Benvenuti sul blog del Gruppo Albatros! Oggi siamo entusiasti di presentarvi Federica Sforazzini, autrice del romanzo “La traduttrice”, un’opera che ci trasporta nel cuore degli anni Venti americani, proprio alla vigilia del crollo di Wall Street. Attraverso le vicende di due sorelle, Regina e Rosalinda, il libro intreccia in modo avvincente temi come amore, tradimento, ambizione e crisi economica, sullo sfondo di una società in fermento, tanto in America quanto in Europa. Scopriamo di più su questa storia e sul processo creativo che l’ha ispirata, direttamente dalle parole dell’autrice.
Federica, “La traduttrice” ci porta in un periodo storico cruciale, quello del crollo di Wall Street. Cosa ti ha spinto a scegliere questa ambientazione e quali sono state le tue principali fonti di ispirazione?
Personalmente ritengo il crollo del ’29 una delle cause principali del secondo conflitto mondiale e della sua risoluzione: affamata da una crisi post-bellica acuita dalle pesanti sanzioni sancite dal trattato di Versailles, ma anche sostenuta finanziariamente dagli Stati Uniti fino al 1931 con i piani Dawes e Young, la Germania non avrebbe mai democraticamente eletto un leader politico che di questa condizione capestro ha fatto il suo mezzo propagandistico, se il Black Tuesday non avesse imposto l’interruzione di questi sostegni lasciandola alle prese con il peggior scenario deflattivo della sua storia; nello stesso tempo, l’America di Franklin Delano Roosevelt faticava a vedere i benefici promessi dal New Deal che non ha prodotto risultati, di fatto, prima dell’intervento armato in Europa. In altre parole, trovo il Grande Crollo sottovalutato dalla storiografia e questa sottovalutazione mi ha sempre affascinata ponendomi dubbi ulteriormente alimentati dalla scarsità di materiale bibliografico sull’argomento, al quale soltanto John Kenneth Galbraith aveva dedicato uno studio esaustivo (The Great Crash) che ho letto con tale foga da chiedermi se i fatti evocati dal noto economista non si prestassero a fare da sfondo a una storia d’amore e soprattutto se di amore si potesse parlare nelle alte sfere della finanza e dell’accademia, dell’industria e della politica, dove poi, in tutta risposta, mi sarei infiltrata con il mio romanzo.
Le protagoniste del romanzo, Regina e Rosalinda, vivono esperienze molto diverse ma legate da un filo comune. Come hai costruito i loro personaggi e cosa rappresentano per te?
Regina e Rosalinda sono ispirate a donne realmente esistite in quegli anni, alle quali, come ho specificato, ho dedicato il mio romanzo. Non ci sono due uniche donne per le due sorelle, ma una discreta moltitudine (tra professioniste, giornaliste, intellettuali, broker, assistenti universitarie e atlete) condensata in Regina e Rosalinda che rappresentano, ai miei occhi di osservatrice di un secolo inizialmente più sessista di altri, il riscatto da una condizione di emarginazione dalla quale era particolarmente difficile emergere se non si proveniva da una famiglia illustre o non si possedeva un temperamento stimolato proprio dalle restrizioni dell’epoca. Regina e Rosalinda provengono, di fatto, da una famiglia illustre, ma hanno anche due personalità che nel contrasto sociale si trovano a proprio agio: Regina si muove con una certa disinvoltura in un ambiente accademico a trazione e a maggioranza maschile, accusando unicamente l’aggressività della seduzione di Gianni perché di lui si innamora, ma nelle precedenti esperienze ai limiti della molestia e di fronte al dispotismo del suo professore non si lascia minimamente intimidire; Rosalinda, temprata dal sangue che aveva visto scorrere ai tempi della sua collaborazione al Corriere Padano, affianca Ben nel suo disperato tentativo di scongiurare il Black Tuesday confondendosi con le broker del New York Stock Exchange che, durante la sua unica incursione a Wall Street, osserva con comprensibile ammirazione. Entrambe, quindi, custodiscono il coraggio e la tenacia che molte donne dell’epoca hanno avuto nonostante la storiografia esiti tuttora a riconoscerlo.
Il libro esplora temi universali come il potere, l’amore e il tradimento. Qual è stato il più difficile da affrontare in termini narrativi e perché?
Ogni romanzo degno di questo nome esplora temi universali ed eterni che sono per definizione difficili da rappresentare, non tanto per la distanza che ci può essere tra l’autore e il tema stesso, (come il potere che personalmente, a differenza di alcuni dei miei personaggi, non ho mai avuto), ma per il concetto che in termini narrativi si vanifica subito se non inserito nella dialettica dell’intreccio. Mi spiego meglio: Gianni tradisce Ida (la sua fidanzata) con Regina, ma è vero tradimento se di lei, come sembra, s’innamora perdutamente mettendo a rischio la sua carriera e il patrimonio che lo aspetta? E ancora: cosa se non un’ambizione sfrenata può aver scatenato l’ascesa e il tracollo di un impero finanziario senza precedenti e come è possibile rappresentarlo se non documentandosi fino a immedesimarsi nei protagonisti che quel giorno, volenti o nolenti, hanno scritto la storia? In generale, più un tema è lontano da me e più m’intriga.
Oltre alla trama avvincente, il romanzo sembra avere una forte base di ricerca storica. Quali sono stati i passaggi più complessi durante la documentazione per questa storia?
Il mio intento era scrivere un romanzo storico imperniato sul Grande Crollo: la documentazione che mi si prospettava quindi riguardava la storia quanto l’economia e per me che non sono né una storica né un’economista, ogni atto compiuto dai miei personaggi, dalla prima all’ultima pagina, andava vagliato su entrambi i fronti, al fine di evocare un contesto storico ed economico che spiegasse plausibilmente come un impero finanziario della capienza di Wall Street sia imploso in un solo giorno. In altre parole, il mio romanzo finisce laddove inizia la documentazione più abbondante, relativa cioè alla Grande Depressione che, a differenza del Grande Crollo, è stata molto corteggiata dalla storiografia. Non così il Black Tuesday e i giorni che lo hanno preceduto, liquidati spesso come inevitabili contraltari della speculazione degli anni Venti. Una versione che non mi ha mai convinta: in quei giorni, dal Black Thursday al Black Tuesday, ma anche nel mese precedente, ho scelto di ambientare la mia storia condensandola in poche scene, che ho fatto poi convergere nel giorno più rovinoso del ventennio americano.
Infine, se dovessi scegliere un messaggio che i lettori dovrebbero portare con sé dopo aver letto “La traduttrice”, quale sarebbe?
Direi che alla luce di quello che è successo quel giorno, potremmo tutti riflettere su quanto la smania di arricchirsi a tutti i costi (purtroppo ancora attuale) possa rendere più infelici che felici.
Grazie, Federica, per averci regalato questa visione così approfondita del tuo lavoro e di “La traduttrice”. Un romanzo che, con il suo intreccio di storia, emozioni e riflessioni, ha molto da offrire ai lettori di ogni età. Invitiamo tutti a scoprire questa straordinaria opera, immergendosi in un viaggio nel tempo che tocca il cuore e la mente. Restate connessi per altre interviste esclusive sul blog del Gruppo Albatros!
