Cari lettori, c’è una neve che protegge e una neve che nasconde. In Sangue sotto la neve, Maurizio Cocurullo ci conduce tra i silenzi ovattati di Livigno, dove il freddo conserva segreti antichi e la giustizia è chiamata a farsi strada in un intreccio oscuro e pericoloso. Un capitano al primo incarico, un omicidio che rompe l’equilibrio di una comunità di montagna, e un’indagine che affonda le radici in un incrocio inquietante tra mafia siciliana e narcotraffico colombiano. Abbiamo incontrato l’autore per farci raccontare la nascita di questo romanzo, il suo legame con i temi dell’onestà e della lealtà, e il percorso personale che lo ha portato alla scrittura. Vi invitiamo a scoprire con noi il mondo – umano e narrativo – che vive sotto la neve.
Sangue sotto la neve si apre in un luogo apparentemente lontano dal crimine organizzato: perché ha scelto proprio Livigno e l’ambientazione montana per raccontare questa storia?
Innanzitutto, conosco molto bene Livigno perché andiamo spessissimo con la famiglia in vacanza e quindi conosco benissimo i luoghi che ho descritto sia in estate che in inverno e questo mi ha permesso di arricchire la narrazione di particolari credibili perché veri. Livigno è un posto meraviglioso sotto tantissimi aspetti. In secondo luogo, nella realtà non è così improbabile che possa davvero accadere proprio per la vicinanza con la Svizzera e perché essendo un luogo molto turistico può avere le condizioni ideali per “inserire” una persona senza dare troppo nell’occhio.
Il capitano Marzio Anteri è un personaggio segnato da valori forti come giustizia e onestà: quanto c’è della sua esperienza personale nella costruzione di questo protagonista?
Direi che c’è parecchio sotto molti aspetti e chi mi conosce bene se ne è accorto leggendo il libro, anche a volte sorprendendomi. Il capitano Marzio è “me stesso” nel suo rapporto con la fidanzata, nella dolcezza tra di loro, nel suo ricordo dei genitori e del padre, nell’amore per gli animali, per la natura, nell’amore per le cose semplici, nel desiderio di famiglia, nella passione per l’Arma…. io credo fermamente nei valori che animano il capitano, avrei voluto fare l’ufficiale dei carabinieri ma poi gli “affetti” di quando avrei dovuto fare la scelta essendo a militare mi hanno fatto cambiare idea e infatti mia moglie (conosciuta molti anni dopo) scherzando dice sempre che “il modo per mettermi la divisa l’ho trovato”, Sinceramente ormai non ho più l’età ma se per assurdo mi offrissero un posto nell’Arma ci andrei di corsa! Sicuramente nella vita di Marzio ci sono io anche con altri personaggi… la fidanzata ha molto di mia moglie, il mondo colombiano è parte di me per il percorso adottivo dei nostri figli (siamo stati oltre un mese in Colombia e abbiamo avuto modo di conoscere bene il paese) … addirittura c’è di “mio” anche nell’amico cacciatore di Livigno… noi abbiamo amici a Livigno ed uno in particolare che è cacciatore e maestro di sci e che sarebbe perfettamente in grado di “interpretare” il ruolo. Persino la micia che la dottoressa regala a Marzio rispecchia la nostra micina… nel libro non compare un cane solo perché, quando ho iniziato a scrivere non lo avevamo ancora ma nel sequel conto di “inserirlo” in qualche modo.
Nel romanzo convivono dimensioni molto diverse, dal microcosmo della stazione dei carabinieri a un traffico criminale internazionale: come ha lavorato per rendere credibile questo intreccio?
È stato tutto sommato abbastanza facile. La mia passione per l’Arma, l’appartenere anche se solo come volontario, in qualche modo al mondo dell’Arma, il conoscere molti militari effettivi con cui sono amico e che appartengono alle più disparate discipline dell’Arma (dai sommozzatori ai ROS, dalla territoriale ai GIS, dagli artificieri all’unità cinofila e ai RIS oltre che ai NAS, ho addirittura amici che purtroppo hanno vissuto il dramma di Nassirya), la passione per la lettura di saggi molto approfonditi in materia, una certa dose di fantasia, la conoscenza diretta di tutti i luoghi che ho descritto, unita ad una discreta conoscenza dei meccanismi di funzionamento delle forze dell’ordine mi ha permesso di creare situazioni che, seppur di fantasia, sono di fatto perfettamente verosimili e sono scenari che potrebbero benissimo verificarsi o anche essersi verificati, inclusa la collaborazione tra forze di Polizia internazionali. Diversi amici nell’Arma che hanno letto il libro hanno detto che la storia è perfettamente verosimile e una tale affermazione, fatta da “addetti al mestiere” è il più bel complimento che potessi ricevere!
Il suo percorso nella Protezione Civile e il contatto diretto con situazioni drammatiche hanno influenzato il modo in cui racconta il pericolo e la responsabilità?
Innanzitutto tengo a precisare che il nucleo Protezione Civile dell’Associazione Nazionale Carabinieri pur ovviamente operando all’interno della Protezione Civile Nazionale, ha una sua propria identità distintiva di appartenenza facilmente individuabile sia nelle divise che nei mezzi che hanno differenti livree rispetto al corpo nazionale di Protezione Civile e che, riportando la parola CARABINIERI, di fatto le dà una visibilità differente ma anche un maggior senso di responsabilità e di orgogliosa appartenenza. Da quanto ho illustrato prima e anche da quanto detto rispondendo alla domanda precedente discende che sì sicuramente in questi anni (oltre venti) ho affrontato situazioni pericolose, drammatiche (parlo ad esempio del terremoto nelle Marche del 2016 o del dramma del ponte Morandi del 14/8/2018, passando per gestione di ordine pubblico) spesso in comunione con militari in servizio effettivo o con le forze di Polizia e questo ha sempre creato un forte spirito di corpo, i militari in servizio ci considerano nella quasi totalità dei casi dei colleghi a tutti gli effetti e la condivisione ha creato anche meravigliose amicizie che continuano da anni. Le situazioni drammatiche lasciano dei segni ma spesso rafforzano, Sicuramente poi anche ascoltare i racconti di colleghi mi ha permesso di “trasmettere” ai personaggi certe caratteristiche.
La passione per la scrittura nasce “quasi per gioco”: cosa l’ha spinta a trasformarla in un progetto narrativo compiuto come questo romanzo?
Forse è la domanda più difficile… ho sempre amato leggere, mia mamma e mia nonna, entrambe insegnanti, mi hanno insegnato a scrivere, forse tutto nasce da un pensiero inconscio di “vivere” dentro di me l’esperienza dell’Arma che non ho potuto vivere nella realtà…. di fatto poi la “gestazione” è stata lunga (ho impiegato quasi 6 anni a scriverlo) ma, man mano che andavo avanti, mi immedesimavo sempre più nei personaggi e mi sembrava quasi di “vivere la storia che stavo scrivendo… soprattutto il finale l’ho cambiato diverse volte nella mia testa e quasi alla fine è nata l’idea di lasciare lo spazio per un “sequel” a cui sto lavorando…. poi una volta finito il libro è rimasto lì perché sinceramente non credevo certo che fosse degno di pubblicazione… oltre al fatto che le varie proposte “editoriali” mi sembravano in realtà solo delle “truffe”, poi ho visto la vostra proposta e allora mi sono detto “perché non provarci”? Ed eccomi qui!
Ringraziamo Maurizio Cocurullo per aver condiviso con noi il dietro le quinte di Sangue sotto la neve, un thriller che unisce tensione narrativa e profondità umana, mettendo al centro valori che resistono anche nelle condizioni più estreme. A voi lettori l’invito a immergervi tra le pagine del romanzo, lasciandovi guidare dai passi del capitano Anteri in un’indagine dove nulla è come sembra e dove, sotto la coltre bianca, il sangue racconta verità difficili da dimenticare.
