GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: Photos of Ghosts – Claudio Padelli

Oggi ci addentriamo nei misteri di “Photos of Ghosts,” un romanzo coinvolgente e intenso scritto da Claudio Padelli, che ci conduce nel cuore oscuro di una storia di crescita e di orrori latenti, in cui passato e presente sembrano sovrapporsi in modo spaventoso, mescolando alle immagini sbiadite di un tempo remoto, un viaggio che esplora l’animo umano e il fascino del mistero. Ecco l’autore, pronto a svelarci qualche retroscena su questo straordinario romanzo.

Claudio, “Photos of Ghosts” è un titolo evocativo che sembra unire musica e mistero. Cosa ti ha ispirato a scegliere questo titolo e come si lega alla storia che racconti?

È un titolo che unisce le mie due passioni, la musica e la letteratura fantastica, che trovano un punto d’incontro in questo romanzo; il titolo è quello di un album della Premiata Forneria Marconi, pubblicato nell’autunno del 1973, quindi poco dopo i fatti raccontati nel libro, ma sulle riviste specializzate se ne parlava da tempo, perché fu il primo disco di un gruppo italiano ad essere tradotto interamente in inglese. E “foto di fantasmi” si lega alla perfezione alla trama, la storia si basa infatti sul ritrovamento casuale di foto antiche da parte del protagonista, un adolescente appassionato di musica. Sono stato a lungo indeciso sul titolo, mi sarebbe piaciuto anche intitolarlo “Dormono sulla collina”, vista la passione del protagonista (e anche mia) per il disco “Non al denaro, non all’amore, né al cielo” di Fabrizio De André, tratto dalla “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters, due opere meravigliose, in fondo anche nel paesino di Masters si parla di fantasmi, gli epitaffi sono raccontati in prima persona dai defunti. La frase che chiude il romanzo è tratta proprio dalla canzone “Un malato di cuore”.

Nel romanzo, la scoperta delle foto antiche rappresenta il punto di svolta che conduce alla parte più enigmatica della trama. Qual è il significato simbolico di queste immagini?

Parliamo di un evento che ho vissuto in prima persona: da adolescente trovai casualmente in un mobiletto antico delle foto di fine ‘800, ritraevano i componenti di una famiglia in posa davanti al fotografo, e mentre le guardavo mi resi conto che quegli sconosciuti non esistevano più, stavo guardando in fondo dei fantasmi. La fotografia come opera d’arte oggi ha perso completamente la sua suggestione, la ricerca della foto perfetta con i cellulari ha eliminato del tutto gli errori, che fanno parte della nostra vita (quanti scatti sprecati con le nostre macchine fotografiche); invece immagino che il posatore fosse un vero e proprio artista. Per questo motivo la scoperta della seconda serie di foto, quelle inquietanti, diventa cruciale nella trama, non si riesce a capire quanto quegli scatti siano frutto della mente di un torbido fotografo o della casualità.

La scelta di ambientare la storia in un paesino isolato è cruciale per creare un’atmosfera carica di tensione. Cosa ti affascina di questi luoghi e del loro ruolo nel racconto?

Come tanti miei coetanei ho vissuto la ricerca da parte dei nostri genitori del ritorno alle dimensioni e alle atmosfere del paese dal quale erano partiti, questo accadeva soprattutto negli anni ‘70, quando il boom economico aveva dato a gran parte delle famiglie italiane la sensazione di poter osare qualcosa di più della casa in città. Ambientare una storia fantastica in un paese, rende l’intreccio più fantastico, anche in questo caso internet e i cellulari hanno eliminato il mistero, la voglia di sapere, di scoprire con le proprie forze. Basta un click. Nel romanzo invece il protagonista è un ragazzo attivo, per risolvere il caso lui si espone in prima persona, con tutte le difficoltà che trova nel muoversi in un ambiente a lui estraneo, ma pieno di suggestioni.

L’intreccio tra fantasia e realtà rende il romanzo estremamente coinvolgente. Quali messaggi speri che il lettore possa cogliere attraverso l’esperienza onirica e quasi “metafisica” raccontata nel tuo libro?

Io spero che susciti lo stesso interesse che mi è già stato dimostrato da chi ha letto il libro; una introduzione lenta che serve a trasmettere le difficoltà di un ragazzo cittadino in un ambiente che non conosce affatto, anche attraverso il racconto dei primi amori, e lo porta fino ai suoi limiti, a conoscere in prima persona le paure che in città non prova, perché quelle che conosce sono diverse e sa come affrontarle, a trovarsi quindi su un piano sfalsato dalla realtà; e proprio quelle foto lo aiutano a superare il difficile presente, ma al tempo stesso lo gettano in un incubo che appartiene al passato.

C’è qualche nuovo progetto o storia a cui stai lavorando e che possiamo aspettarci di leggere in futuro? Magari qualcosa che prosegue sui temi del mistero o esplora nuovi generi?

Io non smetterò mai di scrivere, anche solo per me o per i miei amici, è una sensazione alla quale non credo riuscirò mai a rinunciare. Mi spiace non essere ancora riuscito a scrivere un romanzo “mainstream”, devo sempre inserire un elemento fantastico nella trama, che sia un viaggio nel tempo, o un’ambientazione nel futuro, come il romanzo che sto scrivendo adesso, collocato in un futuro lontano, in una dimensione post-apocalittica ambientata nel centro Italia.

Grazie, Claudio, per averci portato dentro l’universo oscuro e affascinante di “Photos of Ghosts.” La tua storia, intrecciata di misteri irrisolti e paure, ci ha ricordato quanto il passato possa influenzare profondamente il presente. Auguriamo al tuo libro il successo che merita, e a tutti i lettori di Gruppo Albatros di perdersi nelle tue pagine, tra ricordi sbiaditi e incontri soprannaturali.

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