Benvenuti nel blog del Gruppo Albatros, dove esploriamo le voci più intriganti e affascinanti della letteratura contemporanea. Oggi abbiamo il piacere di parlare con Mariarita Sorrenti, autrice del libro “La Torre di Babele”. Questo romanzo avvincente ci trasporta nella vita di Ginevra Altieri, una giovane ricercatrice di Letteratura greca, che si ritrova coinvolta in un duplice omicidio. Con la città pittoresca di Messina come sfondo, “La Torre di Babele” intreccia sapientemente indagini poliziesche, enigmi filologici e storie d’amore. Grazie per essere con noi, Mariarita. È un vero piacere poterle parlare del suo nuovo libro.
Mariarita, come è nata l’idea di “La Torre di Babele”? Qual è stata la scintilla che ha dato vita alla trama del romanzo?
La scrittura de La Torre di Babele, risalente a diversi anni fa, è stata, per me, uno spiraglio di luce in un periodo di grande sconforto, dovuto al fatto che ancora non lavoravo, nonostante gli sforzi per inserirmi nel mondo del lavoro. Così, sull’esempio di alcuni autori, in primis greci, ho scritto soprattutto per il mio γαστήρ (“stomaco”) e ho cercato di innovare il genere del giallo, puntando su una nuova figura di detective: la detective-filologa. Riflettendo, quindi, sull’affinità tra le indagini poliziesche e quelle filologico-letterarie, mi sono prefissata l’intento di mostrare come anche la vita di una ricercatrice di Letteratura greca possa essere interessante e risultare soltanto in apparenza monotona. Relativamente alla trama, mi sono chiesta come una ricercatrice universitaria potesse iniziare a indagare sui misteri di un omicidio. Allora, ho pensato che la vittima ideale dovesse essere un suo collega, un glottologo. Desideravo delineare un glottologo sui generis, ucciso insieme a un altro personaggio insolito, una cartomante. Entrambe le vittime condividono – fatalmente – la conoscenza della Torre di Babele, leggenda biblica suggestiva, presente negli studi linguistici e nel mazzo dei tarocchi.
La protagonista, Ginevra Altieri, è una giovane ricercatrice di Letteratura greca con una forte inclinazione investigativa. Quanto c’è di lei in questo personaggio?
Ginevra Altieri, sia per l’indole curiosa e ironica sia per le passioni coltivate, può essere considerata il mio alter ego letterario, che ovviamente si discosta da me in alcuni aspetti, perché, a mio avviso, un certo distacco dai propri personaggi consente di non porre limiti alla fantasia narrativa. Ginevra, a differenza di me, è una grande impicciona ed è tanto coraggiosa da rischiare di mettersi nei guai. Un altro personaggio rilevante nella storia, Carlo Martinez, mi assomiglia molto, in quanto anch’io apprezzo i filosofi, particolarmente i filosofi greci. Diciamo che Carlo Martinez rappresenta il mio alter ego letterario declinato al maschile.
Messina, la città in cui si svolge il romanzo, gioca un ruolo fondamentale nella storia. In che modo la sua città natale ha influenzato la narrazione?
Messina, Zancle per gli antichi Greci, è innanzitutto un luogo letterario poco frequentato, che ritengo vada esplorato con gli occhi di chi vi è nato e con quelli più curiosi di chi vi si reca come turista. Secondo me, tutti noi dovremmo sentirci un po’ turisti nella nostra città natale, per valorizzarne meglio il patrimonio culturale e quello paesaggistico, spesso sottovalutati. Il bel mare su cui si affaccia Messina, oltre a fare da ambientazione alle uscite in barca a vela, è – credo – rigenerante per i lettori, che sono coinvolti nella trama del giallo e che, con le loro ipotesi, partecipano alla risoluzione dei delitti. Messina, secondo me, ha pure la magia tipica di quei luoghi dove si possono incontrare persone che sembrano “personaggi” e che, di conseguenza, ispirano l’immaginazione.
I tre carmi lacunosi attribuiti ad Archiloco di Paro sono un elemento chiave del romanzo. Può spiegarci il loro significato e come si intrecciano con la trama principale?
I tre carmi scelti per le ricerche filologico-letterarie di Ginevra Altieri hanno attirato la mia attenzione per vari motivi, tra cui la loro misteriosa quanto affascinante frammentarietà e il loro contenuto rivelatosi, in modo progressivo, straordinariamente adattabile ad alcuni elementi fondamentali del mio romanzo. Lascerei al lettore la scoperta di come i tre frammenti di Archiloco si intrecciano con la trama del giallo.
Nel romanzo, l’elemento del mistero è presente sia nelle indagini poliziesche che in quelle filologico-letterarie. Come ha bilanciato questi due aspetti per mantenere alta la tensione narrativa?
Proprio il bilanciare questi due aspetti è stato, all’inizio, una questione spinosa. Avevo le idee chiare sugli obiettivi da raggiungere: creare un nuovo filone all’interno del genere narrativo del giallo, costruire “un giallo nel giallo” e divulgare la cultura classica percepita come elitaria. Mi sentivo, invece, in difficoltà nel dare le proporzioni adeguate alle indagini filologico-letterarie in modo da appassionare un pubblico variegato. Dopo essermi immedesimata nel mio lettore ideale, che non è, dunque, soltanto l’esperto in filologia, ho compreso la necessità di divulgare il greco e il latino a piccole dosi, per non annoiare, per instillare il desiderio di una maggiore conoscenza del mondo antico e per non abbassare la tensione narrativa.
Grazie, Mariarita, per aver condiviso con noi il dietro le quinte di “La Torre di Babele”. La sua capacità di intrecciare storia, mistero e passione ha creato un romanzo che sicuramente lascerà il segno nei cuori dei lettori. Invitiamo tutti a immergersi in questa affascinante lettura e a scoprire le avventure di Ginevra Altieri. A nome del Gruppo Albatros, le auguriamo il massimo successo con il suo libro e non vediamo l’ora di leggere le sue future opere.
