a sua sorella Zora? Sarà così forte da perdonarla oppure deciderà di abbandonarsi all’oscurità? Ma soprattutto…chi ha detto che il perdono è un atto di luce mentre l’allontanamento è un atto negativo? Si dice che una nave affonda non per l’acqua che ha intorno ma per l’acqua che entra al suo interno; quindi, occhio a chi decidiamo di far entrare nelle nostre vite perché potrebbe farci affondare. E io amo stare a galla.
Grazie mille, Simona, per aver condiviso con noi il viaggio che ti ha portata a scrivere “Dvaita – Libro primo”. Il romanzo è una lettura affascinante, in grado di catturare e interrogare i lettori sulla natura della coscienza e sul potenziale dell’anima umana. Non vediamo l’ora di scoprire come proseguirà la storia di Ana e quali altri segreti nasconde il mondo dei Dvaita.
