GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: Ali o radici – Claudia Bider

Benvenuti nel blog del Gruppo Albatros, dove esploriamo le storie e i percorsi di autori che ci regalano emozioni e riflessioni attraverso le loro opere. Oggi abbiamo il piacere di intervistare Claudia Bider, autrice di Ali o radici: Due viaggi paralleli. Questo libro, profondamente autobiografico, ci conduce in un duplice viaggio: uno ai quattro angoli del mondo e l’altro nel cuore della protagonista, una donna che affronta con coraggio le sue inquietudini, le sue scelte e la ricerca della propria identità. Tra azione e contemplazione, tra ribellione e accettazione, Ali o radici è un invito a esplorare la complessità della vita e dei sentimenti che ci definiscono.

Qual è stato il momento chiave che l’ha spinta a trasformare la sua storia personale in un libro?

La mia storia personale è stata scritta pezzo dopo pezzo dall’età di quattordici anni, attraverso diari del cuore, diari di viaggi, lettere e opere teatrali. Non avrei mai pensato che questo materiale sarebbe stato destinato a far parte di un libro autobiografico. Oggi mi rendo conto che questo progetto non è nato dal desiderio di scrivere ma dal bisogno di raccogliere le briciole della mia vita quando tutto sembrava disfatto e senza senso. Avevo trentasette anni ed ero completamente persa. Tutto quello che era stata la mia vita era sparito in un istante e piuttosto di correre per cercare delle risposte fuori, come avevo sempre fatto, mi sono fermata. Mi sono presa quello che non mi ero mai presa fino ad adesso: il tempo. Era diventato imperativo capire chi ero e che cosa contava veramente per me. Questo percorso introspettivo mi ha riportata indietro nel tempo e mi sono messa a rileggere e lavorare sul contenuto del mio baule dei ricordi. Una tappa alla volta fino ad arrivare a oggi.

Il libro affronta una ricerca di identità profonda. Quali aspetti della sua esperienza personale hanno influenzato maggiormente il racconto?

Sicuramente, il posto e la famiglia in cui sono nata hanno avuto un grande impatto sulla mia vita e quindi sul racconto. Il fatto di aver passato i primi anni nelle Filippine e di essere stata poi catapultata in Svizzera dove non mi sono mai sentita a mio agio mi ha presto portato a partire. Partire per cercare il mio posto, la mia identità, per dare un senso alla mia vita. I miei genitori che avevano anche loro tanti anni di esperienza all’estero alle spalle capivano questo bisogno e mi hanno fatto i due regali più importanti che si possano fare a un figlio: libertà e fiducia. Con questi due doni abbinati alla mia curiosità niente poteva fermarmi. Non c’era destinazione troppo lontana, percorso di studi troppo lungo, lavoro troppo complicato, incontro impossibile. Ed è proprio perché all’esterno la mia vita era un cambiamento continuo che ho avuto la necessità di sviluppare una stabilità interiore.

Uno dei temi centrali del libro è l’accettazione delle proprie ferite e cicatrici. Quanto è importante per lei questo messaggio, e come spera che arrivi ai suoi lettori?

Mi piace usare l’immagine dell’arte Kintsugi per rispondere a questa domanda. Alla fine del 1400, i ceramisti giapponesi hanno inventato una tecnica per ricomporre i frammenti di un oggetto di ceramica rotto usando foglie d’oro. Nello stesso modo, possiamo dare alle nostre ferite non solo un senso ma una vera bellezza. Non si tratta di metterle in avanti come dei trofei di guerra ma di integrarle all’opera d’arte della nostra vita. Grazie a loro possiamo imparare, crescere e a volte cambiare. D’altronde, le fessure che vengono riempite d’oro diventano delle zone molto resistenti. Sono quindi delle opportunità per rinforzarci. Il messaggio che spero di far passare è di non lasciare le nostre paure trattenerci perché il peggio che può succedere è di cadere. Se cadiamo, ci rialziamo, curiamo la ferita e continuiamo il nostro cammino arricchiti da una nuova esperienza. Una foglia d’oro sulle crepe di ceramica piuttosto che un oggetto liscio, perfetto ma senza personalità.

Il titolo del libro, Ali o radici, è particolarmente evocativo. Come ha scelto questo titolo e cosa rappresenta per lei?

Quando ero adolescente c’era una trasmissione alla televisione francese che si chiamava “Des Racines et des Ailes”. In ogni puntata, si scopriva un posto in Francia esplorando particolarmente gli aspetti culturali e tradizionali. L’avrò guardata qualche volta ma mi ricordo che subito mi aveva colpito il titolo, probabilmente perché risuonava con la ragazza che cercava già all’epoca le sue radici. Volevo così tanto appartenere a un gruppo ma al tempo stesso sognavo di viaggiare e di scoprire il mondo. Quest’abisso tra la sedentarietà che mi avrebbe forse aiutata ad essere come gli altri e la sete di fare le proprie esperienze non ha mai smesso di crescere. Alla fine, ho imparato ad accettarmi come ero, senza etichetta. C’è comunque una differenza tra “Ali e Radici” e “Ali o Radici”. Per spiegare la scelta di questo “o” devo tornare ancora più indietro nel tempo. Alle elementari, per sviluppare la logica, ci facevano fare i diagrammi di Venn. Due cerchi, per esempio uno che rappresenta il colore rosso e l’altro i fiori si intersecano e formano una zona di elementi in comune (i fiori rossi) che illustrerebbe la congiunzione e. La congiunzione o è molto più inclusiva perché comprende il contenuto di ogni cerchio più la zona comune. Ed è proprio quello che volevo simboleggiare. Ci sono momenti per aprire le ali e altri per consolidare le radici. Ma ci sono anche momenti in cui ali e radici possono coesistere, momenti in cui paradossalmente le ali nutrono le radici. Quello che ho imparato fuori nel mondo mi ha permesso di fermarmi e di crescere in profondità.

Attraverso il suo libro, ha viaggiato fisicamente e simbolicamente. Quale dei due percorsi l’ha segnata di più, e perché?

Il gruppo Aerosmith nella canzone Amazing canta “Life is a journey not a destination”. La vita è un viaggio, non una destinazione e risponderò a questa domanda usando la vita come viaggio simbolico. Come scrivevo già nella risposta precedente, quello che ho imparato fuori nel mondo mi ha permesso di fermarmi e di crescere in profondità. Il viaggio in America del Sud all’età di diciannove anni: ho capito che non sapevo cosa fare della mia vita. Realizzare questo mi ha portata in India dove sono entrata in contatto con la mia spiritualità: questo mi indirizza verso una via professionale (la medicina cinese). La medicina cinese a sua volta mi ha portata in Australia: qui ho preso consapevolezza di sentirmi europea nonostante il fascino che provavo per l’Asia. Il bisogno di unire dentro di me l’occidente con l’oriente, per lo meno professionalmente mi ha poi spinta a diventare ostetrica. L’amore per un uomo mi ha poi portato sette anni in Romania. Ed è la rottura di questo stesso amore che mi ha fatto fare il più grande salto della mia vita: quello di aspettare, ascoltare, meditare, pazientare. Seguendo questa catena di eventi dove ogni cosa porta a un’altra, ho scelto una casa dove radicarmi. Direi quindi che nella mia vita non c’è stata dissociazione tra il viaggio fisico e il viaggio simbolico. Tutto è viaggio, tutto è un’opportunità di crescita.

Grazie, Claudia, per aver condiviso con noi il suo viaggio e le riflessioni che lo hanno accompagnato. Ali o radici: Due viaggi paralleli è molto più di una lettura: è un’esperienza che invita a guardarsi dentro e a esplorare il mondo con occhi nuovi. Invitiamo i nostri lettori a scoprire questo libro e a lasciarsi ispirare dalle sue pagine. Continuate a seguirci per altre interviste e storie che fanno volare alto l’immaginazione. Grazie per essere stati con noi!

Lascia un commento