Bentornati amici del blog! Oggi esploreremo un racconto vibrante e autentico: “La Bambina e il Gorilla”, di Francesca Moschella. Attraverso una prosa sincera e senza limiti, l’autrice ci guida attraverso un viaggio che va al di là delle singole pagine di un libro, offrendoci una visione audace e appassionata della vita stessa. offrendo uno sguardo diretto e senza fronzoli sulla sua esistenza. Il suo è un invito a vivere ogni esperienza con audacia, abbracciando tutto ciò che la vita offre, senza lasciare nulla al caso.
Questo libro racconta la tua storia con una franchezza e un’intensità notevoli. Qual è stata la tua ispirazione per condividere così apertamente la tua vita con i lettori?
Ho pensato di condividere la mia vita con i lettori perché mi sono convinta che ogni Essere vivente abbia in mano il proprio Percorso, non solo per goderselo e completarlo, ma per mostrarlo e proporlo agli altri che ha intorno a sé. Tutte le persone vicine sono e rappresentano dei potenziali Docenti di Vita e, per questo, possono benevolmente giudicarti e darti un voto di confronto. Il raffronto può servire alla scrittrice in quanto soggetto protagonista e a chi la circonda perché lo pone e pone su un piano di importanza tale, da potere avere un occhio supervisore e imparziale. Questo non è cosa banale, dato il numero di individui in circolazione che muovono il mondo e serve a rendersi e diventare indipendenti e più sicuri nei pensieri e nelle azioni.
Hai affrontato diverse esperienze e sfide significative nella tua vita. Come hai trasformato queste difficoltà in opportunità per crescere e imparare?
In realtà, sono stata fortunata in questo, perché sono nata forte, coraggiosa e spavalda. Non ho il senso del pericolo nelle esperienze emotive e, di conseguenza, non ho mai avuto il tempo materiale di pensare al come affrontare le sfide o le circostanze che ho incontrato durante gli anni. Non ho mai dovuto fare nulla di straordinario, né in più, né in meno. Ho semplicemente guardato la criticità che avevo di fronte; non mi sono neppure mai adattata. Mi sono comportata come un cavallo che salta l’ostacolo che ha di fronte. Una volta visto, l’ho saltato e ho proseguito verso la destinazione che ritenevo più corretta e giusta per noi famiglia e per me, Francesca.
“La Bambina e il Gorilla” è un viaggio intimo nella tua vita. Hai riscontrato delle difficoltà o delle paure nel mettere a nudo così apertamente la tua storia?
No. No, perché sono grande, nel senso di adulta e la scelta richiesta e voluta da me era proprio quella che si sapesse tutto il mio personale. Tutti dovevano sapere cosa può succedere. Tutti dovevano sapere cosa può capitare. Tutti dovevano sapere come si può reagire o, al contrario, soccombere nelle comuni situazioni di casa e famiglia. Senza prenderlo troppo sul serio o d’esempio, ovviamente, ma soltanto per esserne a conoscenza. Volevo e ci tenevo, ma adesso intendo, arrivata ad una determinata età, vale a dire da formata, e non da immatura o moralmente fragile e destrutturata. Volevo comunicare cosa succede nelle famiglie comuni numerose o base, definendo come siano strane e variabili le relazioni affettive e fraterne.
Nel tuo percorso, hai studiato architettura e paesaggistica. In che modo questa formazione ha influenzato il tuo approccio alla scrittura e alla narrativa?
La branca della Paesaggistica è la più vicina alla Natura. Si avvicina e si avvale della poesia, dell’armonia e della totale completezza delle Cose. Progettare è come fare un tema o scrivere, in generale, perché considera tutto: piante, animali, cose, città, cittadini e l’Uomo in senso pieno. Non puoi dimenticare e non puoi sostituire nessuna parte del puzzle. Tutti gli elementi sono utili e collegati. Si tratta di ambiente e sostenibilità. Pulizia e ricalcolo. Sono stata fortunata, anche qui, perché ero già abituata a legare tutto, a riscoprire e a considerare il totale senza dimenticarne pezzi neanche per errore. Tra l’altro è l’unica branca della facoltà di architettura largamente legata alle curve, che siano esse di livello, di struttura o di collegamento. Vive di curve, anche siano rigide, ma sempre definite tra le curve proprio per il loro valore simbolico e la loro funzione visiva e finale. Modellare il paesaggio è come passare una penna o una matita tra le cose che già esistono; in sostanza, si dice dipingere il Paesaggio o, ancora meglio, Scriverlo. Noi, questo lo abbiamo studiato fin dal primo anno accademico. Il Paesaggio lo scrive l’uomo che lo vive, proprio come un libro esce e viene partorito dalla mano stessa del suo stesso autore.
Il tuo primo libro, “Giardino Interiore”, affrontava diverse sfaccettature dell’esistenza umana. Come si collega questo nuovo libro, “La Bambina e il Gorilla”, alla tua visione della vita e delle esperienze umane?
I due libri sono la stessa cosa solo che io non sono un tecnico che può insegnare o imporre un pensiero o un suo punto di vista. Per questo li ho divisi. In uno, La Bambina e il Gorilla, parlo di me stessa e lo dico prendendomi ogni responsabilità diretta, mentre in Giardino Interiore cerco di confessarmi e confessare in terza persona e ad un terzo elemento l’Esistenza umana e le sue caratteristiche. Tutto cercando di non imporre o impormi frontalmente. Giardino Interiore nasce come confidenza e come confessione neutra ma, neppure uno specialista, per pulizia e lealtà potrebbe permettersi di parlare in senso univoco, secondo il mio buon gusto e la mia esperienza. Le esperienze umane devono essere da monito, nel mondo, non da cardine, per cui devono essere trattate in maniera singolare anche da chi le studia e le censisce, per non creare volgarità e confusione. Sono due libri uguali, per concludere: in uno dico che sono io. Nell’altro una voce parla al posto mio.
Francesca Moschella, con il suo “La Bambina e il Gorilla”, ci ha donato un’esclusiva finestra sulla sua vita, trasmettendo un messaggio coinvolgente e autentico sull’importanza di vivere pienamente ogni istante. Con una prosa senza freni e una visione sincera, ha regalato ai lettori un’esperienza intensa e appassionante. Buona lettura!

Grazie mille a tutti voi. Francesca m
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