GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: L’utopia. Possibilità e limiti – Fabrizio Tarquini

Oggi abbiamo il piacere di dialogare con Fabrizio Tarquini, autore del saggio “L’utopia. Possibilità e limiti”, una riflessione approfondita che riprende i temi già affrontati nel suo precedente lavoro “A proposito di ideologia e post ideologia”. In questa sua ultima opera, Tarquini esplora il concetto di utopia, analizzando sia le possibilità concrete che essa offre, sia i limiti che inevitabilmente emergono quando si cerca di realizzarla. Tra fratellanza e uguaglianza, il suo saggio ci invita a riflettere su questioni che hanno da sempre accompagnato la storia del pensiero politico e sociale. Scopriamo insieme cosa si cela dietro a questa stimolante riflessione.

Nel suo saggio “L’utopia. Possibilità e limiti” riprende e approfondisce alcune tematiche del suo precedente lavoro. Quali sono gli elementi chiave che uniscono i due testi e come è nata l’esigenza di una continuazione?

L’elemento chiave del primo testo è che i contenuti dell’ideologia che si è sviluppata nel 1800 erano già presenti non in correnti di pensiero, che ovviamente non esistevano perché non potevano esistere, ma in singoli autori. Ossia non a livello collettivo ma individuale. Quelli menzionati sono stati san Benedetto da Norcia con la sua regola, Tommaso Moro con la sua opera da cui è derivata la parola, Thomas Muntzer, Alessandro Manzoni, Tommaso Campanella con “La città del sole”, l’abate Mably francese del 1700 e praticamente contemporaneo Morelly anch’egli francese con “Il codice della natura”, Senza menzionare Platone soprattutto con “La repubblica”. Oltre al pensiero le realizzazioni pratiche per le quali mi sono limitato, perché sarebbero di più, a quella de “Gli atti degli apostoli” dell’evangelista Luca, in quanto autore del terzo dei Vangeli, riguardante la prima comunità costituitasi a Gerusalemme dopo la scomparsa di Gesù e le missioni sorte soprattutto in Paraguay e Brasile nel periodo della colonizzazione da parte dei gesuiti e i kibutz la cui prima costituzione risale al 1910.

Il concetto di utopia è stato spesso considerato irrealizzabile o addirittura pericoloso. Qual è, secondo lei, il valore attuale dell’utopia e come possiamo interpretarla nel contesto sociopolitico contemporaneo?

L’esigenza della continuazione per esporre oltre alla realizzabilità di essa, presente nel primo testo, aspetti inediti di questa. L’utopia non è utopia per così dire, non soltanto perché è appunto pienamente realizzabile, ma anche perché le sue finalità non sono mai state assolutamente o almeno propriamente ciò che si è con molta leggerezza e superficialità immaginato. Di conseguenza l’utopia non ha un valore attuale, né futuro, né posteriore, Essa è per me ciò che almeno in astratto, in linea puramente teorica, ci doveva sempre essere. La cosa che non c’è stata ma poteva benissimo esserci dall’inizio. La cosa che è sfuggita, che si è dispersa sin da subito, che non è stata percepita, della quale non ci si è accorti, che ci si è lasciati sfuggire, ma che è stata sotto i piedi, accanto a noi. Per questo sono da considerare nel testo le citazioni relative a Rosseau, la relazione all’accademia di Digione del 1754 su tema da questa proposto e cioè “Qual è l’origine della disuguaglianza tra gli uomini? E questa è autorizzata dalla ragione?” e specificatamente l’inizio della seconda parte. E la citazione, presente anche nel primo scritto, del film del 1956 “I dieci comandamenti”, “l’uomo dominò sull’uomo”, e in questo secondo dove viene menzionata anche “L’apocalisse” di san Giovanni.

Nel suo saggio parla di fratellanza e uguaglianza, concetti che hanno un profondo significato storico e politico. In che modo questi ideali si inseriscono nella sua analisi dell’utopia?

Fratellanza e uguaglianza sono, sarebbero appunto l’utopia, il suo contenuto e le sue finalità. Nello scritto parlo delle rivoluzioni del 1600 e 1700, inglese, americana e soprattutto francese e a proposito di questa cito il primo articolo della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” facendo presente che i termini di libertà e uguaglianza sono presenti in esso e poi ricordo la triade “Libertà, uguaglianza, fraternità”.

Nella seconda parte del libro esplora i limiti dell’utopia. Quali sono i principali ostacoli che, secondo lei, impediscono la realizzazione di un’utopia concreta nella società moderna?

Non ci sono limiti in quanto questi sono determinati dall’inconsapevolezza e da quello che si può definire un retaggio storico culturale. Storico in quanto nella storia ha prevalso nettamente il sistema privatista e classista e culturale, intendendo con questa parola principi, valori, idee, forma mentis, poiché in conseguenza di questo è stato prevalente in eguale misura il retaggio che a questo tipo di sistema, a vario titolo e in varia misura, si collegavano.

Come si collega il suo lavoro sul concetto di utopia con l’idea di post-ideologia che ha trattato nel suo precedente saggio? Crede che ci sia ancora spazio per le ideologie nel mondo attuale?

Innanzitutto, sia il socialismo che il comunismo come scrivo nel testo sia considerato nel senso lato che ha il suo etimo in comune, da cui comunione, comunità, sia in quello più specificatamente ideologico di marxismo per me non è propriamente ideologico. Nel precedente testo nella parte conclusiva mi sono soffermato sui bisogni, facendo presente che essi sono insiti nell’uomo, nell’essere umano in quanto tale, sia di sesso maschile che femminile, in quanto entità finita e imperfetta. Finita nel senso di mortale in quanto non divina e non essendo di questo tipo la sua natura è di conseguenza imperfetta. Perciò qualunque sia la regola, il criterio adottato e seguito questi non hanno a che fare con l’ideologia, Cioè, sia che si adotti e si seguano quelli del socialismo, a ciascuno secondo il lavoro, e successivamente del comunismo, a ciascuno secondo i bisogni, sia che non siano seguite regole specifiche, i bisogni esistono. Sono, cioè, incardinati, incorporati nell’essere umano in quanto tale. Non sono, cioè, un optional, un hobby, qualcosa che si è deciso di fare.  Ossia non sono uno svago, un diletto, un passatempo, ma una necessità. Scrivo appunto che “l’uomo senza bisogni non esiste”. In quanto non sarebbe uomo ma qualcosa di diverso, un’entità eterea, puramente spirituale. I bisogni sono perciò qualcosa che prescinde dall’ideologia in quanto tale, ripeto sia che si intenda seguire regole precise, specifiche, sia che non sia seguita nessuna regola, La fine dell’ideologia è una mistificazione perché non solo continua ad esistere il sistema privato, ma ci sono il “liberismo”, non in astratto ma in concreto, attualmente l’Argentina di Miley, i “nazionalismi”, i “populismi”, i “sovranismi” fino al neo fascismo e al neo nazismo.

Grazie mille, Fabrizio, per averci offerto questa interessante riflessione su un tema tanto affascinante quanto complesso come l’utopia. Il suo saggio ci invita a guardare oltre i confini del realizzabile, esplorando le possibilità e i limiti di un ideale che, seppur considerato irraggiungibile da molti, continua a ispirare il pensiero e l’azione di chi crede in un futuro diverso. Siamo certi che il suo contributo stimolerà molti lettori a riflettere su questi temi fondamentali.

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