Nei grovigli del destino, le storie familiari si dipanano tra intrecci imprevedibili, ricchi di emozioni contrastanti e sorprese inattese. È così nel libro “Parenti per caso” di Stefano Pasquetto, un’opera che abbraccia le sfumature umane delle relazioni, tra legami sospesi e intrecci generazionali che si manifestano con un tocco di comicità e sorpresa. Una commedia avvincente che disegna i contorni di parentele affettuose, impreziosite da eventi imprevisti e colpi di scena che catturano l’attenzione.
Il libro “Parenti per caso” offre una narrazione intricata di storie familiari. Come ha affrontato la costruzione di questi legami, tra eventi improvvisi e legami insospettabili?
Quando ho iniziato a scrivere non avevo in mente una storia ben precisa; pertanto, posso dire che le prime pagine di narrazione sono frutto di un’ispirazione del momento, quindi pura fantasia. Poi con il passare delle pagine e delle varie situazioni sono subentrate delle dinamiche per le quali ho dovuto creare dei legami e dei motivi che insieme hanno contribuito a tessere una tela di storie complesse, dove le più importanti si sono trovate legate da un filo rosso che ho deciso di far partire da molto lontano. Ho descritto il personaggio di Salvo facendolo in maniera divertente e complicata perché lui stesso è un personaggio divertente e complicato. Volevo raccontare la sua famiglia e ho deciso di farlo in quel modo perché, se ci fermiamo un attimo e guardiamo dentro di noi, tutti proveniamo da un albero genealogico più o meno complesso. Volendo o no, siamo il risultato di relazioni interpersonali che i nostri padri e prima i nostri nonni e prima ancora i nostri bisnonni hanno avuto e vissuto volutamente o per motivi semplicemente casuali ma che tuttavia hanno determinato il destino di ognuno di loro e di conseguenza anche il nostro, che siamo l’ultima generazione o la penultima se a nostra volta abbiamo generato dei figli, e così via.
Cosa l’ha ispirata a scrivere su questo intricato intreccio di parentele e quali elementi del libro ritiene siano particolarmente significativi per i lettori?
L’ispirazione è venuta man mano che descrivevo i luoghi, le storie e i personaggi che ne facevano parte, alternando realtà e fantasia. Devo dire che ad un certo punto, quando ho iniziato ad affrontare il capitolo “RADICI”, è uscita fuori la mia deformazione professionale, quella del sociologo, attraverso la quale ho sentito anche di voler dare un messaggio al lettore in relazione ad un nuovo concetto di famiglia che dobbiamo accettare e che, rispetto al passato, oggi è totalmente diverso, riferendomi sempre ed ovviamente alla famiglia italiana. A partire dagli anni della ricostruzione post bellica, le famiglie tradizionali hanno iniziato a subire le prime metamorfosi, gli uomini lasciavano la campagna emigrando nelle città industriali o addirittura all’estero, nelle case gli spazi diminuivano sempre di più e di figli se ne facevano sempre di meno, poi con la rivoluzione culturale a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, il divorzio, l’emancipazione femminile e l’avvento delle famiglie di fatto, venne completata questa metamorfosi, una dinamica ancora in atto. Sempre attraverso lo sviluppo di alcune storie, ho poi voluto ricordare ai lettori diverse tematiche che non possono essere date per scontato poiché sono di estrema importanza ed anche difficili da poter affrontare senza un minimo di obiettività, di coscienza e di conoscenza, quali l’immigrazione e l’emigrazione, l’aborto, la separazione e il divorzio, l’omosessualità, l’adozione, le relazioni parentali di sorelle o fratelli con lo stesso padre ma di madri diverse o di stessa madre ma con padri differenti. Nella commedia ci sono quindi piccole e grandi storie che si incrociano tra tanti personaggi, i quali rispecchiano delle realtà spesso oggetto di dibattiti attuali tra polemiche e pregiudizio; quindi, è un momento anche per pensare e riflettere.
In “Parenti per caso”, emergono colpi di scena e momenti comici che arricchiscono la trama. Come ha bilanciato il tono narrativo tra la leggerezza dell’umorismo e le emozioni più profonde legate alle vicende familiari?
La vita di ciascuno dei personaggi è stata segnata da eventi che riflettono situazioni che a volte il destino riserva in modo inaspettato o addirittura crudele. Ho cercato quindi di alternare un po’ di umorismo, magari anche esagerato, a situazioni drammatiche con lo scopo di rendere la lettura più leggera e a tratti comica. Si vive spesso l’atto di emigrare come una disavventura, una scelta vissuta come pesante e dolorosa quando invece non sempre lo è, aggiungendo inoltre – lo insegna Italio Calvino – che senza una disavventura non esiste avventura. Tutto ha inizio dalla famiglia di Orlando Greco, le cui radici sono calabresi, un gruppo di una dozzina di persone che tentò la carta emigrazione a causa di un terremoto, ma il destino gli riservò l’incontro casuale con un saltimbanco che disse di chiamarsi Gesù il quale, dando un’indicazione sbagliata, li fece emigrare tutti in Sicilia, quindi ancora più a sud invece che a nord, diversamente da ciò che invece doveva accadere. Orlando Greco, uno dei discendenti di quella originaria famiglia, oramai giovane, emigrerà per fuggire da una situazione che per i tempi e i luoghi dove si è consumata, era scomoda e pericolosa. Arriviamo poi a Bartolomeo e alle sue disavventure da adolescente e poi da adulto il quale, una volta raggiunta l’età pensionabile, emigrerà in Portogallo per vivere una vecchiaia più libera e spensierata, senza etichette o dicerie di paese. C’è poi Fernanda che lascia il Brasile e la fazenda Esmeralda alla ricerca di suo padre Orlando e delle sue radici, poi sua sorella Matilde che lascia la Sicilia e il figlio Salvo perché si scopre finalmente innamorata di un vero uomo che seguirà fino in Brasile. Che dire poi di Jo, il parrucchiere carioca della Base Nato, nativo di Rio de Janeiro ma che prima di venire trasferito alla base di Sigonella passerà qualche anno in Germania, e poi c’è anche Gaia, la ragazza di Salvo, la quale viene dal nord e da una famiglia di divorziati da diversi anni. Nella commedia si evidenziano situazioni che descrivono aspetti di vera attualità, di rapporti tra individui che caratterizzano famiglie non più tradizionali, di lavori sempre più caratterizzati da mobilità e flessibilità che portano a trasferimenti di città in città o di paesi in paesi e ad incontri casuali dove si riscopre il senso dell’amicizia e del puro divertimento, il tutto si svolge con estrema facilità tra avventure e disavventure tragicomiche.
Quanto ha influito la sua esperienza di vita, viaggi e lavoro in diversi contesti culturali nell’elaborare le dinamiche familiari che emergono nel libro?
Ho iniziato a viaggiare e a conoscere il mondo all’età giusta, avevo circa poco più di venti anni, erano gli anni in cui c’era ancora la Guerra Fredda ed il Muro di Berlino si trovava ancora in piedi, saldo e forte. Ero iscritto alla facoltà di Giurisprudenza ma avevo perso mio padre e mia madre era una casalinga, io essendo il primogenito dovevo darmi da fare pertanto emigrai in Inghilterra, biglietto di sola andata. Iniziai a lavorare al Mc Donald’s, poi come cameriere e responsabile di sala negli alberghi del centro di Londra. Viaggiai negli USA, a Chicago dove rimasi qualche mese, poi tornai a Londra e con un diploma in telecomunicazioni giocai una carta di assunzione nell’American Express dove iniziai la mia professione nel campo dell’informatica appena nascente. Venni trasferito a Roma, la mia città, dove più tardi lasciai il posto fisso per fare carriera come free lance. Nel 1985 mi sposai con una ragazza brasiliana e nel 1991 dopo un viavai continuo tra Roma e Rio de Janeiro decisi di tentare di emigrare in Brasile dove rimasi un anno mentre nel frattempo era nata la mia prima figlia Marina. Emigrato per la seconda volta, quella non fu un’esperienza felice, in più la prima guerra del Golfo rese tutto molto difficile, così decisi di tornare in Italia ma a Genova dove rimasi qualche anno. Nel 1993 mi trasferisco a Cagliari e l’anno dopo di nuovo a Roma dove la famiglia si sfaldò e arrivò prima la separazione e poi il divorzio. Il lavoro anche non andava un gran che e così dovetti ricominciare tutto d’accapo, avevo già 35 anni. Quando mio fratello avvocato aprì uno studio legale a Roma, fui invitato a collaborare per creare degli archivi informatici, nel frattempo mi ero iscritto alla facoltà di Sociologia. Pian piano iniziai a crearmi una nuova figura professionale, quello che sono oggi, mentre nel frattempo avevo conosciuto la mia nuova compagna Maria Zilda e madre dei miei figli Natalia e Gabriele. In questo corto di vita non mancano certamente esperienze di tutte le specie sia come uomo che come professionista, e ciò mi ha dato modo di conoscere tantissime persone tra gente occasionale, amici e nemici. Nel bel mezzo alcuni di questi sono poi diventati, per motivi del tutto casuali, parenti acquisiti, quindi parenti per caso. Lo studio stesso e le numerose esperienze di vita mi hanno fatto molto riflettere, ancor oggi, su cosa si dovrebbe intendere per famiglia. Vedo la famiglia come un luogo dove non ci sono solo legami di sangue, anzi a volte, nonostante esistano questi legami, non si ha propriamente una sensazione di famiglia. Famiglia è molto di più, è amore, unione, coesione, solidarietà, convivio ma anche rispetto, soprattutto rispetto tra tutti i suoi partecipanti. Nella commedia, quando Salvo si reca a Roma per incontrare Carlo, un caro amico di sua zia Fernanda, egli viene accolto come uno di famiglia. Carlo nella vita di tutti i giorni era una persona generosa che credeva nell’amicizia e non faceva caso all’età, allo status sociale, alla ricchezza o alla povertà di chi diventava suo amico o di chi accoglieva nella sua casa signorile in un quartiere aristocratico della Roma bene. Lui era letteralmente un personaggio che oggigiorno potrebbe essere considerato fuori moda in quanto estremamente altruista e fortemente sociale; io quel personaggio lo conobbi sul serio, sebbene nella realtà sotto altro nome, e non ho potuto fare a meno nel ricordarlo.
Quali messaggi o emozioni spera di trasmettere ai lettori attraverso questa intricata rete di relazioni familiari che si sviluppano in “Parenti per caso”?
Spero innanzitutto di regalare al lettore qualche ora di spensieratezza, viaggiando da un luogo all’altro del mondo attraverso dei personaggi le cui vite complicate possono divertire ma anche far pensare. Non era mia intenzione o pretesa cercare di riscontrare una morale in questa commedia poiché ognuno di noi può trovare, nei messaggi o nei consigli dettati dai personaggi, la giusta soluzione a qualche domanda rimasta aperta e senza risposta. Forse tra le varie emozioni che può suscitare la lettura del libro, una tra tutte è quella per cui non si deve mai smettere di sognare. Anche per questo il finale di Parenti per caso rimane aperto con Salvo che potrà recarsi in Brasile per affrontare ciò che sua zia Fernanda, per certi versi fece prima di lui, ossia affrontare un lungo viaggio alla ricerca del suo genitore e di quel fratello che seppe di avere dalle righe di una lettera. Ci riuscirà? Vedremo, sarà comunque una nuova avventura piena di sorprese e di personaggi divertenti che completeranno la famiglia di “Parenti per caso”, la saga continua.
Nel concludere questa conversazione con Stefano Pasquetto, l’autore di ‘Parenti per caso’, siamo immersi in una complessa tela di emozioni e legami familiari. Il libro è un’ode alle sorprese della vita, ai legami che si intrecciano in modi imprevedibili e alla bellezza dei colpi di scena che arricchiscono la storia umana. Le storie di ‘Parenti per caso’ rappresentano un invito a esplorare il cuore delle relazioni, a scoprire quanto sia variegato e affascinante il mondo dei legami familiari. Grazie, Stefano Pasquetto, per aver condiviso con noi questa visione unica delle dinamiche familiari e delle relazioni umane. Buona lettura!
