Cari lettori, oggi vi accompagniamo in un viaggio particolare, fatto di passi lenti e riflessioni profonde, attraverso le parole di Angela Soncin, autrice del romanzo Vado. Forse torno. Un titolo che è già una dichiarazione d’intenti, un invito ad abbandonare le certezze per mettersi in cammino — non solo su sentieri reali, ma soprattutto lungo le strade dell’anima. Con uno stile delicato e sincero, Angela ci regala una narrazione intima che alterna il ritmo del pellegrinaggio al fluire dei ricordi, in un continuo dialogo tra presente e passato. In questa intervista, scopriamo di più su di lei, sulle origini del libro e sulle domande che l’hanno accompagnata passo dopo passo.
Come nasce l’idea di intraprendere un pellegrinaggio in solitaria e trasformarlo in un romanzo?
Ho iniziato a percorrere cammini in solitaria nel 2021, iniziando con un percorso da pochi giorni in quanto ero un po’ scettica sull’esperienza, ma altrettanto curiosa. Ho invece scoperto un modo di viaggiare che permette di assaporare i luoghi e il tempo, ma soprattutto di ascoltarsi ed anche di incontrare persone stupende. Il cammino per Santiago è arrivato dopo varie esperienze, prima non ero pronta. Inaspettatamente lungo i chilometri ho visto rinascere la mia creatività, il mio buon umore ed è tornata la voglia di scrivere che avevo perso da parecchio tempo. Man mano che camminavo sono emersi ricordi sopiti, che poi si sono mescolati con le storie dei compagni di viaggio che incontravo ed anche con personaggi che nascevano dalla fantasia. Per non perdere questa ricchezza ogni sera appuntavo le emozioni, pezzi di storia – veri o inventati – senza un fine preciso. Il romanzo è nato una volta rientrata a casa; rileggendo quelle bozze mescolate ho riprovato le sensazioni del cammino, ho visto i personaggi prendere forma, e ho pensato che sarebbe stato bello condividere tutto questo. E così è iniziata la stesura vera e propria, che non è un’autobiografica, ma ha tanto di me, soprattutto nei sentimenti.
Durante il cammino, ogni tappa è associata a un ricordo: come hai scelto quali memorie condividere con i lettori?
In realtà sono stati i ricordi a trovarmi e poi a mescolarsi con la narrativa creativa. Se inizialmente sono partita dal mio vissuto, ho poi scelto di mescolarlo con l’aspetto creativo che da tempo non vivevo. Confondere realtà ed invenzione, vissuto personale e vite di altri che ho incrociato nel tempo, è diventata una buona formula per raccontare delle emozioni che credo appartengano a tanti. La voglia di fuggire, i contrasti in famiglia, le difficoltà da adolescenti… ma anche il rilancio, la voglia di rimettersi in gioco, la prospettiva che nulla è scontato. Tra i commenti più belli che ho ricevuto dai lettori credo che “sembra parlassi di me” e “ti entra dentro in modo forte” siano quelle che mi hanno commosso di più; il libro è nato prima di tutto per me, per mettermi in gioco, ma ora posso dire che sapere – nel mio piccolo – di aver emozionato altre persone è qualcosa di impagabile.
Scrivere ti ha aiutata a rielaborare il passato?
Mi ha aiutata ad elaborare il presente. Quando sono partita non solo ero molto stanca mentalmente, ma anche arrabbiata, delusa, in una situazione di stallo da cui non vedevo via d’uscita. Avevo bisogno di allontanarmi. I chilometri in solitaria hanno sortito prima un effetto calmante, poi , complici anche i tanti meravigliosi pellegrini incrociati, sono stati un’iniezione di buon umore; mi sono riscoperta a sorridere tantissimo, a rivalutare il mio background e le mie capacità. Più che “andare verso qualcosa” ho scoperto tutta la strada che già avevo fatto. Ed è un po’ quello che chiedo anche ai lettori quando c’è modo di chiacchierare durante gli eventi di firmacopie: “Come è stato il tuo cammino fino adesso? Dove sei arrivata/o?”. A volte andare via serve solo per capire che il punto da cui siamo partiti era già un ottimo arrivo.
Hai mai avuto il timore che questo viaggio potesse non portare le risposte che cercavi?
Come dicevo prima, non cercavo risposte; forse un po’ da vigliacca cercavo la fuga. Avevo anzi paura che il viaggio avrebbe fatto emergere tutti i macigni che avevo sulle spalle, invece, con sorpresa, li ho scaricati passo dopo passo. Mi sono ritrovata, ho ritrovato le parti belle e positive di me. Ecco perché il racconto inizia con “Non ti racconterò di come sia cambiata la mia vita”: la vita è ancora quella di prima, ero io ad essere cambiata in peggio. Normalmente do l’idea di una persona molto precisa, organizzata, pignola – ed in effetti lo sono; raramente negli ultimi anni ho lasciato spazio alla creatività e all’aspetto buffo del mio essere. Ora sono più leggera, elastica, a volte comica. Lo hanno notato anche i miei conoscenti ed amici e sembra che questa mia apertura piaccia. È per questo che ho voluto condividere l’esperienza, seppur attraverso un romanzo: spero che il mio racconto, anche solo un pochino, faccia provare la stessa sorpresa a chi legge.
“Vado. Forse torno.”: oggi, dopo la scrittura del romanzo e il cammino percorso, sei tornata davvero o qualcosa di te è rimasto lì?
Sono tornata come ripulita, resettata. Ho incontrato persone che lungo il cammino hanno deciso di stravolgere la propria vita; io avevo “solo” bisogno di stravolgere come percepivo la mia di vita ed il mio essere. Mi ero dimenticata che esistono le belle persone. Ma lungo quei sentieri ho lasciato un pezzo di me e di cuore; quando sono sotto stress, arrabbiata, o provo qualcosa di negativo, penso ad uno qualsiasi dei momenti vissuti e risento le stesse cose; mi viene la pelle d’oca persino ora che lo sto raccontando. Spero che il mio libro riesca a portare nello zaino lungo quel viaggio chi lo legge, magari regalandogli un po’ di quella positività che ho vissuto io.
Vado. Forse torno. non è solo il titolo di un libro, ma una promessa mantenuta: quella di un cambiamento profondo che si riflette nelle parole e nelle scelte della protagonista. Ringraziamo Angela Soncin per aver condiviso con noi un pezzo così autentico del suo cammino e vi invitiamo a lasciarvi trasportare anche voi tra le pagine del suo romanzo. Perché a volte, per ritrovarsi, bisogna perdersi un po’. Buona lettura e… buon viaggio.
