Benvenuti al blog del Gruppo Albatros! Oggi siamo lieti di ospitare un’intervista esclusiva con Julia Della Putta, autrice del libro “The Lady who flies”. Julia ci porterà nel cuore della sua esperienza, condividendo le ispirazioni dietro il suo libro e i messaggi che spera di trasmettere attraverso la storia avvincente di una ragazza determinata a diventare pilota d’aereo professionista negli anni ’90.
Qual è stata la sua ispirazione per scrivere “The Lady who flies”? Cosa l’ha spinta a raccontare la storia di una ragazza che desidera diventare pilota d’aereo professionista negli anni ’90?
“The Lady Who Flies” è un libro scritto di getto, non è nato per essere pubblicato ma, inizialmente solo per me stessa, per fissare su carta un’esperienza importante e fondamentale per la mia crescita di ragazza. L’ho scritto durante la recente pandemia da Covid 19, in cui mi sono trovata forzatamente a terra, lontano dagli aeroplani che ero abituata a pilotare quotidianamente, con tanto tempo a disposizione e il desiderio di ricordare un periodo bello della mia vita, per scacciare dalla mente le preoccupazioni del momento storico che stavamo vivendo e che nessuno poteva prevedere come si sarebbe concluso. Ho sentito il desiderio di ripercorrere un’esperienza molto formativa e piacevole di un periodo della mia esistenza in cui avevo ancora tutta la vita davanti e in cui tutto sembrava possibile perché doveva ancora accadere. Ho rivissuto, passo a passo, alcuni degli episodi più salienti della mia esperienza in Tanzania, riprovando, a distanza di tanti anni, le stesse sensazioni, gli stessi timori e speranze che mi avevano accompagnata durante il mio periodo in Africa. Il libro, infatti, non è l’autobiografia di una ragazza che voleva diventare pilota d’aerei negli anni ’90, racconta, piuttosto, solo alcuni episodi della sua vita, legati ad un viaggio in Tanzania, arrivato in modo inaspettato, che le darà la possibilità di volare nei meravigliosi cieli africani. Durante la narrazione, i ricordi tornano anche a periodi precedenti il viaggio stesso, a quando ho cominciato a desiderare di volare e alle difficoltà incontrate, già dai tempi della scuola, per perseguire il mio sogno.
La protagonista del libro mostra una grande determinazione nel perseguire il suo sogno di volare. Potrebbe condividere con noi un momento particolarmente significativo o un’esperienza di crescita personale che la protagonista ha affrontato per raggiungere il suo traguardo?
La protagonista del libro è ovviamente determinata, anche se neppure lei sapeva di esserlo. È una giovane donna che ha capito presto di dover trovare solo in sé stessa la forza di combattere per ottenere ciò che desiderava; sapeva di affacciarsi ad un mondo ancora prevalentemente maschilista, ma non voleva focalizzare le sue energie su questo aspetto, piuttosto lavorare su se stessa, imparare e migliorare costantemente. Non ci sono momenti particolarmente significativi o esperienze di crescita personale più eclatanti di altre che hanno portato la protagonista a raggiungere i suoi obiettivi, ma, piuttosto, un percorso di vita, fin dalla giovane età, di lotte quotidiane, delusioni, ingiustizie e frustrazione che non l’hanno, però, mai distolta dal suo percorso e mai scoraggiata. Potrei citare i commenti indelicati e sessisti rivolti verso di lei già durante la prima visita medica di idoneità per conseguire l’iniziale licenza di pilotaggio o l’ostilità e incomprensione da parte di alcuni insegnanti che, invece di appoggiarla ed accompagnarla verso il suo futuro, come lei si sarebbe aspettata, cercavano di dissuaderla. Non dobbiamo dimenticare, però, che la crescita personale deriva non solo dalle difficoltà incontrate lungo il proprio cammino, ma anche dalla fiducia che ci viene concessa e che ci fa impegnare molto per non deludere chi ce la dà. Mi riferisco, per esempio, alla fiducia che i genitori della protagonista le hanno sempre dimostrato, non senza sacrifici, supportandola nel suo desiderio di diventare pilota anche se sembrava un’idea un po’ bizzarra. O alla fiducia del primo istruttore di volo, che per età avrebbe potuto essere suo nonno e che non aveva mai avuto un’allieva di sesso femminile, così piccola e spaesata in un mondo più grande di lei, eppure ne ha saputo riconoscere le capacità e potenzialità e ha lavorato con lei con pazienza e dedizione per aiutarla a imboccare la sua strada.
Il libro affronta il tema della parità di genere, specialmente nel settore dell’aviazione dove le donne pilota erano ancora poche negli anni ’90. Qual è il messaggio principale che spera di trasmettere riguardo a questo tema?
Il libro non riguarda specificamente il tema della parità di genere, ma, ovviamente, essendo la storia di una ragazza che è riuscita a farsi strada in un ambiente prettamente maschile, rientra in questo campo. È vero che alla fine degli anni ’80, inizio anni ’90 il mestiere del pilota in Italia era prettamente maschile. Non c’erano ragazze pilota nella compagnia aerea di bandiera di allora e non ce n’erano neppure in Aeronautica Militare, dove entreranno solo agli inizi del nuovo secolo. Il resto d’Europa e soprattutto gli Stati Uniti erano certamente più avanti dell’Italia, ma la percentuale di ragazze impiegate in aviazione restavano una minoranza. Ho iniziato a volare 40 anni fa, le donne che si incontravano allora sui campi di volo erano decisamente rare, ora le cose sono un po’ cambiate, ma la percentuale a livello mondiale non supera il 5% del totale. Molto lentamente sta cambiando la percezione che le persone hanno verso il personale femminile che svolge lavori considerati maschili per tradizione. Nei miei 40 anni di volo, mi ha sempre dato un po’ fastidio essere guardata o additata in mezzo ad un equipaggio, solo per il fatto di essere donna pilota e, successivamente, anche con il grado di Comandante. Apprezzamenti del tipo: “che bello, una donna pilota!” non mi sono mai stati particolarmente graditi anche se comprendo che chi li esprimeva voleva essere gentile, ma per me significava che mi vedevano come qualcosa di anomalo ed inusuale, mentre io avrei sempre voluto passare inosservata, essere solo considerata un pilota, senza necessità di sottolineare il sesso di appartenenza. Il messaggio che vorrei trasmettere è che c’è ancora molta strada da fare per una reale parità di genere, ma ognuno di noi può fare la sua parte. Bisogna iniziare dall’istruzione dei bambini in famiglia. Abituarli ad impegnarsi per raggiungere i loro obiettivi senza paura delle inevitabili difficoltà e battute d’arresto. Non bisogna fare differenze tra maschi e femmine, ma semmai insegnare alle bambine che hanno diritto di sognare in grande come i maschi e, soprattutto, far capire a questi ultimi di non avere nessun diritto di pensare di essere superiori alle femmine. È necessario che le donne continuino a lottare per farsi strada nelle realtà in cui prevalgono gli uomini, senza paura ma nella consapevolezza di essere destinate a perdere molte battaglie prima di arrivare alla meta. Gli uomini, da parte loro, devono imparare ad usare la loro intelligenza per rispettare le donne come esseri umani prima di tutto e senza pregiudizi. Non si tratta solo di numeri; la parità non significa uguale numero di donne e uomini che svolgono lo stesso mestiere. Non potrà mai essere così. Significa, semmai, stesse opportunità concesse ad entrambi, stesso trattamento economico in ambito lavorativo e obiettività nel giudicare il lavoro delle donne che, ancora troppo spesso, devono essere più brave degli uomini per essere considerate alla pari. E questa è una verità scomoda, che molti uomini non ammettono.
Il viaggio in Tanzania su un piccolo Cessna è un elemento chiave della storia. Come ha sviluppato il racconto del viaggio e in che modo ha cercato di rendere appassionante l’esperienza di volare sui cieli africani?
Non ho pensato in anticipo a come sviluppare il racconto del viaggio in Tanzania e come descrivere i voli sul piccolo Cessna per rendere la storia appassionante. È venuto tutto in modo naturale, semplicemente raccontando fedelmente la mia esperienza. Sorvolare la terra africana per chi ama il volo è già di per sé un’esperienza affascinante, per i colori della terra stessa, del mare e del cielo. Nei miei racconti ho cercato di descrivere le mie sensazioni a bordo del piccolo aereo, lo stupore e la meraviglia di volare sopra la savana o sulle acque cristalline dell’oceano Indiano. Ho descritto in modo semplice alcune manovre di volo, per renderle comprensibili anche a chi non ha familiarità con gli aeroplani. In generale, nel mio libro mi sono soffermata spesso sulle persone che ho incontrato nel viaggio in quanto penso che una delle cose che ci possono arricchire maggiormente come esseri umani siano proprio gli incontri con gente di popoli e culture lontane, anche se durano pochi istanti. Ho incontrato tante persone che hanno lasciato un segno in me e che ricordo tutte perfettamente, sebbene a distanza di anni. Alcune di loro non ci sono più, di altre non ho saputo più nulla ma il loro ricordo rimane indelebilmente parte di me.
Scrivere un romanzo che parla di sogni, avventura e parità di genere può essere un’esperienza gratificante ma impegnativa. Come è stato per lei il processo di scrittura e cosa spera che i lettori possano trarre da questa storia coinvolgente?
Non definirei il mio libro un vero e proprio romanzo, ma piuttosto un racconto fedele di una parte di vita di una giovane ragazza che non aveva paura di inseguire i suoi sogni, anche a costo di infrangere barriere, di avventurarsi in un ambiente poco battuto dalle donne o imbarcarsi in un viaggio verso un paese a lei sconosciuto e lontano come la Tanzania. Mi rendo conto che, agli occhi del lettore, ciò che racconto può apparire un romanzo, per il fascino che evocano i luoghi raccontati o le esperienze di volo. Come ho già detto ho scritto di getto, con le parole semplici che caratterizzano la mia personalità. Non è stato un lavoro pensato e poi trasferito per iscritto ma nato e cresciuto spontaneamente, appena mi sono trovata davanti ad una pagina bianca, pronta ad essere riempita di piacevoli ricordi. Spero che i lettori riescano a cogliere almeno una minima parte delle emozioni che ho avuto la fortuna di vivere come giovane pilota alle prese con i primi voli e durante il mio meraviglioso ed indimenticabile viaggio in Tanzania. E, perché no, magari anche ad immaginare quella che può essere stata la mia vita successiva a quel viaggio, di grandi soddisfazioni ma anche di tanto impegno e rinunce. Mi piacerebbe che altri giovani che magari si sentono insicuri o hanno delle paure nell’affrontare il futuro sappiano che altri li hanno preceduti con le stesse paure e insicurezze, ma devono trovare dentro di loro la forza di affrontarle, nella convinzione di potercela fare. La vita ci può dare tanto, ma ci chiede impegno e costanza. Mai mollare.
Con questo, concludiamo la nostra stimolante conversazione con Julia Della Putta, autrice di “The Lady who flies”. Attraverso la sua narrazione coinvolgente, Julia ci ha trasmesso non solo la passione per il volo e l’avventura, ma anche importanti riflessioni sulla parità di genere e sull’importanza di perseguire i propri sogni con determinazione. Grazie ancora, Julia, per aver condiviso con noi la tua storia e le tue preziose esperienze.
