GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: NESSUNA PUÒ VINCERE DA SOLA – Giovanna Guiso

Ciao lettori! Oggi vi portiamo alla scoperta di Nessuna può vincere da sola, il nuovo romanzo di Giovanna Guiso. Chi la conosce ricorderà il suo romanzo storico Una lieve brezza sul viso, ma con questa nuova opera l’autrice cambia registro e affronta un tema attuale e delicato: la violenza nelle relazioni. La storia di Giulia, giovane donna indipendente, ci mostra come l’amore possa trasformarsi in pericolo e quanto sia importante la consapevolezza per proteggersi. Giovanna, con la sua esperienza scientifica e narrativa, ci guida in un racconto che unisce emozione, tensione e riflessione.

Cos’è che l’ha spinta a scrivere Nessuna può vincere da sola e ad affrontare un tema così delicato?

Ho sentito nascere questo libro quasi come un’urgenza. Per anni ho osservato come, quando si parla di violenza di genere, l’attenzione pubblica si concentri quasi sempre sugli aspetti sociali o psicologici. Importantissimi, certo, ma non sufficienti. Dentro di me cresceva una domanda semplice e potente: perché nessuno guarda anche alla dimensione biologica della violenza? Perché le neuroscienze, che negli ultimi decenni hanno fatto passi da gigante, restano fuori dal discorso pubblico? Con alle spalle una lunga esperienza nella ricerca biomedica, ho iniziato a esplorare gli studi dei più autorevoli scienziati internazionali. Ho letto ricerche che analizzavano il cervello di uomini che avevano agito con violenza, ho scoperto correlazioni, vulnerabilità, alterazioni neurologiche, e mi sono resa conto che ciò che la scienza ha rivelato è sorprendente, quasi rivoluzionario. Eppure, queste conoscenze non arrivano alle persone, non entrano nelle scuole, non vengono raccontate dai media, non vengono considerate dalle istituzioni preposte a prevenire la violenza di genere. Da qui è nato il libro: dal desiderio di colmare un vuoto. Di unire ciò che spesso viene tenuto separato: le storie delle donne e la scienza, l’esperienza e la biologia, la sofferenza e la conoscenza. Di mostrare che la violenza non è un mistero insondabile, ma un fenomeno complesso che possiamo comprendere meglio se mettiamo insieme tutti i pezzi. E soprattutto, dal bisogno profondo di ricordare che nessuna donna può farcela da sola. Che la prevenzione è un lavoro collettivo, che richiede cultura, consapevolezza, responsabilità condivisa. Il libro è, in fondo, un invito a guardare la violenza con occhi nuovi, più completi, più coraggiosi.

Come ha costruito il personaggio di Giulia e il suo percorso emotivo di fronte alla violenza?

Giulia Aviani è una protagonista costruita con grande cura, perché ho voluto darle una vita credibile, piena, che non fosse definita solo dalla violenza che subisce. È una giovane ricercatrice scientifica di 35 anni, una donna che incarna tutto ciò che appartiene alla sua generazione: il lavoro che ama, le amicizie solide, i viaggi, lo sport, i piccoli e grandi divertimenti che riempiono le giornate. La sua professione la porta a vivere immersa nel mondo della ricerca, un ambiente dinamico e stimolante, fatto di aggiornamenti continui, scoperte che cambiano la prospettiva, scambi con colleghi di tutto il mondo, progetti condivisi e un senso di appartenenza a una comunità che guarda avanti. È proprio da questa normalità luminosa che parte il suo percorso emotivo. Ho voluto che Giulia non fosse un simbolo astratto, ma una donna reale, con desideri, passioni e una vita ricca, perché la violenza non colpisce solo chi è fragile o isolata: può entrare anche nelle esistenze più piene e promettenti. Il suo viaggio interiore è costruito come un movimento lento e complesso: dalla confusione iniziale dopo aver subito la violenza, alla paura, dalla negazione alla consapevolezza, fino alla difficile ma possibile ricostruzione di sé. Nel delineare Giulia, ho intrecciato l’osservazione delle dinamiche psicologiche con ciò che la scienza ci insegna su come il trauma agisce sul cervello. Le reazioni della protagonista – esitazioni, ricadute, slanci improvvisi – non sono debolezze, ma risposte umane e biologicamente comprensibili. Così Giulia diventa una figura vicina, autentica, capace di rappresentare molte donne senza sostituirsi a nessuna. Il suo percorso non è solo una storia narrata: è un modo per guardare la violenza con occhi più attenti, più empatici e più informati, e ricordare che dietro ogni vicenda ci sono vite piene, complesse e degne di essere raccontate nella loro interezza.

In che modo le neuroscienze e la sua esperienza nella ricerca biomedica hanno influenzato la scrittura del libro?

Le neuroscienze e la mai esperienza nella ricerca biomedica hanno avuto un ruolo decisivo nella scrittura del libro. Ho lavorato per molti anni proprio in questo ambito, prima di dedicarmi al giornalismo, e questo bagaglio scientifico è diventato una lente attraverso cui guardare la violenza di genere in modo nuovo, più profondo e meno scontato. Da questo punto di vista, il romanzo porta con sé anche una sfumatura autobiografica: non nella trama, ma nello sguardo, nel metodo, nella curiosità che guida la protagonista. La domanda che mi ha accompagnato fin dall’inizio è stata semplice e radicale: perché, quando parliamo di violenza, ignoriamo ciò che la scienza ci dice sul cervello umano? Abituata a ragionare per evidenze, ho iniziato a esplorare gli studi neuroscientifici più avanzati, quelli che analizzano le basi biologiche dell’aggressività, le alterazioni neurologiche che possono favorire comportamenti violenti, e le scoperte degli ultimi decenni sul funzionamento del cervello maschile in situazioni di rischio. Più approfondivo, più mi rendevo conto che la ricerca scientifica aveva fatto passi straordinari, quasi rivoluzionari, ma che queste conoscenze non arrivano alle istituzioni e al grande pubblico. Da qui la scelta di intrecciare scienza e narrazione, di far vivere alla protagonista — una ricercatrice come sono stata io — lo stesso stupore, la stessa sete di capire, la stessa necessità di andare oltre le spiegazioni superficiali. Il romanzo nasce dall’incontro tra la competenza scientifica dell’autrice, la sua esperienza personale nel mondo della ricerca e il desiderio di raccontare la violenza di genere con uno sguardo più completo, capace di includere anche ciò che accade dentro il cervello umano.

Qual è il messaggio principale che spera arrivi ai lettori attraverso questo romanzo?

Il messaggio che spero arrivi ai lettori è che la violenza di genere non può essere compresa né affrontata guardando in una sola direzione. Nessuna può vincere da sola indica una strada nuova e necessaria: integrare le neuroscienze nella lettura e nella prevenzione della violenza, accanto agli aspetti sociali e psicologici più spesso considerati. Perché la conoscenza dei meccanismi cerebrali e delle loro alterazioni – quelle che scatenano i comportamenti violenti – può diventare uno strumento concreto di prevenzione. La scienza può illuminare ciò che spesso resta invisibile e offrire chiavi di lettura utili alla prevenzione. Il cuore del messaggio è che la violenza non è un destino né un fatto privato, ma un fenomeno complesso che richiede una responsabilità collettiva. Nessuna donna può farcela da sola: servono reti, istituzioni competenti, comunità consapevoli e un sapere condiviso. Solo attraverso l’alleanza tra conoscenza scientifica, impegno sociale e cultura della prevenzione è possibile costruire un cambiamento reale, efficace e inclusivo.

Sta pensando a nuovi progetti narrativi: tornerà a esplorare la narrativa storica o continuerà con tematiche sociali e attuali?

Sto già lavorando a nuovi progetti narrativi e, questa volta, ho scelto di tornare alla narrativa storica. Il mio prossimo romanzo sarà ambientato nel ventennio fascista, ma con una prospettiva inedita: la Sardegna, una regione troppo spesso ignorata dalla narrativa storica. Una regione lontana dai centri del potere, eppure attraversata da tensioni, speranze e contraddizioni, dove sono emerse storie di resistenza quotidiana, compromessi, scelte difficili e coraggio inatteso. Tra tradizioni radicate e modernità imposta dall’alto, gli abitanti hanno dovuto confrontarsi con un regime capace di trasformare il volto delle comunità, delle relazioni e della libertà individuale. Nonostante abbia vissuto in pieno le trasformazioni e le ferite di quel periodo, la Sardegna è rimasta ai margini dei grandi racconti nazionali. Il mio desiderio è riportarla al centro, restituirle voce e spazio, raccontare come il fascismo abbia inciso sulla vita quotidiana di una terra apparentemente periferica ma ricca di storie rivelatrici. Sarà un modo per esplorare un pezzo di storia italiana da un’angolatura diversa, laterale e proprio per questo più illuminante, in cui intreccio vicende personali e contesto storico con la stessa attenzione alla complessità che caratterizza i miei lavori più recenti. Un affresco umano e storico che dà voce a una Sardegna dimenticata e mostra come anche ai margini della storia ufficiale si nascondano destini capaci di illuminare un’intera epoca.

Un grazie speciale a Giovanna Guiso per aver condiviso con noi il suo percorso creativo e per averci fatto riflettere su temi così importanti. Nessuna può vincere da sola non è solo un romanzo, ma un invito a guardare dentro le relazioni, a riconoscere i segnali di pericolo e a riflettere su come conoscenza e consapevolezza possano davvero fare la differenza. Cari lettori, lasciatevi coinvolgere da questa storia intensa e toccante.

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