GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: ASCOLTAVAMO LA SERA IL GRAMMOFONO A TROMBA – Mario Ghisolfi

Oggi abbiamo il piacere di ospitare Mario Ghisolfi, autore del libro “Ascoltavamo la sera il grammofono a tromba”, un’opera che ci offre uno sguardo intimo e personale sugli anni dell’infanzia e dell’adolescenza vissuti a Tortona, in un periodo storico che ha profondamente segnato l’Italia. Attraverso i suoi racconti autobiografici, l’autore ci accompagna lungo i cambiamenti politici, sociali e culturali che hanno attraversato il Paese, dalla spensieratezza degli anni Venti e Trenta, all’ombra delle ideologie fasciste, fino alle drammatiche esperienze del secondo conflitto mondiale. In queste pagine, l’atmosfera familiare diventa il filo conduttore di una narrazione autentica, fatta di ricordi, emozioni e riflessioni profonde. Andiamo a scoprire insieme il percorso che ha portato alla nascita di questo prezioso contributo alla memoria storica.

Cosa l’ha spinta a raccontare la sua infanzia e adolescenza vissute a Tortona in un periodo così complesso della storia italiana?

Avevo ritorni mnemonici dell’infanzia, scarsi di giorno ma frequenti di notte, che mi davano un gradevole compiacimento; ho pensato che mettere per iscritto quei ricordi mi avrebbe dato piacere immediato durante la scrittura, poiché potevo completare le idee e fissarle sulla carta, e inoltre avrei avuto la possibilità di rinnovare a piacimento i ricordi piacevoli: così è stato. A questa concezione, si è aggiunto, nel tempo, una forma forse presuntuosa o illusoria, di pensare che fatti da me vissuti, nel bene e nel male, in contesti ormai superati e forse incomprensibili, soprattutto ai nipoti, avrebbero in qualche modo completato e arricchito la loro personalità, formando un substrato mnemonico, un background, un rifugio, una riserva cui attingere in momenti di crisi o di sconforto. Aggiungiamo, al tutto, che scrivere mi è sempre piaciuto sin dai tempi del ginnasio/liceo; poi nella professione ho sempre apprezzato lo stendere rapporti tecnici il più completi possibile, arricchendoli, se del caso, di argomenti culturali affini.

Nel suo libro emerge un forte legame con la sua famiglia. Quanto è stata importante la dimensione familiare per affrontare le difficoltà di quegli anni?

La mia era una famiglia abbastanza numerosa: 2 nonni materni, papà e mamma, fratello e sorella, donna di servizio convivente, molto affezionata. Questo gruppo era piuttosto coeso e con interessi svariati: poca conflittualità (qualche battibecco fra genero e suocera, tanto per restare nella norma). Questo ambito gradevole ha indubbiamente favorito il ménage fra i vari interpreti: le difficoltà generate da fatti politici/sociali, erano affrontate e superate con la coesione e con una dose di amabile sopportabilità.

I suoi racconti toccano sia momenti di spensieratezza che eventi tragici. Come ha gestito l’equilibrio tra questi due aspetti nel processo di scrittura?

Direi che una certa dose di ottimismo nel giudicare gli eventi esistenziali era già presente in famiglia, come già rilevato al punto precedente, a ciò aggiungerei una personale predisposizione a cogliere suggerimenti positivi e suggestioni anche umoristiche, dai fatti sociali e politici, anche aiutato in questi contesti da un certo tipo di letture (Pirandello,  Calvino, Fruttero  e Lucentini e altri italiani, più parecchio Wodehouse e qualche americano (Steinbeck ad esempio) e anche da una notevole frequentazione di commedia cinematografica italiana (Monicelli, Scola, Salce, De Sica, etc.).

La Seconda guerra mondiale è uno dei momenti più duri della nostra storia. Quali ricordi personali di quel periodo sono stati più difficili da riportare su carta?

Da rivivere nella memoria sono ovviamente difficili episodi della Seconda guerra mondiale e della lotta partigiana: non è che abbia esaurito di rammentare fatti tragici ed emotivi nel mio libretto, ce ne sono altri che sovente mi feriscono e che non ho riportato. Malgrado questa mia perseguita propensione all’ottimismo cui ho accennato prima, ci sono episodi, situazioni che ancora oggi mi turbano (le morti tragiche, le battaglie perse, le immagini della Shoa). Le guerre in particolare sono per me, ma credo per molti, motivo di traumi psichici ed emotivi; prova ne sia quello che riscontriamo oggi con due guerre in corso ai nostri confini e altre situazioni di conflittualità tragiche in altre parti del mondo, come sovente ci ricorda il Papa Francesco.

Il suo libro è un viaggio tra passato e presente, tra memorie individuali e storia collettiva. Quale messaggio spera di trasmettere alle nuove generazioni attraverso la sua testimonianza?

Devo premettere una serie di considerazioni per arrivare alla risposta che lei richiede. Le mie letture e le derivazioni culturali che ne derivano mi portano a prevedere quello che la scienza viene via scoprendo (entropia dell’universo in aumento) e cioè una tendenza ad un finale cosmico nella storia dell’universo: questa concezione pessimistica era stata in varie forme prevista da alcune menti eccelse nella storia della filosofia (Spinoza, Schopenhauer, Hobbes, Leopardi, Macchiavelli, etc.). Queste riflessioni potrebbero tradire una contraddizione con le dichiarazioni ottimistiche fatte precedentemente: non è così, anzi è il contrario e mi spiego. L’umanità (l’uomo e tutte le creature del nostro sistema solare) godono della vita ricevuta, amano il sole, l’evolversi delle stagioni, il ricrescersi di eredi nel tempo e non possono accettare un destino tragicamente finalizzato; talmente forte  è stata ed è questa concezione, che ha trovato nella storia umana degli interpreti eccezionali: i creatori di teologie/religioni e filosofie laiche, interpreti del sentimento comune di perpetuazione della specie, rinascite degli umani, perpetuazione del ciclo vitale. Quindi la contraddizione è nella stessa storia dell’umanità: un sentimento popolare contro una descrizione scientifica realistica e pessimista. Il sentimento popolare è nato con la fase cognitiva dell’uomo; quindi, ha un background e un prevedibile futuro misurabile in millenni: la versione scientifico/pessimistica, sorta in ritardo rispetto al sentimento popolare, ha un orizzonte realizzativo misurabile in miliardi di anni e quindi   un contesto non concepibile dalla mente dell’uomo, praticamente come fosse inesistente. Cosa debbo trasmettere, nel mio piccolo, a chi viene dopo di me? “Carpe diem”, vivi bene e con serenità e senso del dovere il tuo oggi e scorda come un sogno non realizzabile quello che invece sarà la fine siderale del tutto, aiutandoti con una sana dose di ironico distacco che permetta di sopportare anche i pesi maggiori.

Ringraziamo Mario Ghisolfi per aver condiviso con noi questa toccante testimonianza di vita. “Ascoltavamo la sera il grammofono a tromba” non è solo un racconto autobiografico, ma una finestra su un’epoca di profondi cambiamenti storici e personali, che invita il lettore a riflettere sulla resilienza umana e sull’importanza di preservare la memoria storica. Un libro che merita di essere letto e custodito, per non dimenticare mai il valore dei ricordi e delle esperienze vissute.

Lascia un commento