GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: Leggeri come fiori di melo – Martina Ciprandi

Benvenuti nel blog del Gruppo Albatros. Oggi abbiamo il piacere di ospitare Martina Ciprandi, autrice del toccante romanzo “Leggeri come fiori di melo”. In questo libro, Martina ci porta in un viaggio profondo e intimo attraverso il dolore della perdita e la forza della rinascita. La storia racconta il legame speciale tra una figlia e suo padre, un legame che, nonostante le difficoltà e le ombre che la vita può gettare sul nostro cammino, rimane saldo e pieno di significato. Questo libro ci invita a riflettere sulla fragilità e la bellezza dei rapporti umani, ma soprattutto sulla capacità di trovare la luce anche nei momenti più bui.

Martina, ci racconti come è nata l’idea di scrivere “Leggeri come fiori di melo”? C’è stato un momento specifico che ti ha spinto a mettere nero su bianco questa storia?

Tutto è iniziato due anni fa. La prima volta che ho pensato di scrivere “Leggeri come fiori di melo” è stato nel 2022. Credo che ogni grande progetto abbia però bisogno dello spazio e del momento giusto per riuscire al meglio. Non era facile scrivere di una storia che mi aveva deflagrato, ci voleva coraggio. Non era facile nemmeno verbalizzare tutte le emozioni che mi attraversavano e colmare quell’inevitabile gap tra pensiero e scrittura, per preservarne l’autenticità. Per diversi mesi è rimasta solamente un’idea che mi cresceva dentro, ma a un certo punto questa iniziava a farsi spazio e a diventare anche una necessità. Il bisogno di raccontare era grande per due motivi. Il primo era di poter dare espressione al mio vissuto, raccontando un evento che ha cambiato per sempre la mia vita. Spesso mi capitava di sentirmi incompresa. Forse perché il mio percorso di elaborazione del lutto è andato diversamente rispetto a ciò che apprendiamo dai libri di psicologia. Speravo che condividendo la mia storia potessi ricevere dei riscontri diversi, forse più appaganti di quelli ricevuti fino ad allora. E poi ero una professionista del lavoro sociale e l’elaborazione del lutto era stato argomento della mia tesi triennale. Al bisogno personale, quindi, seguiva anche il bisogno di aiutare il prossimo. L’intenzione era quella di offrire alle persone che vivevano la mia stessa situazione la chiave per ritrovarsi, nella speranza di poterle aiutare e sostenere. Anche perché la mia esperienza professionale mi ha portato a credere fortemente nel mutuo aiuto, che ha il potere di creare un’energia che continuamente si rinnova. Il vero momento in cui ho creduto di poter realizzare questo progetto è avvenuto di notte. In quel periodo sognavo spesso mio padre. Quella notte, quel sogno, mi ha spinta ad attivarmi nella ricerca di professionisti che potessero guidarmi nel percorso di scrittura. Non potevo più rimandare, e quello è stato un segnale forte e chiaro.

Nel libro emerge un legame molto profondo tra te e tuo padre. Come sei riuscita a trasmettere questa connessione così intensa attraverso le pagine del tuo romanzo?

La medesima domanda che facevo a me stessa. Come faccio a trasmettere al lettore il nostro legame? Come faccio a ridurre la distanza tra le emozioni che sento e le parole che scorrono? Anche perché ci vuole coraggio a far trapelare le proprie emozioni e tutta quella verità con la massima trasparenza. A tutto ciò si è aggiunto il dolore di raccontare una storia così forte. Un dolore che mi ha accompagnata in tutto il percorso di scrittura durato circa un anno. Ed è qui che ho capito l’importanza di riuscire ad esprimere i pensieri esattamente per come mi passavano per la mente. Ho capito qui quanto questo sia pesante, ma allo stesso tempo terapeutico e di grande aiuto per se stessi. D’altra parte, mi ero quasi convinta che gli sforzi fatti per evitare che il mio libro fosse estremamente romanzato, non erano sufficienti. Del resto, come si può raccontare l’essenza di una storia così intima pensando di arrivare a più persone possibili? Resta il fatto che la nostra storia meritava spazio, e io nella condivisione credo molto. Ho deciso di intraprendere questa sfida e, arrivata a questo punto, mi sento travolta di soddisfazione, perché sono riuscita a raggiungere molte storie simili.

La perdita e il dolore sono temi centrali della tua opera. Qual è stata la sfida più grande nello scrivere di un argomento così personale e delicato?

Ho intrapreso questo progetto senza nutrire aspettative, di nessun genere. Potrei dire addirittura che egoisticamente ho iniziato a scrivere per me stessa. Ritengo che per raccontare di un vissuto così intimo e delicato la prima cosa, la più importante, sia credere in ciò che si sta portando avanti. E io ci ho sempre creduto, già da quando “Leggeri come fiori di melo” era una semplice idea. Senza fretta, ma pur sapendo che prima o poi avrei iniziato. Come detto, sicuramente la sfida più grande è stata quella di organizzare ciò che avevo da raccontare nella maniera più autentica possibile. Scrivere di una verità dolorosa, senza in alcun modo emendarne il contenuto. Questo ho ritenuto fosse il primo passaggio per essere credibile. E poi perché avrei dovuto alterarne il contenuto? In questo caso non avrei raccontato la nostra storia, bensì un’invenzione. La sfida era poi quella di non arrendermi in corso d’opera. Come detto, ci è voluto molto tempo per fare un buon lavoro, ma più andavo avanti, più mi scavavo dentro e più ripercorrevo le memorie di un passato doloroso. E, più andavo avanti, più ero impaziente di scoprire cosa ne sarebbe uscito. Ma la sfida più grande in assoluto è stata quella di accettare che ogni persona venisse a conoscenza dei fatti e sospendesse ogni forma di giudizio.

Il titolo del libro, “Leggeri come fiori di melo”, è molto evocativo. Puoi spiegarci il suo significato e come si collega alla storia che hai raccontato?

Il legame tra me e mio padre è sempre stato rafforzato dalla musica, che rappresentava il linguaggio più forte tra noi. “Leggeri come fiori di melo” è una frase di una canzone di Zucchero, Indaco dagli occhi del cielo. Quando ero piccola avevamo una cassetta perché allora non esistevano i dischi, con le sue canzoni, che cantavamo a squarciagola. A dire la verità erano tanti anni che non ascoltavamo Zucchero insieme. Ma io lo ascoltavo sempre. E crescendo mi capitava una cosa strana… Ascoltando quelle canzoni pensavo a mio padre e in qualche modo immaginavo il momento in cui non ci sarebbe stato più. Indossavo gli auricolari e quell’emozione pura sgorgava da me, e in qualche modo la cercavo. Cercavo il momento in cui avrei pianto mio padre, con la sola compagnia della musica che amavamo. Stare con quell’emozione era dolce e doloroso assieme, il pensiero della sua assenza era così forte da farmelo sentire vicino. Come se vivendo quei momenti, potessi lentamente farmi una ragione del fatto che prima o poi mi avrebbe abbandonata, com’era naturale che fosse. Come mi auto-somministrassi un rimedio omeopatico. In particolare, ogni parola di questa canzone mi riporta a lui. Mio padre aveva gli occhi del colore del cielo e per me è sempre stato tutto ciò che di buono e bello esisteva nel mondo: Sinceramente… Così leggero! Così puro, così felice. La musica era la nostra diga, quando crollò, non restò che lascare che l’acqua inondasse ogni cosa e aspettare di capire come sopravvivere.

Quale messaggio speri che i lettori portino con sé dopo aver letto il tuo libro? C’è qualcosa in particolare che desideri che rimanga loro nel cuore?

“Leggeri come fiori di melo” è un libro che, oltre a raccontare una storia, attinge anche a risorse e strumenti professionali quali libri di psicologia, ricerche in tema di elaborazione del lutto, di auto-mutuo aiuto e di condivisione. La mia storia è frutto di una analisi personale e quindi della mia elaborazione, e oltre ad aiutare me stessa, vuole aiutare anche il lettore che si trova a vivere una storia simile. Ed è qui che si radica il principio del mutuo aiuto. Questo libro non vuole dare certamente una soluzione, sarebbe folle. E’ impossibile. Vuole però portare il lettore ad esplorare in chiave diversa ciò che significa vivere le fasi del lutto. Vuole condividere un racconto in cui, probabilmente, qualcuno possa ritrovarsi. A me ha aiutato molto la lettura. Mi ha aiutato a informarmi e conoscere il tema del lutto nelle sue facce, anche perché è un fenomeno impossibile da evitare. E il vissuto di ognuno di noi è personale e varia in termini di tempo e di intensità. Ho imparato a vedere questa perdita in maniera diversa, a fare in modo che si facesse risorse di rinnovamento di vita. Distinguendo, come ci suggerisce Recalcati, tra nostalgia-rimpianto e nostalgia-gratitudine. La prima si riferisce alle memorie di un passato felice, ma pur sempre perduto e quindi, ciò che ci è stato portato via è perso. La seconda non resta imprigionata nel rimpianto ma si fa risorsa di rinnovamento della vita, attingendo a certi eventi del passato la forza per agire con più vitalità nel presente e per progettarsi il futuro. Come se fosse una forma di ereditarietà lasciata dai nostri defunti. Ed è quindi sullo sfondo dell’impossibilità del non ritorno che diviene possibile compiere il nostro viaggio di sola andata. Non siamo noi a tornare indietro, ma è il nostro passato a farci visita nel presente, fornendoci la chiave per ripartire e per affrontare l’avvenire.

Martina, grazie per aver condiviso con noi non solo la tua storia, ma anche una parte così importante di te. “Leggeri come fiori di melo” è un libro che tocca l’anima, e siamo certi che lascerà un segno profondo in tutti coloro che lo leggeranno. Ti auguriamo il meglio per il tuo percorso di scrittura e per tutti i progetti futuri. Ai nostri lettori, ricordiamo che possono trovare il libro di Martina Ciprandi nelle migliori librerie e sul sito del Gruppo Albatros. Buona lettura!

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