Cari lettori, oggi vi presentiamo una testimonianza autentica e toccante di forza e rinascita. Con il suo libro Il mio sorriso… la mia forza, Sonia Notarberardino ci invita a entrare nel suo mondo interiore, condividendo con noi il viaggio più difficile e coraggioso della sua vita: la lotta contro la malattia. Nelle sue parole, dense di verità e di luce, troviamo non solo il racconto di un dolore profondo, ma anche la straordinaria capacità di trasformarlo in speranza, consapevolezza e amore per la vita. Abbiamo avuto il piacere di intervistarla per scoprire qualcosa di più sul suo percorso umano e letterario.
Sonia, nel suo libro racconta un percorso molto personale e delicato. Cosa l’ha spinta a condividere con i lettori un’esperienza così intima?
Io nei momenti più difficili della mia malattia scrivevo, un po’ perché mi è sempre piaciuto, un po’ perché quello era l’unico modo per poter raccontare il mio dolore senza mostrarlo, soprattutto ai miei figli. E l’ho fatto! Ho scritto ogni volta che ho avuto la sensazione di non avere più certezze e controllo di quella che sarebbe stata la mia vita. Scrivevo per lasciare un ricordo, una testimonianza di me, nonostante tutto. Ho cercato di vivere la quotidianità, giorno per giorno, di rafforzare il legame con i miei figli, soprattutto con il primogenito che allora aveva 10 anni. Lui, proprio lui che non ha mai accettato la malattia, un giorno frugando tra i miei appunti, leggendo i miei pensieri, i miei sfoghi e le mie emozioni mi disse di raccoglierli tutti e di scriverne un diario. Certo che non sarebbe rimasto solo inchiostro su un foglio bianco. Con l’augurio che le mie parole non sarebbero state solo il racconto della mia esperienza, ma fonte di forza, e magari chissà anche ispirazione, per chiunque si fosse trovato a combattere la mia stessa battaglia.
La scrittura è stata per lei un modo per affrontare e dare un senso alla malattia. In che modo scrivere l’ha aiutata durante questo periodo difficile?
In quel periodo scrivere non era solo un modo di raccontare un qualcosa, ma era il mio modo di parlare senza filtri a me stessa, un po’ come riflettersi nello specchio e non sentirsi giudicata. Quelle pagine sono state quell’amico fidato a cui raccontavo il mio dolore, le mie incertezze senza mostrarle, l’unico modo per nascondere quanto la paura di vivere era più forte di quella di morire. La necessità di dire quello che mi portavo dentro, il raccontare le lunghe giornate della mia malattia. Ed è stato come liberarmi del peso degli affanni e delle sofferenze, con l’assoluta libertà di esprimere i miei sentimenti e i miei pensieri più profondi senza giudizi e senza vergogna. Pagine del diario in cui sono riuscita a raccontare di me, viaggiando attraverso le emozioni che la vita mi stava dando e togliendo al tempo stesso
Nel suo racconto emerge una grande voglia di vivere e di rinascere. C’è stato un momento preciso in cui ha sentito di ritrovare la sua forza?
Si. Ma più che parlare di un momento mi soffermerei su un lungo periodo, quello in cui è cambiato e rinato il mio rapporto con Dio. Per tanto tempo, ho smesso di avere fiducia in Lui, mi chiedevo perché proprio a me, e non riuscivo a dare un senso a niente di quello che mi stava accadendo. Ma in quello stesso periodo ho anche cercato di non dimenticare quanto Lui fosse stato presente nella mia vita quotidiana, e ho cercato di continuare a credere che per me avesse ancora dei piani ben precisi. E proprio quel richiamo che mi ha emozionata, ha scatenato in me il bisogno di tornare a credere, scoprendo che la fede è anche la certezza di non essere mai sola. E da lì con determinazione e coraggio ho affrontato le mie giornate …ho scoperto una forza che non credevo di avere, quella forza delle donne che non ci abbandona mai, che non può finire mai.
La sua esperienza ha sicuramente toccato profondamente chi le è stato vicino. Che ruolo hanno avuto la sua famiglia e i suoi affetti in questo percorso?
È stata un’esperienza che ha travolto tutti coloro che mi sono stati accanto. La mia famiglia, mio marito, i miei figli e le mie amiche, che non mi hanno mai abbandonata e lasciata sola. Eravamo una squadra noi…. è stato un po’ come giocare per vincere una sfida importante. Da sola non ce l’avrei fatta. Non è stata una partita facile, e loro sono stati tutti la mia compagnia più certa nei momenti più bui. Sono stati tutti i protagonisti di molte mie riflessioni, sapendo ascoltarmi in modo sincero e rispettoso, accompagnandomi a volte anche con il silenzio. Tutti accanto a me, a fare il tifo, quello vero, a volte stando in panchina ad aspettare, ad incoraggiare, in grado di stare quando c’era solo da stare. Ed io in questo sono stata fortunata.
Se dovesse lasciare un messaggio a chi oggi sta vivendo una situazione simile alla sua, quale sarebbe?
Beh, si pensa sempre che non può accadere a noi, che problemi di questo genere sono lontani; invece, quando accade è difficile gestire lo shock, l’impatto emotivo e spirituale e tutti i cambiamenti che si devono affrontare nella quotidianità sono traumatici, si comprende davvero il senso del limite, ma… Si c’è un ma, anche se sembra assurdo. Poiché io ho cercato di cogliere in tutto questo anche il bene, ho voluto fortemente tornare alla mia vita. E allora: ” A voi che state combattendo contro questo male, dico di non smettere di credere nella vita, di riprendere in mano ogni istante della vostra quotidianità cercando di farlo con la consapevolezza di quanto sia importante viverla ogni giorno intensamente, quasi come fosse l’ultimo, perché ogni giorno della vostra, della nostra vita, deve essere unico. Perché la vita, nonostante tutto, è una cosa meravigliosa.
Ringraziamo di cuore Sonia Notarberardino per aver condiviso con noi la sua storia, un racconto di coraggio e di amore per la vita che ci ricorda quanto la resilienza possa trasformare anche le esperienze più dure. Il mio sorriso… la mia forza non è solo un libro, ma un inno alla speranza, una carezza per l’anima e un invito a non arrendersi mai. Vi invitiamo a scoprire le sue pagine e a lasciarvi ispirare dalla forza luminosa della sua autrice.
