Cari lettori, oggi vi invitiamo a entrare nel mondo poetico di Riccardo Mattis, giovane autore di Meravigliosamente fragile, una raccolta che racconta la delicatezza e la potenza dei sentimenti umani con voce sincera e immagini che restano nel cuore. La sua poesia ci parla del tempo che scorre, dell’amore che ferisce e guarisce, della bellezza che si cela nelle piccole cose, in una continua oscillazione tra luce e ombra, malinconia e speranza. Abbiamo chiesto a Riccardo di raccontarci qualcosa in più sul suo percorso e sulla nascita di questo libro.
Riccardo, “Meravigliosamente fragile” è un titolo che racchiude già una forte tensione emotiva: com’è nato e cosa rappresenta per te questa “fragilità meravigliosa”?
Il libro prende il nome da una delle poesie presenti all’interno. È stata scritta una sera mentre ero di ritorno dal lavoro. Vedendola scritta e rileggendola mi piacque molto, tant’è che la inviai qualche settimana dopo ad un concorso di poesia e venne selezionata per la finale (anche se non vinsi). Dunque, grazie a questi versi feci un bellissimo viaggio in Sicilia innamorandomi del posto e della cordialità delle persone. Arrivato poi il momento di mettere il titolo alla raccolta, mi sembrava giusto omaggiare quella poesia che vedevo tanto importante e per di più mi sembrava racchiudesse alla perfezione il concetto e la tematica del libro, dato che queste poesie raccontano la fragilità in diversi modi. Fragilità che io reputo appunto meravigliosa in quanto ci rende umani. Credo sia importante curarci delle nostre fragilità, mostrarle senza vergogna.
Nelle tue poesie la natura ha un ruolo importante: la luna, il mare, la neve sembrano parlare dei sentimenti umani. Da dove nasce questo legame così profondo con gli elementi naturali?
Il legame con gli elementi naturali nasce dal fatto che da sempre vivo in campagna. In un piccolissimo paese della provincia di Cuneo, Pocapaglia. Quindi la natura, i campi, gli alberi, la neve, sono cose che vivo da sempre. Sono cresciuto vagabondando tra le stradine polverose, giocando nei boschi, raccogliendo in agosto le nocciole e a settembre le castagne. Ma soprattutto oggi mi rilassa molto stare nel verde, sentirne i rumori, vedere le stagioni passare attraverso il colore delle foglie. Mi piace. Merito va anche dato al mio scrittore preferito da cui senza dubbio sono stato influenzato, ovvero Cesare Pavese.
Molte tue poesie trasmettono una dolce malinconia, ma anche una luce di speranza. È questa la chiave con cui affronti la vita e la scrittura?
Sì, è proprio così. Sono uno abbastanza malinconico e questa mia malinconia trova il suo maggior sfogo nella scrittura. La quale vivo come vero e proprio rigetto emotivo, attraverso ad essa riesco a svuotarmi da tutto ciò che mi “tormenta”. Nella vita per di più parlo molto poco, non sono un grande chiacchierone, soprattutto se si tratta di esternare cose più sentimentali ed emotive; dunque, tramite la poesia riesco a liberarmi.
Hai iniziato pubblicando un romanzo breve e sei poi approdato alla poesia: cosa ti ha spinto verso questo linguaggio più intimo e immediato?
Sono passato alla poesia proprio per la sua immediatezza. La primissima poesia scritta in tutta la mia vita è “Vediamoci” quella che insomma apre il libro. Scritta totalmente di getto in una serata di inizio estate. Era un periodo in cui ne leggevo molte e dal nulla mi saltarono nella testa quelle parole, allora le scrissi subito, poi la rilessi e mi piacque molto, da lì cominciai a scriverne altre, inizialmente molto brevi, se vogliamo dei semplici aforismi, proseguendo mi sono lasciato andare cominciando a tradurre in versi ciò che sentivo dentro. L’amore poi in quel periodo mi ha aiutato molto, l’essere innamorato ti rende gli occhi più inclini a veder poesia. Ciò che davvero mi piace dello scrivere poesie è il trovarle estremamente vere, sono secondo me, emozioni pure, molto più autobiografiche di molte autobiografie. Ad ogni modo il mio intento è quello di scrivere entrambi, sia romanzi che raccolte poetiche.
C’è un verso o una poesia della raccolta che senti più “tua”, che ti rappresenta in modo particolare?
Ce ne sono più di una che sento particolarmente mie, anche perché a tutti gli effetti sono quelle che parlano più di me. Si chiamano: “Ineducato”, “Sono un mondo fragile” e “Scoperto fragile” ecco come torna la parola fragile. Potrei citarne altre, ma credo che queste siano quelle che più percepisco mie e che mi rappresentano un po’ di più. Forse rappresentano anche maggiormente il significato e il messaggio del libro, mostrare la propria fragilità.
Ringraziamo di cuore Riccardo Mattis per aver condiviso con noi la sua sensibilità e il suo sguardo poetico sul mondo. Meravigliosamente fragile è un invito a riconoscere la bellezza che vive anche nella vulnerabilità, a fermarsi un istante e ascoltare ciò che di autentico ci abita dentro. E voi, lettori del blog, lasciatevi trasportare dalle sue parole: potreste scoprire che, dopotutto, la fragilità è la forma più pura di forza.
