Bentrovati cari amici del Gruppo Albatros per una intervista. Oggi dialogheremo con Umberto Arturo Affatato, che con il suo libro Il cinema Politeama, ci guiderà in un viaggio emozionante e malinconico all’interno delle sale cinematografiche del passato, con particolare attenzione a quelle realtà locali che hanno rappresentato un punto di riferimento culturale e sociale per intere generazioni. Architetto e urbanista, l’autore intreccia con sensibilità la riflessione sulla memoria collettiva e la necessità di preservare luoghi ormai dimenticati, che però continuano a custodire un’anima viva. In questa intervista ci racconta la genesi dell’opera, le suggestioni personali e la visione per il futuro delle nostre città e dei loro spazi condivisi.
Com’è nato il desiderio di raccontare la storia del cinema Politeama e delle sale cinematografiche del passato?
Il desiderio o, meglio, il ricordo nasce dall’esigenza di mantenere la memoria storica di una struttura, che come diceva Tornatore per il suo film Nuovo Cinema Paradiso: “una città senza cinema è una città senza occhi”. Occhi rivolti verso il mondo, conosciuto dalla mia generazione e da quella del dopoguerra grazie alle sale cinematografiche. Per una società avviata a non avere eredi è importante testimoniare quello che il passato è stato e ha insegnato anche per il futuro. Se no si ha memoria storica diventa impossibile pensare al futuro di una società civile. Era un peso che mi portavo dietro, la mia città in gioventù mi aveva dato tanto, avevamo ben tre cinema e potevamo scegliere. Oggi non abbiamo più nulla, tutto è stato abbattuto e restano i fantasmi urbani. Con il mio libro ho riempito ” un vuoto identitario “, e la città ha risposto positivamente alla mia iniziativa. Ne sentiva il bisogno, non voleva dimenticare. Ovunque ho presentato il libro, anche in città diverse dalla mia, c’è stata attenzione e considerazione da parte di tutti.
Quale ruolo hanno avuto questi luoghi nella formazione culturale e identitaria di una comunità come quella di Ruvo di Puglia?
Luoghi che hanno determinato il costume di una società che era rurale, e Pasolini elogiava tale identità, specie al Sud il luogo creato dal rapporto sala cinematografica e la città, era pari al significato di una piazza urbana. Tale luogo era centro di aggregazione e socializzazione. La cultura era espressione del teatro e del cinema con lo scopo di educare e far conoscere il mondo. Italo Calvino, a tal proposito in un’intervista sul tema in questione, disse che: ” il Cinema alla sua età era tutto”.
Da architetto e urbanista, in che modo pensa si possa riattivare oggi la funzione sociale e culturale di questi spazi?
Spazi destinati ad un recupero fisico e di immagine urbana. Il rapporto che c’è tra città e sale cinematografiche e il rapporto tra l’architettura e l’urbanistica di una città. Inscindibili. E purtroppo, dove tali strutture, esempi di architettura razionale, non vi sono più, c’è solamente un “vuoto” sostituito o da edilizia speculativa o da spazi urbani privi di identità. In ogni incontro avuto per il mio libro, ho sottolineato il compito civile dell’architetto nella società e nella città, non di soggetto passivo ma di contenitore di idee che possano indirizzare le scelte future nella città stessa.
Il libro sembra anche una riflessione sulla memoria e sul tempo: quanto è importante, secondo lei, recuperare e raccontare il passato per costruire il futuro delle città?
Una società senza memoria e senza passato è soggetta a scomparire nel nulla. Quando a Ruvo di Puglia si è abbattuto il Cinema Politeama, esempio di spazi funzionali moderni sin dal 1947, anno di costruzione dello stesso, la popolazione ormai abituata a dimenticare e priva di memoria nulla ha fatto per ribellarsi a questo strappo avvenuto danneggiando la coscienza civile. Solo in pochi hanno evidenziato il danno arrecato ad una città che oggi paga le conseguenze delle scelte fatte in urbanistica. Infatti, la mia città è in preda ad un delirio di imitazione delle grandi città, importa soluzioni invece che esportarle. Si è pensato ad espandere la città lasciando il vuoto indietro, il nostro nucleo antico ormai svuotato avrebbe dovuto essere l’esempio e l’ispirazione per un’idea di città futura; invece, oggi esiste una periferia ed un centro che è stato abusato dalla nuova città. Ebbene nel suo piccolo, il libro è un monito a non sbagliare più e a valorizzare gli spazi esistenti in funzione di quello che potrà essere il futuro di una città a dimensione d’uomo, e non a dimensione di pochi speculatori con la compiacenza della politica sbagliata.
C’è un episodio o un ricordo personale legato al cinema Politeama che desidera condividere con i lettori?
Ricordi, episodi, tanti e diversi, eravamo giovani ed il Cinema ci dava la possibilità di conoscere il mondo. I film e prima ancora le riviste con ballerine e attori che poi sarebbero diventati noti. Abbiamo conosciuto la bellezza femminile con i film, la storia di questa nazione e degli altri paesi, i posti più belli al mondo, le storie varie dal west al poliziesco, ma ciò che mi lega al ricordo d’ infanzia era quello che d’estate avveniva nella sala cinematografica del Politeama, ossia il tetto apribile per rinfrescare l’ambiente e guardare le stelle del cielo durante i film proiettati.
Con Il cinema Politeama, Umberto Arturo Affatato ci invita a rallentare e ad ascoltare le voci silenziose dei luoghi che ci hanno formato. La sua è una dichiarazione d’amore per il cinema, per la memoria urbana e per le relazioni che un tempo si intrecciavano sotto un unico grande schermo. Un libro che parla al cuore, ma anche alla coscienza, spingendoci a immaginare un futuro che sappia fare tesoro delle sue radici. Buona lettura!
