In questo nuovo articolo del blog del Gruppo Albatros, ci immergiamo nel mondo dei bambini affetti da autismo con Giulia Zannoni, autrice di “In punta di piedi: Oltre l’autismo”. Con un approccio moderno e ricco di esempi pratici, il suo libro si presenta come un indispensabile vademecum per genitori, educatori e professionisti del settore. Come affrontare queste sfide con metodo e sensibilità? Scopriamolo insieme in questa intervista a Giulia Zannoni.
Qual è stata la tua principale motivazione nell’affrontare il tema dell’autismo con il tuo libro?
Da 10 anni lavoro con persone con autismo. Ho iniziato con i minori di età compresa fra i 2 e i 6 anni a domicilio, in seguito ho continuato il mio percorso dedicandomi anche agli adolescenti e agli adulti. Mi sono resa conto in questi anni di quanto possa risultare importante per tutte quelle figure che ruotano intorno a questo mondo (insegnanti, educatori/trici, genitori, parenti, la società in generale) trovare un modo innanzitutto per entrare in punta di piedi nella vita delle persone con autismo accogliendo la loro unicità e soggettività personale. In una società inclusiva ritengo che tutti debbano sostenersi reciprocamente e sapersi relazionare tenendo presente che in ciò che consideriamo differire da noi possiamo trovare anche aspetti in comune. Tutti siamo unici nella nostra diversità e proprio perché unici abbiamo gusti e interessi diversi che a volte possono essere simili. Il mio obiettivo, scrivendo questo libro, era ed è quindi quello di fornire consigli pratici, partendo dalle mie esperienze affinché tutti coloro che entrano in contatto con persone appartenenti allo spettro autistico a basso, medio o alto funzionamento possano riuscire a far breccia nel loro mondo e comprendere le strategie migliori per cooperare in modo efficace.
Puoi descrivere brevemente qualche esercizio pratico che hai incluso nel libro e che ha avuto successo nella tua esperienza?
Nel libro elenco diverse modalità di insegnamento in più ambiti dalle autonomie personali come il lavarsi i denti o le mani ai requisiti prescolastici. Nell’autismo spesso si ha l’esigenza di sapere come sarà scandita la giornata, per esempio in ambito scolastico. Per questo una delle attività che ritengo maggiormente efficaci è la costruzione di un’agenda visiva che può riguardare una fascia giornaliera, l’intera giornata o l’intera settimana a seconda dell’abilità del bambino e della sua tolleranza alla frustrazione. Normalmente viene costruita in verticale e al centro viene posizionato il velcro dove andranno attaccate e staccate le PECS (un sistema di comunicazione mediante scambio per immagini). Le PECS indicano appunto sotto forma di immagini le varie attività della giornata. Allo stesso modo se una persona autistica ha difficoltà nel linguaggio è possibile costruire un quaderno delle PECS che diventerà il suo sistema di comunicazione alternativo attraverso il quale potrà anche comporre frasi e fare richieste. In particolare, in quest’ultimo caso noto una grande efficacia in quanto il non essere in grado di comunicare all’altro ciò che si desidera o di cui si ha bisogno può essere fonte di frustrazione e un sistema alternativo può prevenire un’eventuale gestione di un comportamento non socialmente adeguato.
Quali sono, secondo te, le principali sfide nel campo dell’educazione per bambini autistici oggi?
La società odierna è caratterizzata dal sottolineare ciò che non va bene o che è sbagliato, raramente ci soffermiamo a valorizzare il positivo. Anche con i bambini con autismo vediamo più facilmente i comportamenti problema ma ci capita di soffermarci e chiederci: “Quando non si comporta così?” “E quando non lo fa cosa è successo?”. Possiamo allora iniziare dal valorizzare quei momenti in cui notiamo il positivo. In ambito educativo questo risulta essere di fondamentale importanza perché sviluppa un senso di identità positiva nel bambino che non si percepirà soltanto nell’errore ma anche nelle sue qualità e doti. In ogni bambino c’è un potenziale represso che aspetta solo di essere scoperto, aspetta che qualcuno gli dia fiducia e il giusto input per potersi mostrare.
Come pensi che le metodologie moderne possano migliorare l’inclusione e l’educazione per questi bambini?
Le metodologie odierne dovrebbero considerare l’unicità di ognuno. Ad esempio, scrivendo il progetto educativo individualizzato (PEI) dovremmo tenere in considerazione che questo deve permettere al bambino di sperimentarsi, di mettersi in gioco e di tentare quel di più che possa farlo sentire realizzato e consapevole delle proprie abilità. In quest’ottica andrebbero promosse più giornate di consapevolezza sull’autismo già partendo dall’ambito scolastico in modo che all’interno del gruppo classe si possa creare una solidarietà reciproca e una collaborazione anche attraverso progetti mirati alla conoscenza e valorizzazione di tutte le unicità personali.
Cosa ti ha ispirato di più nel tuo lavoro quotidiano con bambini autistici?
Quotidianamente mi sono messa alla prova e reinventata per trovare la modalità adeguata di approccio alla relazione. Non sempre è stato facile, ma quando poi trovavo la chiave di lettura giusta mi sentivo parte di qualcosa di estremamente emozionante. L’ispirazione a volte era ed è rappresentata da semplici intuizioni, osservo molto e cerco di comprendere il bambino per come è, inizialmente è una conoscenza, un farsi accettare e trovare quel punto di contatto che permetta al bambino di avere fiducia in noi.
Concludiamo questa intervista con le parole di Giulia Zannoni, che ci ricorda con passione e dedizione che ogni individuo è unico e meraviglioso nelle sue peculiarità. La sua prospettiva inclusiva e la pratica basata sull’esperienza testimoniano l’importanza di un approccio umano e sensibile nell’educazione e nell’assistenza ai bambini affetti da autismo. Continuate a seguirci amici, e ricordatevi di lasciare il vostro commento!
