Benvenuti cari lettori del blog del Gruppo Albatros! Oggi abbiamo il piacere di ospitare Rachele Pasqualini, autrice del delicato e affascinante romanzo “Le regole del ginepro”. Questo libro ci trasporta nella vita di Cecilia, una donna dal temperamento audace e sognatore, che gestisce una caffetteria magica in un piccolo paese veneto. Tra caffè, tè alla cannella e muffin ai mirtilli, Cecilia esplora il suo mondo interiore, fatto di piccole attenzioni e sogni infranti, ma sempre con lo sguardo rivolto all’orizzonte. Scopriamo insieme cosa si cela dietro questa incantevole storia.
Rachele, cosa ti ha ispirato a scrivere “Le regole del ginepro”? C’è un episodio particolare che ha dato il via a questa storia?
Ogni mio libro nasce senza che io me ne accorga, semplicemente accade. Credo sia perché la storia ha voglia di prendere spessore e i personaggi vitalità. All’inizio di ogni capitolo non so cosa potrò mai trovare alla fine dello stesso, lascio che sia la Fantasia, che conosce sempre la via, ad indicarmela. Un libro è un percorso: scrivendo e cancellando la storia si forma ed evolve finché non trova i suoi binari, dove poter viaggiare. Cecilia, la protagonista di questo romanzo, per esempio ha cambiato tre lavori prima che la caffetteria prendesse vita; a quanto pare il posto fisso non esiste neanche in letteratura! Quindi, per rispondere alla domanda, non è un episodio particolare che ha dato vita al libro, ma un insieme di esperienze e amicizie. In questo romanzo realtà e finzione si intrecciano molto spesso, la maggior parte dei personaggi, con le dovute modifiche del caso, si rifà a persone della mia vita. La città dov’è ambientata questa storia, Mogliano Veneto, è la città in cui vivo. La libreria, il museo, la caffetteria, la piazza con la fontana… tutti posti a me cari, e, se devo dirla tutta, anche la casa di Cecilia ha molte similitudini con la mia.
Cecilia è un personaggio molto particolare, con un forte legame con la natura. Come hai sviluppato il suo carattere e quali elementi della tua vita personale hanno influenzato la sua creazione?
Dentro ai miei libri c’è sempre una grande parte di me, un legame profondo che molto spesso, quando i lettori mi conoscono personalmente, avvertono, nascosto nei particolari, dietro alle piccole cose, o negli atteggiamenti dei personaggi. Mi piace scrivere solo cose che ho provato in prima persona, siano pensieri, esperienze o speranze. Amo scrivere ciò che ho vissuto, perché è un modo per affrontarlo e talvolta esorcizzarlo. Quando mi chiedono che genere di libri scrivo, mi verrebbe da rispondere diari segreti sotto forma di favole e romanzi, perché ogni protagonista ha una grande parte del mio essere racchiuso in sé, e io mi rivedo in ognuno di loro. Cecilia, rispetto a tutti gli altri personaggi dei miei libri, è quella che, senza ombra di dubbio, mi somiglia di più. Il suo modo di vedere il mondo, di affrontare i dispiaceri, di approcciarsi agli altri e di combattere per la vita che vorrebbe è il mio stesso modo di agire. Cecilia è una ragazza semplice, dal cuore grande e dal sorriso sempre pronto. Con il suo modo di fare ha reso questo libro l’emblema delle piccole cose. Lei che guarda il mondo con dolcezza e umiltà, sapendo di essere parte d’un tutto che è immenso e meraviglioso. Mi piace la poesia che è racchiusa in una piantina che sboccia, nel cielo di notte e nel mare quando sei seduta sulla spiaggia. E lo stesso vale per Cecilia: è un personaggio magico, perché sa trovare il bello in tutto ciò che la circonda. Penso che essere cresciuta con i cartoni della Disney, dove le Principesse venivano aiutate da un qualche animaletto o da un esserino fatato, mi abbia aiutata a plasmare questa visione della vita, che, ancora oggi, all’alba dei miei 34 anni, non da segni di voler cambiare!

La caffetteria di Cecilia è un luogo di incontro e trasformazione. Puoi parlarci dell’importanza di questo spazio nella trama e di come rappresenta la crescita personale della protagonista?
Questa piccola caffetteria di paese dove gli affari andavano a rilento e stava per essere chiusa viene “salvata” da Cecilia, che, a sua volta, era senza lavoro e con tanti pensieri per la testa, tanto che, ad essere sinceri, non saprei dire se è stata la caffetteria a salvare Cecilia, o il contrario. E questo bisogno di aiuto abbraccia, come i cerchi concentrici di una goccia, tutte le persone che per un motivo o per un altro la frequentano, diventando così un luogo di aggregazione per tutti i personaggi del libro. Gli anziani di Mogliano trovano in quel posto un luogo dove scappare dalla solitudine che la vita offre loro; i giovani, amici di Cecilia, trovano invece in quegli stessi anziani una parte di famiglia che talvolta, oggigiorno, nelle nostre famiglie manca. Questa poesia generazionale ricorda le case di campagna di una volta, dove anziani, adulti e bambini vivevano assieme, in netto contrasto con la quotidianità che la vita moderna ci offre ora. La caffetteria diventa famiglia, generazioni che si incontrano, esperienze che si mescolano.
Il tuo libro è intriso di aromi e sapori, come la vaniglia e il cioccolato, che inondano i sensi dei lettori. Qual è il ruolo del cibo nella tua narrazione e come riesci a evocare tali sensazioni nei tuoi lettori?
Gran parte della narrazione è ambientata nella caffetteria dove lavora Cecilia, e ho voluto che questa ambientazione fosse quanto più reale e realistica; quindi, non mi sono solo limitata a descrivere gli avvenimenti, ma li ho insaporiti di dettagli. Mi piace cucinare, e adoro farlo quando ho ospiti alla mia tavola. In un mondo che va di fretta e si nutre di cibi precotti e confezionati, fermarsi, indossare un grembiule e cucinare è un atto rivoluzionario. Il cibo, quindi, diventa metafora del volersi prendere cura degli altri e di se stessi. Con la cura e l’attenzione dei suoi manicaretti, Cecilia ricorda le tavole imbandite del pranzo della domenica, ma i profumi non sono solo legati al cibo, ma anche alle persone: sono i profumi che evocano ricordi, che riempiono le narici e fanno sobbalzare il cuore.
Cecilia è una sognatrice che non perde mai la speranza nonostante le difficoltà. Qual è il messaggio principale che desideri trasmettere ai tuoi lettori attraverso il suo percorso di vita?
“Mi sento come Cecilia.” Questa è la frase che sento ripetere più spesso da chi legge il libro, e, in fin dei conti, siamo tutte un po’ Cecilia. Tutte con l’Universo che rema un po’ contro, circondate da casi umani, che cerchiamo di arrivare a fine giornata con il sorriso sul viso, sperando di essere viste per quello che siamo. Talvolta schiacciate dalle aspettative degli altri e dalla società. Altre volte, ancora, troppo dure con noi stesse. Cecilia arriva alle persone perché è un personaggio vero, la ragazza della porta accanto, con tante speranze in cuore e poche certezze in tasca. Lei ci insegna che non sempre esiste il lieto fine, per quanto si lotti e lo si desideri, non sempre l’Universo decide si concedercelo; ma ci insegna anche che ogni fine, ogni punto, per quanto doloroso sia, porta sempre con sé l’inizio di un nuovo capitolo, di una nuova storia, di una nuova speranza. Cecilia arriva ai cuori perché siamo tutte un po’ Cecilia.
Rachele, ti ringraziamo di cuore per aver condiviso con noi il mondo incantato di Cecilia e la magia della tua scrittura. “Le regole del ginepro” è un’opera che tocca il cuore e stimola i sensi, portandoci a riflettere sull’importanza delle piccole cose e dei sogni che ci guidano. Auguriamo a tutti i nostri lettori di immergersi in questa storia e lasciarsi avvolgere dal suo profumo di bacche di ginepro. Grazie ancora, Rachele, per essere stata con noi e per averci regalato un pezzo del tuo universo letterario.
