Sono trascorsi venticinque anni da quando Fabrizio De André ci ha lasciato, ma il suo ricordo e la sua musica rimangono più vivi che mai. Innumerevoli sono stati i saggi, le biografie e le analisi dedicate al cantautore genovese, ma l’interesse intorno alla sua figura continua a essere inesauribile. Nel suo libro “Fabrizio De André: all’ombra dell’ultimo sole”, Michele M. Figliuzzi esplora le ragioni di questa passione duratura, portando alla luce aspetti inediti della vita e dell’opera di De André. Oggi abbiamo il piacere di parlare con l’autore per scoprire cosa rende questo libro unico e come la musica di De André riesca ancora a toccare le corde più profonde dell’anima umana.
Come è nata l’idea di scrivere questo libro su Fabrizio De André e quale aspetto della sua figura ti ha affascinato di più durante la ricerca?
PRIMA di risponderti sulle mie motivazioni che mi hanno spinto a scrivere questo piccolo saggio, vorrei soffermarmi, sulla scrittura in generale. E dunque mi sono chiesto perché ad un certo punto della vita, molte, moltissime persone sentono la necessità di scrivere? In altre parole, perché si decide di scrivere? Per vanità. La prima motivazione che mi viene in mente è che si scrive per dare sfogo alla propria vanità e per soddisfare il nostro narcisismo e metterci al centro dell’attenzione. Si può scrivere, come sostengono alcuni psicologi, per guarire sé stessi perché, per molti, scrivere è una sorta di terapia. Scrivere può essere catartico, può aiutare a vincere le paure, a sentirsi liberi, al proprio posto. Certe volte scrivere diventa un’esigenza, una vera e propria necessità personale. Nessuno ce lo ha chiesto, o almeno, è raro che capiti, ma scriviamo perché non ne possiamo fare a meno. C’è qualcosa di non controllabile, che si mette fra una nostra idea che abbiamo cullato dentro di noi da sempre, remota, profonda, che spinge per uscire fuor i e il vivere quotidiano, dapprima con esitazione, poi in modo sempre più imperativo, fino a non poterne più fare a meno. Per lasciare un’eredità. Man mano che cresciamo, nasce in noi la voglia di lasciare la nostra, anche piccola, e allora scrivere diventa un modo per mettere su carta la nostra “eredità”. Perché abbiamo un messaggio da condividere. Certo, tutti abbiamo qualcosa da dire; un qualcosa che ha segnato profondamente la nostra esistenza, e vorremmo consegnarla a quante più persone possibili. In ogni caso, scrivere è un atto di coraggio e di fiducia. Chi scrive, rivela sé stesso. Per quel che, invece, riguarda me, posso dirti che il senso di questo manoscritto sta in ciò che FDA è stato per me, per la mia formazione culturale, sociale, educativa, e morale. Lo definirei un nutrimento costante dell’anima e dello spirito. Oggi, a venticinque anni dalla sua morte, ho sentito invece quasi, come un dovere, di scrivere quello che per me è stato FDA, ciò che mi ha dato con le sue canzoni, con le sue parole, che mi hanno fatto attraversare le varie categorie dell’anima, mi hanno parlato di amore, dolore, solidarietà, compassione, morte e perdono, e del grande mistero della vita, e quindi in qualche modo di ricambiare, sebbene in maniera assolutamente imparagonabile, tutto quel mondo di emozioni, di insegnamenti, di cultura, di valori, di umanità che FDA mi ha regalato in circa mezzo secolo, di MUSICA E PAROLE. In definitiva, questo scritto vuole essere ed è il mio personale GRAZIE ad un artista straordinario che, attraverso le sue opere e i suoi personaggi e la sua VOCE, non solo ha regalato emozioni fortissime, ma ha veicolato sulla sua “cattiva strada” messaggi di denuncia sociale, mettendo in piazza le ingiustizie, dando voce ai disperati, agli ultimi, costringendo, obtorto collo, la gente “per bene” a riflettere sul senso della vita. La cosa che più mi ha affascinato è stata la su estrema coerenza di uomo e di artista vero, che ha cercato in ogni modo di essere libero, con uno stile narrativo privo di autocompiacimenti. Riservato, schivo, ha sempre rifiutato le comodità del successo, cercandosi sempre le strade più impervie, ma coerenti con il su pensiero. E anche nella sua vita privata ha mostrato una coerenza ed un coraggio, che non si riscontra in nessun altro artista.
Nel tuo libro viene presentata un’intervista inedita a Mauro Pagani. Cosa ha portato questa collaborazione alla tua comprensione di De André?
Intanto c’è da dire che l’intervista del 2004, quindi a meno di 5 anni dalla morte di Fabrizio, quindi i ricordi, di Mauro, erano recenti, nettissimi, limpidi, senza nessuna sovrastruttura o velati dal tempo. Mauro Pagani è stato il più importante collaboratore di Fabrizio De Andrè. È stato una specie di alter ego di Fabrizio. La loro collaborazione è durata per più di 10 anni, ed ha portato, come tutti sanno, alla realizzazione di quel disco straordinario e unico che è Creuza De Ma. Pagani, ha condiviso per anni la vita professionale con Fabrizio, si soni conosciuti profondamente, anche come uomini, non solo coma artisti. Quindi, ascoltando Mauro Pagani, in qualche modo, si ascolta De Andre. E si comprendono, molte cose, della storia artistica ed umana di FDA. Intervistato M.P., è stato come vivere FDA DAL DI DENTRO. Le narrazioni, i ricordi, gli aneddoti che mi ha confidato M.P. MI HANNO ancora di più catapultato, nell’opera di FDA, rivelandomi aspetti sia della vita che delle opere di FDA, CHE NON MI ERANO CHIARE O che non riuscivo a capire.
Fabrizio De André è un artista che ha saputo parlare a generazioni diverse. Secondo te, quale dei suoi messaggi è più attuale oggi?
Così come ho scritto nel libro, FABRIZIO DE ANDRÉ è una figura GIGANTESCA nel mondo della musica, ma in generale, della cultura italiana. Basta pronunciare il suo nome per suscitare rispetto assoluto, infinita ammirazione, e farci smuovere l’anima, toccando e facendo vibrare le corde dei sentimenti più profondi di ognuno di noi. Il patrimonio di canzoni, parole e musica che FDA ci ha lasciato è vastissimo, di profilo altissimo e intreccia tutte le tematiche esistenziali del genere umano. De André, infatti, ha raccontato l’Italia dalla morte di Tenco e Pasolini al dramma delle minoranze zingare, palestinesi, sioux, le storie delle vittime della società borghese, la stagione ricca e tragica del maggio francese e delle bombe italiane, fino alla squallida epopea di Raffaele Cutolo e dei vari mafiosi e tangentisti italiani degli anni ottanta e novanta. il messaggio che ci lascia è molto chiaro. Ovvero l’attenzione alle miserie degli ultimi della terra, la presa in carico delle situazioni di marginalità alle quali dare voce. “Scegliere il punto di vista dei miserabili. Messaggi e valori che veicolava attraverso le sue poesie-canzoni, per migliaia e migliaia di quelle persone, considerate ultime, povere, disperate e sole, abbandonate, emarginate, vituperate e offese, insomma gli ultimi della terra, i dimenticati, i miserabili. Insomma, tutta quella moltitudine di persone che “viaggia in direzione ostinata e contraria, con il suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti, muove gli ultimi passi, per consegnare alla morte una goccia di splendore… di umanità… di verità…”. Quindi, qual è il messaggio che ci lascia a noi e alle future generazioni? Il suo messaggio è contenuto tutto nella sua immensa opera, che è un vero e proprio codice per interpretare il mondo. FDA ci lascia il suo amore. ci lascia un faro illuminato sul male di vivere e sulla fragilità umana. sulle categorie più profonde dell’anima. ci lascia la sua indignazione, la sua voce alta, potente contro ogni ingiustizia e sopruso. ci lascia il grido di dolore dei disperati, ci lascia l’invito perenne di non lasciare la pietà in tasca… e di non essere uomini con il cuore a forma di salvadanaio… ben sapendo… che non siamo niente… siamo solo destini in attesa di capitare.
Quali sono stati i maggiori ostacoli che hai incontrato nella scrittura di questo libro e come sei riuscito a superarli?
Le maggiori difficoltà nello scrivere il libro erano tutte impresse nel mio cuore e nel mio cervello. Mi spiego. La maggiore difficoltà è stata convincere me stesso, che io potevo arrogarmi il diritto di scrivere di FDA. Avevo paura di distorcere il suo pensiero, di non rendere bene il suo messaggio, di interpretarlo, di mediarlo, insomma di stravolgerlo, finendo con lo scrivere sul manoscritto il ‘’MIO ‘’ PENSIERO SU DE ANDRE’ E NON IL SUO! E per superare questa conflitto, e convincermi che potevo osare ci ho messo 25 anni! Non ho avuto altri generi di difficoltà, superate le barriere delle mie incertezze e delle mie paure non c’era più niente e nessuno che potesse fermarmi.
Pensi che ci siano ancora aspetti della vita o della produzione di De André che rimangono inesplorati? Se sì, quali?
Beh, a riguardo, io credo che ci siano ancora molti aspetti dell’opera di De Andrè che rimangono inesplorati. FDA raggiunge una cifra poetica così elevata. Nelle sue canzoni richiama e saccheggia tante e smisurate opere musicali e letterarie, che spesso sono inserite tra le righe dei suoi versi, quasi nascoste all’ uditore. Mi riferisco alle centinaia di citazioni e di riferimenti che andrebbero indagati perché svelerebbero altri ulteriori orizzonti dell’immensa opera di FDA e non è detto, che ho questo appena detto, non possa essere il mio prossimo naufragio sull’isola di Faber.
Ringraziamo Michele M. Figliuzzi per aver condiviso con noi il suo viaggio alla scoperta di Fabrizio De André. Attraverso il suo libro, ci ha offerto uno sguardo profondo e riflessivo su un artista che continua a ispirare e commuovere, nonostante il passare del tempo. La musica di De André, con la sua straordinaria capacità di raccontare l’animo umano, resta un faro nella cultura italiana e internazionale. Invitiamo i nostri lettori a scoprire “Fabrizio De André: all’ombra dell’ultimo sole” per immergersi ancora una volta nelle parole e nelle note di un cantautore che ha fatto la storia.
