Siamo lieti di avere oggi con noi Gianfranco Santaguida, autore del libro “Ellìt VieMme. Le belle Statuine”. In questo affascinante racconto, ci trasporta in un mondo incantato, dove la vita di un estroso panettiere, il signor Vito, si intreccia con quella di una misteriosa statuina chiamata la “Guardiana” dei sogni. Ambientato nel pittoresco villaggio della regione di Diamante, il libro ci offre uno sguardo sulle avventure e le stravaganze di Vito e della sua fedele cagnetta Billa. Scopriremo insieme cosa ha ispirato questo racconto e cosa si cela dietro le magiche storie di artigiani e mercati fiorenti.
Come è nata l’idea per il personaggio del signor Vito e quale significato ha per te?
Se ben ricordo cercavo un nome, particolare, che avrebbe attecchito bene con il personaggio dandogli un sapore esperto e, tutto questo, doveva abbracciarsi con l’ambiente che doveva incorniciarlo. Doveva, infatti, recare con sé un bel po’ di “profondità”. Poi, mentre stendevo le idee, pensai di pigliare qualcosina anche dal mio lavoro; lavoro che mi consente tuttora di mantenermi economicamente. Lavoravo, infatti, con un tale: il signor Vito Giuffrida; (marito perfetto della singolarissima Ina Giuffrida) un tipo unico nel suo genere, un cuoco. Con lui, spesse volte, fra le pause lavorative, parlavamo di molte cose: Fede; società; Ferrari; economia… Una mente raffinata, a suo modo. Ricordo, di ritorno da uno dei miei viaggi a Lourdes, che gli regalai un braccialetto; penso lo indossi ancora… Sebbene non fosse proprio un panettiere mi spiegò su alcuni segreti relativi ad alcune tradizioni siciliane: “il fuoco dell’Etna”; per esempio. Riuscì, a ogni modo, a scippargli il nome riconducendomi alle sue origini e ad alcuni suoi modi di fare. Il personaggio di per sé non gli somiglia granché. Il signor Vito del racconto è una specie di soldato, a modo suo, è una roccia cocciuta e un severo professionista di se stesso: un uomo all’antica; ma anche un giocherellone. Precisamente così lo volevo… senza nulla togliere all’originale.
La statuina “Guardiana” dei sogni è un elemento chiave nel tuo racconto. Puoi raccontarci come è nata questa figura e cosa rappresenta per il villaggio?
La “necessaria” Bella statuina è una figura ornata di belle sfumature. È pertanto guardiana dei sogni per chi sogna: in tal caso i bambini; è scultorea per chi interpreta la vita senza potersi permettere la gioia di colorarsela d’immaginazione: difatti completamente “dipinta” di bianco; è, poi, vestita di sole, e tutt’altro che immota, per chi riesce a evitare ostacoli… come un fatto tangibile: ad esempio il fatto stesso che una statua sia fatta di marmo, di gesso o di pietra; colui che va oltre interpreta, non si impantana. La purezza di cuore, in tal senso, è una delle chiavi di lettura (si alleghi qui la figura del signor Vito con tutta la sua puerile ingenuità) per escogitarsi in modi attivi nelle possibili concessioni che si otterrebbero guardando un punto fisso da diverse angolature. Ma, per darsi a tanto, bisogna muoversi con leggiadria: propria dei puri di cuore. Questa, per il villaggio, è inizio e fine: fine intesa come compimento. È colei che sorveglia ma non modifica direttamente. È il centro della questione Ellìt VieMme che contribuisce alla formazione della comunità di Diamante ma, che è anche: motivo di scandalo per le regioni limitrofe. La “purezza”, in tal senso ancora, sconvolge le idee di colui che puro non è e viceversa. Un po’ come il pane del signor Vito. La purezza pertanto, una volta assaggiata, sminuisce di gran lunga tutti gli altri sapori “chimici”. Chi ha orecchio, insomma, intenda.
Nel libro si parla di mestieri artigianali e tradizioni. Quanto è importante per te il legame con queste antiche professioni e come hai voluto rappresentarle nella tua opera?
L’onorevole mestiere manuale, – che comporta tutta una esemplare levigazione della persona stessa, dove il tempo impiegato non può che essere una questione di amorevole dedizione…, per la tradizione che vien così mandata e tramandata -, rischia di estinguersi: “nelle regioni intorno a Diamante”; semplicemente una faccenda inconcepibile per gli stessi Diamantini che sanno precisamente da dove vengono e qual sarebbe il loro posto… Difatti, ce l’hanno costantemente davanti questa forma di promemoria: La Bella Statuina! Per me, la perdita di questi valori, significa compromettere volontariamente le origini. Una pianta sarà sempre spaesata lontana da quella che fu stata la sua “culla”, la prima terra insomma. Perdere il sapore della memoria è abbastanza grave, secondo me. E, sempre secondo me, il pane più buono è sempre stato quello fatto in casa, a mano nuda, e cucinato nel forno a legna. Certo, anche in tal senso, la onesta intenzione di chi impasta è il miglior condimento. Questo, il signor Vito, lo sa benissimo da sé… e continuerebbe ad esserne consapevole anche qualora si tentasse di “inculcargli” una spiegazione differente: di profitto o di comodità; lui, semplicemente, non capirebbe.
La cagnetta Billa è una presenza costante accanto al signor Vito. Come mai hai scelto di affiancare al protagonista un animale così particolare?
Billa è il nome della cagnetta che è appartenuta a mia nonna. Io, e mio fratello, da piccoli, trascorrevamo molto tempo insieme. La povera Billa era spesso in balia dei nostri capricci – ogni tanto anche mia nonna lo era -. Spesse volte doveva recitare diversi ruoli: forse un cavallo; forse una renna o chissà quant’altro ancora. Era molto gentile e docile. Abbaiava raramente ma… non quando mia nonna doveva farle il bagno. Che poi bagno non era perché la lavava con una pompa, lunghissima, così da poterla colpire con il getto da qualunque posizione. Una volta, ricordo ancora, mia nonna volle darla via. Affidandola, quindi, ad un contadino. Noi ne soffrimmo molto. Ma lei, cocciuta come il personaggio del racconto, riuscì ad eludere ogni sorveglianza ritrovando straordinariamente la strada di casa. Fu bellissimo ritrovarla da un momento all’altro. Tuttavia, nonostante le nostre colorite marachelle ed i nostri più congegnati esperimenti, era molto attaccata a noi… E non mancava mai di venirci a svegliare al mattino. Oppure, sentendoci entrare dal cancello, non mancava mai di grandi festeggiamenti fatti di mugolii e scodinzoli… fino alla fine. Poverina. Una grande maestra, una grande educatrice. Sempre paziente, sempre timorosa di deluderci. Così, per ritornare al personaggio del racconto, trassi la sua figura e la mischiai a quella di Luna: un pastore australiano, se non sbaglio, altrettanto particolare; questa vive con mio fratello: nel senso proprio che vive per lui e per la sua compagna. Luna è intelligentissima. Riconducendomi dunque, alla Billa del racconto, ho pensato subito che Vito dovesse essere accostato ad un animale, così come Maria, la pasticcera del villaggio, è accostata alla gatta Inessa. È stato facile inserire Billa, dunque… Una cagnetta tuttofare di fianco al “disordinatissimo” Vito. I due camminano insieme, sempre nella stessa direzione. Dormono nella stessa stanza, pensano nella stessa maniera e si completano. Caratteristiche essenziali al fine della comprensione di entrambe i ruoli: la dedizione al lavoro; la fedeltà; la pazienza. Lui è un panettiere, lei una pastorella. E, dove è Vito è Billa… anche nei sogni.
Quali messaggi o riflessioni speri che i lettori traggano da “Ellìt VieMme. Le belle Statuine”?
Onestamente spero che si traggano riflessioni, appunto. Il racconto è, fondamentalmente, una forma di: seria favola. Pertanto, ho cercato di insaporire la narrazione di immagini fiabesche in maniera da far pensare al lettore di saper ancora immaginare, come farebbe un bambino, ma anche di poter interagire con se stesso in maniera adulta e responsabile. Spero si traggano certe riflessioni. Spero, azzardando un po’, di invogliare a voler comprendere quanto essenziale sarebbe far funzionare unilateralmente: mente, cuore e ventre; così come quando si prepara il pane per i propri cari… Finché, con questi elementi allineati, si potrebbe voler anelare alla medesima, unica e indispensabile: “scienza dell’amore”; di gran lunga più potente di qualsiasi altra logica o scienza…!
Ringraziamo Gianfranco Santaguida per averci accompagnato in questo viaggio nel mondo di “Ellìt VieMme. Le belle Statuine”. Il suo racconto ci ricorda l’importanza dei sogni, delle tradizioni e delle piccole cose che rendono la vita straordinaria. Vi invitiamo a immergervi nelle pagine di questo libro, dove il signor Vito, la sua fedele cagnetta Billa e la “Guardiana” dei sogni vi aspettano per portarvi in un universo di avventure e magie.
