GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: Voice – Emma Di Nardo

Benvenuti sul nostro blog, dove oggi abbiamo il piacere di parlare con Emma Di Nardo, giovane e talentuosa autrice del libro “Voice”. La sua opera ci porta nelle vite di Ethan e Colorado, due anime segnate da un passato doloroso che si intrecciano in una relazione intensa, dove l’amore diventa il linguaggio principale. Con delicatezza e profondità, Emma racconta il viaggio di questi due giovani alla ricerca di un equilibrio interiore, superando paure e silenzi. Parliamo con lei di questa emozionante storia che promette di coinvolgere i lettori fino all’ultima pagina.

Emma, come è nata l’idea di raccontare una storia d’amore così intensa e particolare tra Ethan e Colorado?

In realtà credo sia arrivato tutto dall’idea che mi ero fatta dell’amore leggendo. Mi piacciono i libri che non sono copia e incolla di altri e amo i dettagli. Volevo raccontare la storia di due amanti che non si fosse mai vista. Poi, mano a mano che la storia veniva scritta, iniziavo a pensare che potessi essere io Stephanie, che potessi essere Colorado, e ho finito per scrivere del tipo di amore che qualche anno fa mi aspettavo di poter vivere. Diciamo che amo la passione travolgente e il sentimento tra Ethan e Stephanie è proprio questo: passione travolgente.

La perdita della parola di Colorado è un elemento centrale del libro. Cosa ti ha ispirato a inserire questo aspetto nella narrazione?

Come ho detto prima, volevo che fosse una storia speciale. Mai letta prima. Non so voi, ma io, da adolescente quale sono, non mi sono ancora mai imbattuta in una storia che parla dell’amore tra una ragazza muta e un ragazzo che legge le labbra. Per me era come aver creato non una storia, ma un mondo intero fatto di parole impresse su carta. Un altro fattore, forse più importante, che mi ha spinto a togliere la voce a Stephanie, è stato di sicuro il momento che stavo vivendo nel periodo della scrittura. Attraversavo degli anni in cui mi sentivo come un’estranea anche tra i miei coetanei. Loro parlavano e io quasi non capivo i loro discorsi perché viaggiavo su un’altra onda. Un’onda completamente diversa. Ricordo bene gli intervalli passati a leggere in un angolo e le occhiatacce dei compagni. Mi sentivo giudicata e diversa. Non riuscivo ancora a capire perché non potessi essere interessata ai discorsi che facevano i miei amici, quindi ho messo tutta quella confusione, tutta quell’incapacità di esprimersi e comunicare, in un libro che mi ha aiutata a capire che non dovevo cambiare nulla di me, ma piuttosto trovare delle persone che viaggiassero sulla mia stessa onda.

Il legame tra Ethan e Colorado è basato su una comunicazione non verbale molto potente. Quanto è stato difficile rappresentare questo tipo di comunicazione in modo efficace?

Far parlare Stephanie e Ethan è stato a tratti difficile, sì, ma prima di tutto è stato divertente e mi ha aiutato a esplorare tanti aspetti del modo di comunicare del nostro corpo. L’aspetto che ho approfondito di più sono gli scambi che i due innamorati hanno attraverso gli sguardi. Scrivere di due persone che in pratica sono capaci di parlare guardandosi è stato illuminante. Facendo teatro ho avuto modo di studiare gli sguardi e approfondire la comunicazione non verbale per diversi anni. Conoscevo i gesti che si devono fare per comunicare con altri individui nella vita reale quindi portarli su carta è stato più che altro un adattamento. Un aneddoto divertente è che, ogni tanto, quando scrivevo e ero in dubbio sulla descrizione di un movimento o di uno sguardo, chiedevo alle mie amiche di farmi capire il messaggio che io volevo mandare senza l’utilizzo di parole. Quindi posso svelarvi questo trucchetto: per descrivere bene qualcosa come la comunicazione non verbale è fondamentale vederla in atto. Quindi guardatevi intorno, studiate gli sguardi, leggete i silenzi e interpretate i gesti. Tutti i giorni, ognuno di noi, dice tanto senza l’ausilio di parola alcuna.

In “Voice”, i protagonisti imparano dai propri errori e trovano un nuovo equilibrio. Cosa vorresti che i lettori portassero con sé da questa storia?

Credo di aver lasciato tante parti di me in “Voice” e sono certa che da tante di loro si possano trarre lezioni importanti. Di sicuro la prima è la rinascita. La rinascita che può essere lunga e spesso piena di intralci, ma che è possibile raggiungere. Poi mi piacerebbe che qualcuno fosse riuscito a portare con sé l’urgenza di tornare a leggere gli occhi perché siamo diventati tutti un po’ Stephanie andando avanti col tempo: tutti smettiamo di parlare e l’unica cosa che riusciamo a dire è che va tutto bene, stiamo tutti bene, ma i nostri occhi sono capaci di dire la verità. Il problema è che siamo troppo pigri per alzare lo sguardo e incrociare il grido di aiuto di chi ci sta davanti. Un’altra cosa che spero qualcuno abbia preso nel cuore del mio testo è il tema delle fiabe, ma non quelle classiche, vorrei che qualcuno avesse capito che le fiabe più belle, come quella di Ethan e Stephanie, sono le fiabe al contrario. Dove i protagonisti sono grigi e macchiati dal dolore, commettono errori, ma vi pongono rimedio. Vorrei che a qualcuno fosse rimasto che siamo tutti protagonisti di una fiaba e che, anche se a noi, protagonisti delle fiabe al contrario, le fiabe classiche che vediamo vivere ad altri ci sembrano così perfette e candide, sono le nostre le più interessanti. Sono le fiabe al contrario quelle che piace leggere alla gente. Magari qualcuno è riuscito a prendere tutte queste belle parole da “Voice” e ha deciso di portarle con sé per la sua strada, ma, anche se qualcuno si fosse portato via solo metà di una di queste cose, sarei infinitamente felice.

Essendo una giovanissima autrice, quali sono le tue influenze letterarie e cosa ti ha motivato a scrivere questo romanzo?

Questa domanda mi fa scrivere la parte di ringraziamenti alla fine del mio libro che non mi sono mai decisa a mandare. Essendo giovane ho un sacco di influenze, non mi sono ancora creata completamente il mio stile di scrittura, ma so chi e cosa mi ha aiutata a scrivere di Ethan e Stephanie. Le nuove autrici che si stanno facendo largo nell’editoria di sicuro mi hanno ispirata nel mio percorso e nel mio tipo di scrittura, ma per capire davvero dove sono andata a pescare tanto di “Voice” dobbiamo fare un passettino indietro. Credo che per chi ha letto il mio libro ci sia stato subito un collegamento con tre libri che ho letto poco prima di iniziare la scrittura. Questi sono Twilight, After e Beautiful Disaster. Tutti libri che, secondo me, hanno un grande potenziale, ma che sono stati un po’ penalizzati dagli adattamenti cinematografici (unpopular opinion: Twilight resta un’opera d’arte). Da Twilight è arrivata tanta ambientazione: da quando l’ho creata immagino Codis con il filtro blu che c’è nei film della saga. Beautiful Disaster mi ha fatto capire che non volevo raccontare quello che succedeva ai personaggi prima della loro relazione, ma ciò che accadeva nella relazione stessa. Non volevo un libro che parlasse delle peripezie che due ragazzi affrontano per mettersi finalmente insieme, ma quello che affrontano dopo che hanno deciso di stare insieme. Per ultimo, After, che mi ha spiegato come non dare le informazioni su un personaggio tutte insieme per far sì che i buchi nella storia di uno dei caratteri stimolino la curiosità del lettore. Il fatto che fino all’ultimo capitolo abbiamo un gran bel buco nella storia di Ethan credo invogli la lettura. Di sicuro ha invogliato me a finire di raccontare cosa gli era successo, ma ci sono ancora dei punti di domanda nella sua storia… vi andrebbe di colmare i dubbi insieme a me?

Grazie, Emma, per aver condiviso con noi i tuoi pensieri e la tua ispirazione dietro “Voice”. La storia di Ethan e Colorado è un invito a esplorare il potere dei sentimenti e delle emozioni, anche quando le parole mancano. Siamo sicuri che il tuo libro saprà emozionare i lettori e far riflettere su quanto l’amore possa superare ogni barriera. Ti auguriamo il meglio per il futuro e non vediamo l’ora di scoprire i tuoi prossimi progetti!

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