Cari lettori, in un tempo che corre veloce e spesso ci chiede di restare in superficie, Manuale di autocura di Martina Rocchi arriva come una pausa consapevole, un invito gentile a fermarsi e ad ascoltarsi. Un libretto agile, pensato per accompagnarci nei momenti quotidiani – in fila alle poste, alla fermata dell’autobus, tra un impegno e l’altro – che apre uno spazio di riflessione profonda sul prendersi cura di sé e degli altri. Attraverso richiami alla filosofia adleriana e uno sguardo attento alla complessità del presente, l’autrice ci guida verso una maggiore consapevolezza, lontana dalla frenesia e dalla vanità del mondo contemporaneo. Ne parliamo oggi con Martina Rocchi, per entrare nel cuore di questo progetto intimo e necessario.
Come nasce l’idea di Manuale di autocura e quale esigenza personale o professionale ti ha spinta a scriverlo?
Manuale di Autocura nasce dalla volontà di ricordare ad ogni essere umano di quanta potenzialità vi è in ognuno di noi, dinnanzi a situazioni di vita più o meno complesse l’organismo umano come la mente, è in grado di fronteggiare qualsiasi situazione. Se avessi proposto un “Manuale di cura” ecco è da lì che avreste dovuto prendere le distanze, ad oggi viviamo in un mondo complesso che pur della monetizzazione cerca la pillola magica da propinare. Invece questo è un invito a squarciagola sul ricordarci delle molteplici abilità che abbiamo e qualsiasi periodo tu stia affrontando: ce la farai! Questo é lo spirito e l’invito di questo manuale che non farà altro che rispolverare la fiducia in sé con uno sguardo sugli aspetti emotivi da non classificare in brutti o belli ma valorizzando ogni status con il proprio ruolo, attraversarlo ci aiuterà a stare nelle varie situazioni. L’idea concreta di questo manuale è nata per caso, quando ho deciso di dedicare più tempo per me stessa, immergendomi nella natura per aumentare l’attività fisica ed anziché silenziare ogni pensiero con un paio di AirPods, è lì che ho dato voce a queste idee… per me e spero anche per voi, preziose!
Nel libro fai riferimento alla filosofia adleriana: che ruolo ha avuto questo pensiero nella costruzione del testo?
La filosofia Adleriana nonostante Adler sia psicoterapeuta, viene quasi come “declassata” con la parola filosofa. Adler è un esponente che ha lasciato un grandissimo contributo nella storia della psicologia ma che è ahimè risultato molto scomodo. Non è semplice trovare i suoi scritti ma leggendo “il coraggio di non piacere” strutturato sotto forma di dialogo, ed in seguito “il coraggio di essere felici” venne fuori il succo netto e crudo del pensiero Adleriano: la responsabilizzazione. Parola scomoda la responsabilità, infatti per ogni problema Adler ripone sempre le redini al soggetto e questo quando ricerchiamo un appoggio, un contentino o semplicemente qualcuno che ci dia ragione non è affatto piacevole, poiché responsabilizza e mette dinnanzi alle scomodità. Una filosofia per la persona anche qui contro ogni forma di marketing…
Il tuo manuale non vuole “insegnare”, ma accompagnare: cosa significa per te abilitare la mente a “permanere nella profondità”?
Solamente ricordandoci di percorrere gli stati emotivi facendo alcune esemplificazioni riusciamo a restare nella profondità. Questo momento storico culturale in particolare ci propone la distrazione come stile di vita. Passare per certi accadimenti come può essere un acquazzone emotivo (dai più lievi ai più pesanti: quando abbiamo una giornata no oppure quando perdiamo qualcuno) ci aiuta a capire che l’umanità per quanto travestita di luccichii e superficialità ha un cuore pulsante emotivo di cui tutti, nessuno escluso, ne sono provvisti. Talvolta succede che disimpariamo ad ascoltare questo flusso ma che è importante ricordare essere il motore pulsante e ci contraddistingue da un futuro prossimo di robot.
Il tuo lavoro ti porta a contatto quotidiano con bambini, adolescenti e famiglie: quanto queste esperienze hanno influenzato i temi e il tono del libro?
Il mio lavoro è il motivo per cui riesco a parlare con le persone di persone. É proprio lui che mi insegna e mostra in primis l’evoluzione famigliare di questo decennio, che cosa significhi essere nativi digitali o adolescenti oggi. É una ricchezza poter vedere attraverso queste lenti e lo faccio con gratitudine.
Che tipo di lettore immagini mentre sfoglia queste pagine e cosa speri rimanga dopo la lettura?
Sicuramente sapere che questo libro possa essere letto anche da chi non è amatore, mi renderebbe felice. L’obiettivo non è tenere incollato il lettore ma dargli spunti di riflessione che possano aiutarlo al ragionamento per poi rileggere e confermare o meno le proprie idee su quel tema. O più semplicemente avvicinare alla lettura adolescenti cercando di trasmettere vicinanza. Credo sia un po’ questo.
Ringraziamo Martina Rocchi per aver condiviso con noi il percorso umano e professionale che ha dato vita a Manuale di autocura. Un libro che non offre risposte preconfezionate, ma suggerisce soste, domande e piccoli atti di attenzione verso se stessi. A voi lettori lasciamo l’invito a scoprire questa lettura diversa, capace di insinuarsi nella quotidianità e di trasformare anche i momenti più ordinari in occasioni di consapevolezza. A volte, prendersi cura di sé comincia proprio da una pagina letta con calma.
