GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: Le anime buone camminano scalze – Damir Kosara

Oggi abbiamo il piacere di conversare con Damir Kosara, autore del libro “Le anime buone camminano scalze”. In questa intensa e commovente opera, l’autore ci porta nel mondo di Dember, un’anima buona che affronta le asperità della vita a piedi scalzi. La sua storia ci trascina attraverso le difficoltà, la solitudine e la ricerca di un equilibrio tra dolore e speranza. Damir Kosara riesce a trasmettere con grande sensibilità la fragilità e la forza umana, alternando momenti di profonda introspezione a istanti di calore e ironia. Oggi esploreremo con lui il viaggio di Dember, le ispirazioni dietro questo romanzo e le emozioni che emergono da ogni pagina.

“Le anime buone camminano scalze” è un titolo che evoca un’immagine di fragilità ma anche di grande coraggio. Cosa rappresenta per te questo titolo e come si collega alla storia di Dember?

Il titolo evoca immagini di fragilità e coraggio, è vero, ma soprattutto sensibilità, emozione a me particolarmente cara. Questo titolo per me rappresenta un percorso interiore che affrontano tutte le persone che si sono purtroppo imbattute in contesti di sofferenza che li hanno cambiati per sempre. Ma se la sofferenza non ti rende una persona migliore, l’hai sprecata. Hai sprecato una delle poche occasioni che ti concede la vita per tirare fuori la parte migliore di te. Trattare male gli altri solo perché sei stato sfortunato, non ti rende speciale, ti rende solo peggiore. Purtroppo, chi riesce a far tesoro della sofferenza, ad imparare dai propri errori, a saper chiedere scusa, provare a migliorarsi ogni giorno per non far soffrire gli altri, elaborare i propri traumi senza cercare di far finta che non esistano nascondendosi e scappando, sono davvero pochi. Queste sono le Anime Buone che camminano sul percorso accidentato della vita, sentendo, accusando, ma con grande coraggio affrontando tutte le difficoltà. Dember è una di queste anime che, a seguito di un terribile imprevisto, tenta di risorgere elaborando i traumi che questo ha causato.

Dember affronta una realtà inaspettata dopo l’incidente. Come hai costruito il suo percorso interiore di accettazione e di lotta contro le difficoltà che lo circondano?

Il percorso interiore di Dember, di accettazione e di lotta, l’ho costruito molto sulla base del mio trascorso personale, avendo avuto io stesso l’incidente che narro nel libro, e altro da esperienze personali di altre persone nei vari ricoveri che ho dovuto effettuare. La vera vita si vede fra i corridoi degli ospedali. Dove finisca l’esperienza personale ed inizia quella di fantasia romanzata, diciamo, rimarrà un dettaglio segreto dell’autore!

La solitudine e il desiderio di amore sono temi centrali nel libro. In che modo questi elementi hanno influenzato il carattere di Dember e le sue relazioni, in particolare con Erica?

Solitudine e desiderio d’amore. Emozioni talmente opposte da diventare una sola. Il desiderio d’amore costruito nel tempo a causa di un’infanzia difficile, la solitudine scoperta dopo l’incidente. Così Dember si ritrova a dover affrontare nuovamente un trauma che credeva risolto, il bisogno d’amore e la solitudine, un’emozione completamente sconosciuta. Entrambe amplificate dal brusco cambiamento di vita e le difficoltà che incontra. L’abbandono degli amici e della famiglia, i problemi di salute, l’hanno condannato ad un inaspettato ritiro sociale. Se nella vita “precedente” socializzava e relazionava con tutti, ora si ritrova incapace ad esternare emozioni ed affetti, a parlare, a lasciarsi andare. Ma se un evento può modificarti la vita, un solo istante la può stravolgere completamente. E quell’istante esatto avviene quando Dember vede per la prima volta gli occhi di Erica. Se fino a quel momento non aveva creduto nell’amore, quella donna lo fa innamorare per la prima volta in vita sua con la sua sola presenza, abbattendo i suoi muri e le sue difese, abbracciando i suoi demoni. Dember capisce per la prima volta in vita sua che l’amore non solo esiste, ma è l’unico modo per sconfiggere la morte.

C’è un forte contrasto tra l’ironia con cui Dember affronta la vita e la durezza della realtà che vive. Quanto è importante, secondo te, l’ironia come strumento di sopravvivenza nelle situazioni più difficili?

L’ironia non è solo importante, è l’unica arma che abbiamo per sopravvivere alle difficoltà. Certo è dura utilizzarla sempre perché richiede un enorme consumo di energie. L’ironia è fondamentale. Mi è sempre piaciuto il detto “se non sai ridere di te stesso è giusto che lo facciano gli altri”, ma non l’avevo mai considerato da un altro punto di vista. La chiave di lettura che non vedevo è che, quando soffri di depressione come il protagonista del libro, l’ironia e l’allegria che ne segue vengono puntualmente confuse con benessere. la depressione spesso si nasconde sotto il più grande dei sorrisi. Così finiscono tutti con il pensare che o che tu stia fingendo di stare male o che tu non stia male affatto. Troppo in fretta le persone si dimenticano di quanto sta soffrendo una persona. Vogliono tutti il personaggio ironico e allegro e nessuno si interessa della stessa persona che non sta bene. È quello che prova Dember quando, smessi i panni dell’ironico, si ritrova solo.

Qual è il messaggio che speri i lettori possano portare con sé alla fine del viaggio di Dember? E quale parte della sua storia ti ha più toccato personalmente durante la stesura del libro?

Spero che ai lettori rimanga il messaggio di non fermarsi alle apparenze. Che non sempre dietro ad un sorriso c’è gioia. Un amico potrebbe avere bisogno di aiuto anche se non lo chiede perché magari in quel momento non si sente “degno” o si vergogna, non abbandonatelo. Le difficoltà si superano e l’amore esiste. Non commettete l’errore di confondere la sofferenza di un “non amore”, un amore mancato, non corrisposto, o tossico, che provoca disagio, silenzi, dipendenza, con l’amore vero. Tutto ciò che porta sofferenza non è amore. Non dategliene colpa. Il vero amore, ti salva, ti fa rinascere, ti fa sentire nel posto giusto, non ti fa più sentire una persona sbagliata. Ti regala emozioni mai provate, ti stravolge la vita. Non ha pretese, è spontaneo. L’amore è tutto. Ovviamente parlando d’amore, la parte che più mi ha toccato nella stesura del libro è il capitolo di Erica. Ho descritto una persona entrata nella mia vita in punta di piedi e al tempo stesso prepotentemente, che mi ha insegnato ad amare con il suo infinito bisogno d’amore, creando un legame indissolubile e indimenticabile. Erica, un amore sempre presente, nella testa e nel cuore.

Grazie mille, Damir, per aver condiviso con noi le riflessioni e le emozioni dietro “Le anime buone camminano scalze”. Il viaggio di Dember è sicuramente uno specchio delle difficoltà e delle speranze che tanti di noi affrontano, e il tuo libro è una testimonianza della resilienza umana. Siamo certi che questa storia continuerà a toccare il cuore dei lettori, lasciando un segno profondo. Ti auguriamo il meglio per i tuoi futuri progetti letterari!

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