GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: Il serpente invisibile – Francesco Scopesi

Benvenuti cari lettori del blog del Gruppo Albatros! Oggi abbiamo il piacere di ospitare Francesco Scopesi, autore del libro “Il serpente invisibile”. In questo coinvolgente romanzo, Francesco ci guida attraverso le vicende di una vita apparentemente fortunata e serena, come una locomotiva a vapore che procede sicura sui suoi binari. Tuttavia, come spesso accade, la vita riserva sorprese inaspettate: un’onda anomala che travolge ogni certezza e accende un dolore implacabile. È in questo contesto che prende forma il “serpente invisibile”, un’entità che rappresenta il dolore ma anche la possibilità di trasformazione e rinascita. Questo libro, potente e struggente, ci invita a riflettere sull’importanza di accogliere e conoscere il dolore per fare spazio all’Amore, che diventa ancora più prezioso. Senza ulteriori indugi, diamo il benvenuto a Francesco Scopesi.

Francesco, puoi raccontarci cosa ti ha ispirato a scrivere “Il serpente invisibile”? Quali esperienze personali o osservazioni ti hanno portato a esplorare questi temi così profondi?

L’idea di scrivere il serpente invisibile è nata a seguito di un evento devastante che ha colpito la nostra famiglia. Il due aprile 2016 infatti il mio figlio maggiore ha perso la vita in un incidente in moto. Nei tre anni successivi ho lottato ogni giorno per risalire dalla profondità del burrone in cui siamo precipitati trascinando con me mia moglie che sembrava aver rinunciato a vivere. Diceva sempre “come faremo a sopravvivere” e io le rispondevo “No! dobbiamo vivere, in modo diverso ma vivere!”. In quel periodo avevamo prenotato una vacanza a Formentera. La data di partenza era prevista per fine maggio. Raffaella intorno alla fine di aprile mi disse: “dobbiamo ricordarci di disdire la vacanza”. Spinto dalla volontà di “vivere” e non “sopravvivere” le risposi: “perché dovremmo annullare? Posto che il nostro destino per un tempo definito sarà quello di piangere, preferisci farlo seduta sul divano in sala o su una meravigliosa spiaggia bianca di fronte a un mare cristallino?” Credo sia stato l’inizio della “risalita” dal burrone. Alla fine, siamo partiti e tutto si è svolto come previsto. Abbiamo pianto, ci siamo disperati, ma siamo stati insieme, io e lei a “vivere” un’esperienza. Da quell’anno siamo ritornati ogni anno, sempre a fine maggio. La vacanza a Formentera è diventata quasi una necessità, per ricordarci ogni anno che si può ripartire, riaffacciandosi alla vita. Più volte mia moglie mi ha detto “vorrei scrivere un libro su questa tragedia e descrivere la devastazione che ha portato con sé”. Un giorno, proprio mentre ci trovavamo in vacanza a Formentera, ho detto “sai che c’è? Il libro lo scrivo io!”. E così ho cominciato a scrivere.

Nel tuo libro, descrivi il dolore come un “serpente invisibile”. Come sei arrivato a questa metafora e cosa rappresenta esattamente per te?

La metafora del serpente invisibile nasce da una sensazione fisica. Nei primi mesi dalla scomparsa di Nicolò bastava un pensiero, un profumo, una canzone, un indumento, una foto, per precipitare nella disperazione. In quei momenti sentivo un’onda che si formava nel ventre e lentamente risaliva fino al cuore, (provando davvero dolore fisico, quasi come un morso) per poi uscire dagli occhi in un fiume di lacrime e singhiozzi. Il modo in cui questo malessere si sviluppava mi ha fatto pensare alle spire di un serpente che lentamente si sciolgono per poi avvolgersi intorno alla preda, che nel mio caso era il cuore. L’aspetto incredibile era che non appena avvertivo i primi segnali di ogni “risveglio” sapevo già che sarei stato impotente contro la sua furia, che non sarei riuscito a contrastarlo. Imparai piano piano a “gestirlo” riuscendo a diradarne gli attacchi. A distanza di anni il serpente è sempre lì, ma colpisce più di rado. È proprio vero, in questi casi il tempo è l’unico rimedio esistente.

I personaggi del tuo libro sono incredibilmente dettagliati e realistici. Puoi raccontarci come hai sviluppato i loro profili psicologici e se ci sono stati particolari ispirazioni o persone reali che ti hanno aiutato a dar loro vita?

I personaggi del libro sono tutti reali, sono persone che ci sono state vicine nella vita o che hanno caratterizzato in qualche modo il periodo immediatamente successivo all’incidente. Li ho descritti così come li ho conosciuti, le sensazioni che hanno provocato in me, gli aspetti che più mi hanno colpito. Paradossalmente alcuni di loro sono riusciti, a volte involontariamente, a far affiorare un sorriso sulle nostre labbra e credo sia stato un gran bene. Il “mondo parallelo” in cui abbiamo vissuto per diversi mesi mi ha permesso di osservare le persone con occhi diversi. Era come se ci tenessero per mano, come si fa con un bambino o una persona anziana per attraversare la strada. Sentivo il loro impegno a “farci attraversare” quel guado. Da soli, la corrente del dolore ci avrebbe trascinato via. Per questa ragione ho voluto citarli nel libro, perché ciascuno di loro in modo diverso ci ha accompagnato verso la luce in fondo al tunnel.

La speranza e l’Amore sono due pilastri fondamentali del tuo romanzo. Come pensi che queste due forze possano aiutare le persone a superare le difficoltà più grandi e come lo hai raccontato nel tuo libro?

Le ragioni per cui ho voluto scrivere il “serpente invisibile” sono essenzialmente tre:

– non dimenticare, nemmeno un istante, di quello che abbiamo vissuto. Può sembrare paradossale, ma credo mi aiuti nel quotidiano a gestire il mio serpente;

– testimoniare l’Amore incredibile che abbiamo ricevuto;

– essere d’aiuto a chi dovesse andare incontro a un’esperienza simile.

L’Amore credo sia stato l’elemento fondamentale che ci ha permesso di trovare un nuovo equilibrio. Credo che la morte di un figlio sia quando to di più terribile un essere umano si trovi ad affrontare. In un frangente simile ci sono due strade possibili: chiudersi al mondo ed elaborare il lutto da soli, con il rischio di entrare in una spirale negativa che porta, credo, alla follia o aprirsi agli altri per farsi, come dicevo prima, tenere per mano in questo attraversamento così difficile. Il rischio di cadere è altissimo ma se si è circondati dall’amore delle persone, anche se si cade, ci si rialza più facilmente. Probabilmente è grazie al nostro carattere che siamo riusciti ad accettare che gli altri entrassero nella nostra vita e la guidassero per un periodo. Eravamo totalmente annichiliti, passivi rispetto a tutto ciò che ci circondava, ma grazie a tutti quelli che ci hanno aiutato siamo riusciti a non perdere l’orientamento.  È anche per questa ragione che ho voluto “restituire” in qualche modo diventando volontario del Dynamo Camp e devolvendo i proventi del libro in beneficenza, al Dynamo Camop stesso e al Movimento Rangers di Genova. Come cito nel libro, ho in mente l’immagine della mamma di un mio compagno delle medie, scomparso a tredici anni. Abitavamo nello stesso quartiere. Ricordo quella signora spegnersi giorno dopo girono, fino a diventare un automa, aveva il viso inespressivo camminava come se appartenesse ad un mondo diverso. Beh, io in quel mondo non ci sono voluto andare e credo sia proprio grazie all’Amore ricevuto che ho evitato di imboccare quella strada. Anche la Speranza credo sia una forza imprescindibile, in generale nella vita ma in particolare quando si riceve uno schiaffo così forte. La speranza, secondo me, è un timone che ci indirizza là dove vogliamo andare. Non è detto che ci si arrivi, ma quantomeno è una direzione. Qualcuno può domandarsi in cosa si può sperare dopo la morte di un figlio. L’unica speranza impossibile è che non sia vero. In realtà nel mio caso per qualche istante ho sperato fosse un incubo, ma presto ho capito che non era così. La speranza è quella di tornare a vivere, come dicevo all’inizio. La vita collassa, le certezze scompaiono, anche la più piccola cosa diventa un ostacolo insormontabile. Ma la speranza di “farcela”, ci fa muovere quei primi piccoli passi verso l’orlo del burrone, per poter nuovamente guardare la vita e gradualmente ricominciare a viverla. Mi auguro che il mio libro possa aiutare a “sperare di farcela”, in qualsiasi caso. 

Quali reazioni e feedback hai ricevuto dai lettori del tuo libro? C’è un commento che ti ha particolarmente colpito e che vorresti condividere con noi?

Ho avuto molti feedback e devo dire non mi aspettavo molti dei commenti che ho ricevuto. Ho capito che il mio libro “fa pensare”. Fa pensare alla vita, a come ci comportiamo quotidianamente e a come reagiamo o interpretiamo gli avvenimenti che ci circondano. Molto spesso mi hanno detto che grazie al mio libro le persone si guardano dentro. Il commento che mi ha colpito di più è stato molto sintetico ma credo significativo. Un’amica mi ha detto: “chi legge il tuo libro non piange per te, piange per sé…”

Grazie mille, Francesco, per aver condiviso con noi la tua esperienza e le tue riflessioni su temi così universali e profondi. “Il serpente invisibile” è un libro che non solo tocca il cuore, ma offre anche strumenti preziosi per affrontare il dolore e riscoprire la forza dell’Amore. Siamo certi che i nostri lettori troveranno ispirazione nelle tue parole e nel tuo racconto. Vi invitiamo a leggere questo straordinario romanzo e a riflettere sul suo potente messaggio. Grazie a tutti per averci seguito e alla prossima intervista del blog del Gruppo Albatros!

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