Benvenuti nel blog del Gruppo Albatros, dove esploriamo le menti creative dietro le opere letterarie più affascinanti. Oggi abbiamo il piacere di intervistare Antonio Pinto, autore del romanzo “Destini incrociati”. Questo avvincente thriller ci catapulta nel mondo di Luigi e Serena, due imprenditori costretti dalle circostanze a compiere un gesto disperato, e del Commissario Corrado Gemma, impegnato a risolvere il caso mentre affronta le proprie sfide personali. Pinto ci accompagna attraverso le intricate dinamiche dei suoi personaggi, in una storia che mette a nudo le fragilità dell’animo umano di fronte alle avversità.
Antonio, come è nata l’idea di intrecciare le vicende di due imprenditori in difficoltà con quelle di un commissario di polizia alle prese con una crisi personale?
Faccio una piccola premessa. Prima che essere uno scrittore, e quando uso questa parola sento sulle mie spalle tutta la responsabilità del “compito”, sono un accanito lettore. Ho divorato libri e romanzi fino dall’adolescenza. Mi sono innamorato delle atmosfere gotiche dei racconti di Poe, delle indagini dei vari personaggi creati dalla Christie, dei romanzi mozzafiato di Follett e Wilbur Smith. Ho apprezzato Umberto Eco, Lucarelli e Camilleri. Ma chi ha letteralmente sconvolto la mia vita, in senso positivo ovviamente, è stato Luigi Pirandello. Sono rimasto folgorato da una novella dal titolo “Di sera un Geranio” letta quando non avevo nemmeno la barba sul viso ma che ha incanalato la mia vita su una certezza: “da grande” avrei scritto. Lo avrei fatto per emozionare i miei lettori esattamente come il grande Pirandello aveva fatto con me generandomi una serie di emozioni che ancora oggi ricordo distintamente. Per questo ho voluto creare con “Destini Incrociati” qualcosa di “diverso” e che si staccasse dal “già letto”. Questo sia nella tecnica di narrazione e sia nella trama. Volevo qualcosa che colpisse duro e che fosse quanto più simile possibile alla vita di ogni giorno. “Destini Incrociati” è un libro crudo, senza filtri a volte anche spietato per le situazioni che presenta. Anche il linguaggio dei vari dialoghi è uno specchio della vita di ogni giorno. Non ci sono giri di parole. Si dice pane al pane e vino al vino. Per quanto ci troviamo di fronte a due vicende distinte, che poi s’intrecciano, c’è un comune denominatore che le unisce ed è la disperazione. Quella di Luigi e Serena che si trovano ad un passo dal perdere tutto, e quella del Commissario Gemma alle prese con un guaio serio in famiglia. L’esigenza di creare queste due vicende nasce dalla volontà di tenere incollato il lettore al libro. Volevo che anche lui, come il Commissario Corrado Gemma, non avesse un attimo di tregua. Che divorasse il romanzo capitolo dopo capitolo senza rendersi conto delle ore passate a leggere. Per questo Gemma è costantemente tenuto sul filo della tensione: quella lavorativa che lo vede cimentarsi in un’indagine non semplice, e quella personale col dramma che vive nelle pareti di casa. Ma anche quando Corrado si trova fuori dal suo ambiente famigliare la sua mente continua a pensare alla crisi che l ha pesantemente colpito. Infatti, non riesce a staccare del tutto la mente quando è in Commissariato dalla situazione che sta vivendo a casa e quando è nel suo appartamento non può fare a meno di riflettere sulle indagini che sta portando avanti al lavoro.
Il tuo romanzo affronta temi complessi come la disperazione, il crimine e le scelte morali. Quali sono state le tue principali fonti di ispirazione nel delineare questi aspetti?
Il processo creativo che porta uno scrittore ad ideare una trama e i personaggi che la animano cambia ovviamente da persona a persona. Prima ho citato la Christie. Si dice lei amasse passare ore immersa nella vasca da bagno a immaginare le macchinazioni che poi sarebbero diventate l’ossatura dei suoi romanzi. Ciò che ispira me è la musica e i personaggi degli autori che nella mia vita ho letto e apprezzato. Rivedendo un video di qualche tempo fa mi è venuta in mente un’immagine. Questa foto che si è creata nella mia testa è stata la base per creare intorno a lei la trama. I miei personaggi nascono da uno studio approfondito che ha preceduto la stesura. Sono partito da alcune semplici considerazioni. È facile parlare di “bene” o dichiarare che non faremo mai una certa cosa quando la nostra vita scivola via tranquilla. Ma quando in pericolo c’è la nostra stessa esistenza o quella di una persona a noi cara riusciremo a tenere fede ai nostri propositi? Oppure andremmo a varcare quella linea sottile che separa de sempre “bene” e “male”? Al culmine della disperazione e quando tutto sembra perduto sapremo resistere a ciò che George Lucas (ideatore della saga “Guerre Stellari”) chiamerebbe “il lato oscura della forza”? Le risposte a queste domande, come ti dicevo prima, le ho trovate nello studio e nella ricerca. Nel delineare i miei personaggi mi sono rifatto alle atmosfere noir create da George Simenon per il Commissario Maigret ma anche a quelle gotiche di Poe e ai romanzi di Rex Stout e del suo Nero Wolfe. Non per caso i nostri due protagonisti gestiscono una delivery di alta cucina. Qui devo aprire una piccola parentesi. Volevo che i lettori fossero immersi nella vicenda quanto più possibile. Allora mi è venuto in mente Vincenzo Salemme. Il grande attore e regista napoletano esige che, se la scena teatrale prevede la cottura di un minestrone questo lo si faccia realmente. In modo che il pubblico in sala sentendone il profumo venga quanto più possibile coinvolto nella storia. Per questo devo ringraziare due miei amici ristoratori, Antonio e Angelo Verde, a cui ho anche rubato la ricetta dei tagliolini mari e monti riportata nelle dosi e nella preparazione in “Destini Incrociati”. Tutti la possono rifare a casa seguendo le indicazioni e le dosi riportate. In questo modo il profumo di questa pasta invaderà le nostre cucine come si spande in quella di Serena quando la prepara e coinvolgendo ancora più il lettore nella storia. Un altro grazie lo voglio dire ad Antonio Mangogna che, purtroppo per me, è un grande pasticcere e a cui devo l’idea della torta ai 6 cioccolati sempre presente nel romanzo. Infine, ispirandomi proprio a Pirandello, non volevo etichettare nel Romanzo i vari personaggi distinguendoli in “buoni” e “cattivi”. Tutti gli attori della storia sono entrambe le cose. Il Commissario Gemma deve gestire un’emergenza a casa; eppure, nemmeno nel suo caso tutto è come appare. Ma lo stesso discorso vale per Luigi e Serena. Se da una parte fanno ciò che fanno dall’altro poi si comportano in modo lodevole in determinate circostanze che non posso rivelare qui per ovvie ragioni. Credo poi che ci siano diverse forme di disperazione. La perdita di un proprio caro genera dolore e, appunto, disperazione che non può essere la stessa provata da un tifoso che vede la propria squadra perdere il derby. Con “Destini Incrociati” ho voluto descrivere due forme diverse di questo stato d’animo che poi confluiscono insieme in modo inaspettato. Poi passiamo al Crimine. Nel caso del mio libro le azioni criminose descritte non sono fini a se stesse ma iniziano con una motivazione che poi si trasforma in un’altra. La decisione di varcare quella soglia che ti fa diventare da persona per bene a criminale è presa dai nostri protagonisti non a cuor leggero. E dopo aver oltrepassato quel confine è come se si aprisse il vaso di Pandora e ci si trova catapultati in un mondo diverso dove tutto è lecito e si fa per personale godimento più che per necessità.
Luigi e Serena sono personaggi profondamente umani, con cui è facile empatizzare nonostante le loro azioni. Come hai lavorato sulla costruzione psicologica di questi protagonisti?
Luigi e Serena siamo noi. Potremmo essere anche io te. Gente abituata a lavorare duro per veder realizzati i loro sogni e le loro aspirazioni. Hanno creato faticosamente la villetta dove abitano e dopo con un ulteriore sforzo economico hanno messo in piedi la loro attività lavorativa indebitandosi e ipotecando tutto ciò che avevano. Poi avviene un evento inaspettato: il lockdown dovuto alla pandemia, che blocca il loro progetto prima ancora che inizi. Si sentono persi e abbandonati da uno Stato che forse per primo non era preparato a gestire qualcosa di grande come è stato il Covid. E come due persone normali possono varcare quella soglia che divide male e bene? La ricerca da questo punto di vista mi ha impegnato molto. Ho dovuto studiare a fondo le motivazioni che hanno spinto gente comune a darsi al crimine. Ho letto e approfondito le dinamiche di Donato Bilancia, il serial killer dei treni. Purtroppo, anche eventi della recente cronaca nera sono stati per me la linea guida da seguire per fare diventare i protagonisti della storia quello che saranno…Ho dovuto immergermi in letture di Psicologia e studiare a fondo quella che viene definita la “sindrome di Dio” che, ho scoperto, è molta diffusa nei chirurghi e in chi per lavoro ha in mano letteralmente la vita di altri. Tutto questo approfondimento ed entrare nella “testa” dei vari personaggi ha avuto per me un grosso prezzo da pagare. Non nego che alla fine del romanzo la storia, con i vari protagonisti, mi erano rimasti talmente addosso da stare fisicamente male. Non riuscivo a rileggere alcune parti del libro perché mi ero talmente immerso nelle scene più intense della trama che è stato come se le avessi vissute sulla mia pelle. Ho capito il motivo perché tanti attori abbiano deciso di non interpretare più personaggi che gli avevano resi famosi. Alla fine, il tuo alter ego ti si aggrappa sopra e finisci per stare male come lui. Per questo dopo la fine della stesura definitiva avevo bisogno di lavarmi di dosso “Destini Incrociati” e l’unico modo per poterlo fare era mettersi a lavoro di un nuovo romanzo che portato a termine in poco più di 8 mesi. Aggiungo una cosa: se dovessi leggere in pubblico qualche parte più intensa del mio lavoro avrei serie difficoltà. Ancora oggi mi viene un groppo in gola che mi toglie il respiro. Quando la notte terminavo la stesura di determinate scene mi sono trovato con le lacrime agli occhi. In questo lavoro ci ho messo l’anima e credo che alla fine questo si percepisca chiaramente leggendo il libro.
Milano è uno scenario ricorrente in molti gialli e noir. In che modo questa città ha influenzato la narrazione e l’atmosfera di “Destini incrociati”?
Anticipo che nella mia vita non sono mai stato a Milano e che per ripercorrere quartieri e strade sono ricorso al “metodo Salgari”. Come è noto, il grande Scrittore non ha mai viaggiato in vita sua eppure, armato di enciclopedia e carte geografiche, ha sempre raccontato con una precisione assoluta le terre dove ha ambientato i suoi romanzi. Oggi internet ha sostituito i metodi “tradizionali” di ricerca dandomi la possibilità di vedere esattamente posti e quartieri di Milano nonostante di persona non ci sia mai stato. Per il genere di storia che avevo in mente avevo bisogno di una città “scura” che potesse con la sua presenza essere lei stessa elemento noir di tutta la vicenda. Inoltre, avevo bisogno di determinate condizioni climatiche che potessero esteriormente rappresentare l’interno dell’animo dei protagonisti del mio romanzo. Le tempeste che spazzano le vie Milanesi sono la rappresentazione climatica di ciò che vari personaggi stanno vivendo nel loro cuore. Diverse volte Corrado, Serena e Luigi si trovano a dover fare i conti con freddo, pioggia e persino neve. Questi elementi meteorologici non sono altro che la proiezione esterna di loro stessi. Non per caso tante volte Gemma nelle sue notti pieni di incubi si sveglia per il rumore delle tapparelle che sbattono per il vento, col corridoio di casa illuminato da fulmini a cielo aperto e con la pioggia scrociante che sente cadere furiosa fuori dal suo appartamento. Tieni presente che io sono di Mesagne, una città in provincia di Brindisi, alto Salento, e dalle mie parti non è certo semplice trovare location ideali per ambientare quel tipo di tempo e di clima. Inoltre, mi interessava la posizione geografica della Città perché gli eventi narrati interessano anche la Svizzera. Quando si parla di Milano inevitabilmente si pensa alla nebbia, al gelo, al freddo. Tutti elementi che contribuiscono in modo decisivo a creare atmosfere noir. Credo, quindi, che proprio per queste sue peculiarità sia stata scelta come location ideale da altri colleghi per ambientare le loro storie. Come ad esempio Torino, da sempre indicata come città esoterica, era la location ideale per fare da sfondo a “Profondo Rosso” di Dario Argento che vi ha girato molte scene nonostante la trama del suo film cult si svolga a Roma. Colgo l’occasione per promettere a tutti i Milanesi di colmare la lacuna e di recarmi quando prima nella loro città per ammirarne le bellezze.
Il finale del romanzo riserva sorprese e colpi di scena. Senza svelare troppo, come hai sviluppato la conclusione della storia per mantenerne alta la tensione fino all’ultima pagina?
Come ti dicevo prima la mia intenzione è stata sempre quella di creare qualcosa di diverso da ciò che il lettore possa aspettarsi leggendo la storia. Il critico più esigente in tutto il percorso creativo sono stato io stesso. Non volevo assolutamente scrivere qualcosa che io non avrei letto o che mi avrebbe annoiato. Per questo avevo necessità di un finale che potesse “spiazzare” il lettore presentando qualcosa che non si aspetta. Inoltre il libro da un’ulteriore accelerata al ritmo che diventa vertiginoso e che non ti permette di lasciarlo sul comodino ma di continuare ad andare avanti nella lettura fino all’ultima pagina. Per fare questo ho studiato a lungo le sceneggiature dei film d’azione americani. Si trovano facilmente on line come tutto ormai. Ho visto le tecniche usate dagli sceneggiatori per dare quel colpo di reni finale alla loro storia per far stare lo spettatore a bocca aperta di fronte ai vari film prodotti da Hollywood. Ci tengo però a puntualizzare che la trama del mio libro non segue lo schema di queste sceneggiature che è decisamente standardizzato. Mi sono solo limitato a confrontare le varie tecniche narrative fino, come a tutto il resto di “Destini Incrociati”, a crearmi la mia. Come tutta la realizzazione del romanzo scrivere il finale e fare determinate scelte durante la stesura non è stato facile. Mi ricordo ancora che parlavo alla mia compagna Antonella, che per quasi due anni ha pazientemente sopportato i miei ragionamenti ad alta voce senza capire di cosa stessi parlando se non quando lei stessa ha letto il libro, spiegandole quello che volevo fare o esternandole un dubbio che avevo circa un certo personaggio. Come spesso capita in questo “lavoro” la parte più difficile in assoluto è l’inizio e la fine. “Destini Incrociati” è nato con due differenti “Capitolo 1” e due differenti “Epiloghi”. Alla fine, si fanno delle scelte che nel mio caso sono state abbastanza dolorose. Quando passi notti e notti su un testo va a finire che quei personaggi con cui hai trascorso tanto tempo ti diventino cari come dei vecchi amici. Oltre a queste difficolta “artistiche” aggiungo pure che a causa di un problema di salute piuttosto serio occorsomi 10 anni fa sono diventato epilettico. Come tutti coloro che soffrono di questa patologia sanno bene gli stimoli luminosi, nel mio caso quelli dati dalla luce dello schermo del PC, possono innescare crisi visive e crisi tonico cloniche. Per questo ho dovuto letteralmente “misurare” il tempo da passare di fronte al computer sacrificando altre attività per dare quanto più spazio possibile alla stesura del Romanzo. Vi parlo di questo perché voglio mandare un messaggio a tutti coloro che hanno il mio stesso problema perché vivano la loro vita senza rinunciare ai propri sogni. Infine, se mi permetti, vorrei qui ringraziare tutte quelle figure professionali della Casa Editrice Albatros che lavorano nell’ombra ma che con la loro professionalità svolgono un ruolo fondamentale per la realizzazione del volume. Vorrei qui dire un forte Grazie a Marco Puci, responsabile di produzione del gruppo Albatros, che mi ha preso per mano in ogni step necessario alla pubblicazione del libro. Un altro grandissimo Grazie a Francesca Meucci che è l’editor che ha lavorato sul mio testo. È stato come se mi fosse entrata dentro e avesse letto dentro il mio cuore il messaggio che volevo portare rendendolo, con interventi piccoli ma mirati, ancora più efficace. Infine, un Grazie a Sara che è il grafico che si è occupata della copertina e dell’impaginazione del libro e che ho fatto un po’ impazzire fino all’ultimo. Permettimi un ultimo Grazie alla “Caos Film” e a Claudia Laganà per avermi permesso di partecipare alle loro trasmissioni da casa essendo a conoscenza del mio problema. Infine, grazie anche a te per questa opportunità di dialogo coi lettori che mi hai voluto regalare.
Ringraziamo Antonio Pinto per averci accompagnato in questo viaggio attraverso i destini incrociati dei suoi personaggi. “Destini incrociati” è un romanzo che non solo intrattiene, ma offre anche spunti di riflessione sulle scelte e sulle conseguenze che esse comportano. Invitiamo tutti i lettori a lasciarsi coinvolgere da questa avvincente storia e a scoprire come le vite di Luigi, Serena, Corrado e Laura si intrecciano in modi inaspettati e profondi. Grazie per aver seguito questa intervista, e alla prossima sul blog del Gruppo Albatros!
