Bentrovati amici del blog! Oggi conosceremo Anna D’Elia, la protagonista di una storia di resilienza, determinazione e coraggio. Con Nessuno ci credeva, il suo libro autobiografico, ci accompagna attraverso le tappe di un percorso personale e imprenditoriale che nasce da profonde radici familiari e da una volontà incrollabile di realizzarsi. La sua è la voce di chi, nonostante lo scetticismo altrui, ha saputo trasformare un sogno in realtà, costruendo da zero un progetto che affonda le sue radici nella terra degli uliveti di famiglia e che oggi risplende anche grazie alla vetrina nazionale di Linea Verde Discovery. In questa intervista, Anna ci racconta com’è nata la sua idea, quali ostacoli ha dovuto superare e cosa significa, per lei, essere finalmente ascoltata.
Nel tuo libro racconti quanto sia stato difficile convincere gli altri delle tue capacità. Come hai trovato la forza di continuare nonostante lo scetticismo?
In realtà, sulle mie capacità non hanno mai avuto da ridire. Anzi, mi hanno sempre considerata brava, intelligente, capace. Forse era proprio questo il problema: volevano tenermi incastrata in un ruolo e in un lavoro che non mi rappresentava del tutto. Ero più utile a loro così, piuttosto che come imprenditrice autonoma. Il fatto che all’inizio d’annata sia nato in parallelo al mio lavoro in uno studio commerciale è stato, col senno di poi, una fortuna. Ho sempre avuto tante idee, che spesso condividevo per coinvolgere gli altri, ma raramente ricevevo entusiasmo in cambio. Le mie idee comportavano anche dei rischi, perché ho sempre avuto una mente lungimirante. Gli ostacoli che ho trovato lungo il cammino erano lì proprio per fortificarmi. Dovevo imparare a credere nel mio talento, nel mio valore, nella mia autostima. Così ho iniziato tutto nei weekend, nei ritagli di tempo. E a un certo punto ho capito: quando lavoravo per gli altri mi spegnevo — ero sempre stressata, nervosa. Ma quando iniziavo qualcosa di mio… sentivo una fiamma accendersi. Era il mio potenziale. Avevo paura, certo. Era tutto nuovo. Ma quel fuoco cresceva ogni giorno, anche attraverso la rabbia, e alla fine mi ha spinta a proseguire.

Il progetto d’annata nasce da un legame profondo con la terra e la storia della tua famiglia. Quanto ha inciso il tuo passato nella scelta di diventare imprenditrice?
Io non ho mai amato ricevere comandi… ahahah. Quando mi davano compiti che non mi ispiravano, anche in famiglia, non rendevo al meglio: sbuffavo, cercavo di disobbedire. Ecco, forse era già un segnale: non ero nata per fare la dipendente, ma per fare l’imprenditrice. La scelta dell’olio è nata quasi per esclusione. Mi sono chiesta: da dove posso partire per creare un mio business, contenendo i costi? Mi sono guardata intorno, e la lucina si è accesa proprio durante la raccolta delle olive. Affidando tutto a contoterzisti, però, i costi erano alti. Così ho deciso di incanalare le mie competenze, i miei studi, e le mie intuizioni in un progetto “pilota”, quasi come un apprendistato… E adesso posso dire di essere stata promossa a pieni voti. d’annata non è solo un brand: è la continuazione di una storia familiare, reinterpretata con la mia visione. Ho scelto di diventare imprenditrice per onorare il passato, ma anche per scrivere una nuova narrazione. Tutta mia.
Dal lavoro in uno studio commerciale a Linea Verde Discovery: che cosa ti ha insegnato questo passaggio così significativo?
Quando ho lasciato lo studio ero molto arrabbiata e delusa. Ricordo che dissi ai miei colleghi: “Quando diventerò famosa, vi dedicherò i miei successi”. Ahahah. Quando ho aperto il canale Amazon e sono arrivati i primi ordini, ho fatto una cosa simile con mio fratello. Gli dissi: “Se non mollo, e se il trend continua a crescere, Amazon mi selezionerà per Linea Verde.” E così è stato. Oggi, guardandomi indietro, sorrido. Ma non è un sorriso di rivincita: è un sorriso di gratitudine. Lo studio commerciale mi ha insegnato tanto: il rigore, la gestione, la contabilità. Oggi gestisco tutto da sola, anche questa parte. Linea Verde Discovery, invece, mi ha aperto al mondo: ha confermato che la mia storia può ispirare altri, e che la strada che ho intrapreso è giusta. È stato il segnale che quando ti allinei con la tua verità, l’universo ti mette sotto i riflettori giusti.
Nel tuo percorso imprenditoriale, quali sono stati i momenti più critici e quelli invece che ti hanno dato più soddisfazione?
I momenti critici sono stati sicuramente quelli economici. Ho avviato d’annata in pieno periodo Covid, quando avevo perso anche il mio lavoro principale. Non avevo entrate sicure, e all’inizio le vendite erano basse perché investivo molto in pubblicità per far conoscere il mio marchio. Eppure… il fatto di dover fare tutto da sola non mi pesava più. Anzi, con più tempo a disposizione mi accorgevo che mi piaceva. Sono veloce, organizzata, autonoma. Riesco a gestire tutto da sola ancora oggi — e non mi pesa.
Cosa ti auguri che i lettori portino con sé dopo aver letto Nessuno ci credeva?
Mi auguro che si sentano visti. Che chiunque si sia sentito escluso, troppo diverso, troppo fragile o troppo visionario, leggendo la mia storia trovi il coraggio di non mollare. Non voglio essere un modello da imitare — né da copiare. Ma una testimonianza, sì. Se ce l’ho fatta io, che non avevo niente se non una visione e un cuore ostinato, allora forse può farcela anche chi legge. Vorrei che ricordassero una cosa: non serve l’approvazione degli altri per iniziare. Serve solo crederci. Anche se nessuno lo fa.
Grazie, Anna, per aver condiviso con noi una storia che è testimonianza di coraggio, autenticità e spirito imprenditoriale. Nessuno ci credeva è un messaggio potente per chiunque stia cercando la propria strada: a volte basta solo crederci un po’ di più. Buona lettura!
