Oggi abbiamo il piacere di parlare con Simona Apolli, autrice del libro “Non lo vedo ma mi fa paura”, una storia che esplora l’incontro tra una bambina di montagna e il mare, il cui fascino si intreccia con il timore dell’ignoto. Il libro segue Karen, una giovane protagonista curiosa e vivace, che si lascia incantare dall’idea del mare senza mai averlo visto dal vivo. Con l’aiuto del suo nuovo amico Tommaso, Karen vivrà un’avventura che la porterà a scoprire un mondo di creature marine e a superare le sue paure, aprendosi all’inaspettata bellezza della natura sommersa. “Non lo vedo ma mi fa paura” è un viaggio di crescita, amicizia e rispetto per l’ambiente, che stimola riflessioni nei lettori di tutte le età. Scopriamo insieme qualcosa di più su quest’opera e sul suo messaggio attraverso le parole dell’autrice.
Come è nata l’idea per “Non lo vedo ma mi fa paura” e qual è stata l’ispirazione dietro al personaggio di Karen?
L’idea di scrivere un racconto per bambini è nata dopo la frequentazione di un corso di scrittura in cui sono stata sollecitata, dallo scrittore che ci accompagnava, a dedicarmi alla narrativa d’infanzia. Lo scrittore, Andrea Giovannucci, sosteneva che il mio stile era adatto alla fascia di lettori “bambini/ragazzini”. L’ispirazione per il contenuto mi è venuta da mia figlia più piccola che ha paura dei granchi. Ho pensato che sarebbe stato importante per me, per lei e per gli altri bambini come lei leggere della paura di qualcuno, vedere e vedersi dal di fuori e capire come poterla affrontare o per lo meno vivere con più serenità e consapevolezza.
Il mare è un luogo affascinante ma anche misterioso: perché ha scelto proprio questo ambiente per affrontare il tema della paura e della scoperta?
Di primo acchito e banalmente avevo scelto il mare come setting perché lì si nascondeva ciò che temeva la protagonista. Mentre scrivevo mi sono poi resa conto che era l’ambiente ideale per far risiedere le paure. Le profondità del mare possono ben rappresentare i luoghi interiori più nascosti dove si annidano le paure di ogni bambino, paure spesso inconsapevoli e per queste ancora più temibili. Cosa che può valere anche per gli adulti. Facendo esperienze i bambini vengono a contatto con le loro paure e possono, affiancati dagli amici e accompagnati dagli adulti, guardarle in faccia e affrontarle. Infine, la conoscenza e la scoperta permettono ai bambini di misurarsi con le paure e di vedere aprirsi un mondo davanti a sé che diversamente rimarrebbe loro precluso, bloccati come potrebbero essere dalle loro paure.
Come è stato costruito il rapporto tra Karen e Tommaso, e cosa rappresenta questa amicizia per la crescita della protagonista?
Come spesso diciamo noi adulti, i bambini si cercano. Arriva un momento in cui i più piccoli necessitano di confrontarsi e rapportarsi con i loro coetanei per uscire dall’ambiente familiare super protetto e crescere. Così, anche nel racconto, Karen e Tommaso si cercano e si osservano e poi si incontrano e si ascoltano. Il gioco è il loro terreno di dialogo, il terreno che li mette a nudo. Parlando la stessa lingua i due bambini si capiscono e possono venire fuori e, nella loro diversità, aiutarsi in modo spontaneo, sincero ed immediato, come solo loro sanno fare. Karen, superato il primo imbarazzo e avvertito l’interesse di Tommaso, si sente libera di manifestare il suo timore ed accetta, come offerta alla pari, i suggerimenti e le sollecitazioni dell’amichetto.
Quali sono i messaggi principali che desidera trasmettere ai giovani lettori attraverso le avventure di Karen?
Mi piacerebbe che i bambini non si vergognassero delle loro paure, che potessero percepire che non ci sono paure di serie A o di serie B; che capissero la bellezza di avere un amico al proprio fianco e apprezzassero la fortuna di essere cresciuti in una famiglia. Vorrei comunicare loro di avere fiducia nei grandi e in chi sta loro intorno, imparando in questo modo anche ad aver fiducia nella vita ed allenandosi a sognare in grande. Devo confessare anche che il racconto contiene diversi messaggi per noi adulti, me per prima: la necessità di non banalizzare le paure dei figli per non farle diventare così dei colossi mostruosi e indecifrabili; l’importanza di osservare ed ascoltare i bambini e di accompagnarli nelle loro piccole e grandi scoperte ed, infine, di camminare con loro per crescere anche noi e conoscere non solo loro, ma anche noi stessi.
Il libro contiene anche un forte richiamo alla tutela dell’ambiente marino: perché crede sia importante sensibilizzare i bambini su questo tema fin da piccoli?
Dico una cosa scontata, ma che è talmente trita che ne abbiamo perso, io per prima, il significato più profondo: i bambini sono il nostro futuro e questo futuro lo costruiamo noi con loro. Lo costruiamo noi con loro dal momento che li educhiamo e, così ci educhiamo, al rispetto degli altri e dell’ambiente. I bambini sono veramente delle spugne (altro luogo comune che noi adulti sottovalutiamo) e in quanto tali assorbono tutto ciò che diciamo e agiamo, anche quello che apparentemente sembrano ignorare. Sono i primi a notare le nostre incoerenze. Aiutarli a prendersi cura del mondo in cui crescono, rispettandone le fragilità, è uno dei più bei regali (ormai una necessità impellente alla sopravvivenza) che possiamo fare non solo a loro, ma al genere umano e al creato che ci è stato donato perché ce ne prendessimo cura. Un domani saranno loro che potranno portare avanti i valori che abbiamo coltivato insieme e che potranno far qualcosa di importante per l’ambiente.
Grazie, Simona, per averci raccontato il percorso dietro “Non lo vedo ma mi fa paura”. La storia di Karen non è solo un viaggio di crescita, ma anche un invito ad esplorare e a rispettare la bellezza che ci circonda, a partire dalla natura e dai suoi delicati equilibri. Siamo certi che questo libro toccherà il cuore di molti giovani lettori, stimolandoli a superare le proprie paure e a diventare custodi del nostro prezioso ambiente.
