GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: Non ci sono mostri nel buio – Alessandro Fabrizio Pisu Randaccio

Nel cuore di Non ci sono mostri nel buio si intrecciano tematiche profonde e universali: la paura, l’emarginazione, la crescita e il potere salvifico dell’amicizia. Alessandro Fabrizio Pisu Randaccio ci conduce in un viaggio tra realtà e fantasia, dove il realismo magico diventa una chiave di lettura per esplorare le emozioni più autentiche dell’essere umano. Con suggestive illustrazioni che arricchiscono la narrazione, il suo racconto ci invita a riflettere su ciò che ci rende davvero liberi e su come l’immaginazione possa essere uno strumento di riscatto e scoperta di sé. Abbiamo avuto il piacere di dialogare con l’autore per approfondire il mondo di Paggetto e il messaggio che si cela tra le pagine del suo libro.

Nel tuo libro, il protagonista vive un forte senso di emarginazione e incomunicabilità. Qual è stata la scintilla che ti ha spinto a raccontare la sua storia?

Non c’è stata una premeditazione dei contenuti trattati. Il racconto, come amo dire si è sviluppato un po’ da sé, man mano che scrivevo. Probabilmente sono emerse spontaneamente questioni e situazioni verificatesi nella mia infanzia, momenti difficili di incomprensione sommate ad una crescente sensazione di essere diverso, non all’altezza degli altri o delle aspettative. Ma ci tengo a precisare che il mio contesto familiare è stato come il sole per la terra. Le cose che ho vissuto e provato, tenute dentro, sono frequenti nella maggior parte dei ragazzi che vedono nella società (più che nella famiglia) qualcosa che non funziona e da cui vorrebbero emergere. Penso che, mentre il racconto si scriveva abbia trovato in me l’autore giusto per proseguirla con tutta la sua interiorità nella speranza che essa possa essere stimolante per chi avrà la pazienza di leggerla.

Il titolo, “Non ci sono mostri nel buio”, sembra suggerire un significato profondo e simbolico. Cosa rappresenta per te il buio e quali “mostri” affrontano i tuoi personaggi?

Il buio di cui parlo sarà allegoricamente rappresentato da una coltre di nebbia che circonda un’isola. Ma questa oscurità simboleggia l’interiorità dell’essere umano. Ritengo che ognuno di noi porti dentro “una luce spenta”. La teniamo segreta per vergogna e paura, inconsapevoli che è molto più comune di quanto pensiamo, ma nostro malgrado, questi stati d’animo da cui siamo dominati ci spingono ad agire contro la nostra più profonda volontà. In questo buio ogni individuo incontrato è un estraneo, e il primo impatto come spesso avviene nella realtà è negativo. I personaggi saranno presentati come malvagi. Ma lo sono poi veramente? Cosa li spinge a comportarsi in un determinato modo? Naturalmente sarà il racconto a rivelare le risposte ma possiamo comunque trasporre questa domanda nella realtà e domandarci se e quanto siamo responsabili e non solo vittime, di ciò che ci circonda, di questa nebbia dentro cui viviamo e forse, dico forse perché non voglio che il titolo sia un imperativo, potremmo scoprire che non ci sono mostri nel buio, che in ognuno di noi si può riaccendere quella luce.

L’elemento del realismo magico è molto presente nella tua narrazione. Quali sono state le tue principali influenze artistiche e letterarie nella costruzione di questo mondo?

Gli autori impegnati nel realismo magico, più celebri, da Marquez e Sepulveda in occidente, a Murakami in oriente, così altri autori d’altro genere come Baricco, che hanno la capacità di cogliere a parole i miei pensieri, di evocare in noi immagini. Non tanto per la trama quanto per la scrittura che mi trascina. E non posso non nominare l’autore che prediligo, di tutt’altro genere, Stefan Zweig, il miglior biografo di sempre, capace di scrutare nei recessi dell’anima sia quando approfondisce personaggi realmente vissuti, cercando di capirli oltre il luogo comune, che, quando nelle sue novelle crea situazioni in grado di toccarti l’anima. Questa è un’arte che equiparo solo alla scultura per complessità e alla musica per il processo creativo: le parole hanno una forza immensa così come le note, ma essa può sprigionarsi solo dal loro accostamento. Questo, per me, significa scolpire quando si raggiungono simili livelli. Infine, nel mondo artistico in generale le mie influenze sono le più disparate, amo qualsiasi cosa riesca a suscitare in me scompiglio, curiosità, uso dell’intelletto, ricerca ed approfondimento o semplicemente tutto ciò che non ci si offre gratuitamente. Proprio come ogni essere umano di cui non puoi vederne l’interiorità. Quindi in prima fila vi è il surrealismo il cui precursore per me rimane Hieronymus Bosch (un genio che ha precorso i tempi di secoli). Mi fermo perché potrei andare all’infinito.

Le illustrazioni giocano un ruolo fondamentale nel libro, contribuendo a creare un’atmosfera unica. Come hai sviluppato questa componente visiva e che importanza ha per te l’interazione tra testo e immagine?

Tutto è partito da cinque tavole che avevo pronte e che spontaneamente si univano in una storia. La parte magica è stata incoraggiata proprio dai disegni. Lo so, sembra che il mio corpo sia dominato dall’esterno, ma a volte è il nostro inconscio che ci guida sia nel disegno che nella scrittura. Mi piaceva l’idea di lasciare le descrizioni in mano ai disegni e non alle parole, e confesso di non esserci riuscito appieno, molto di ciò che avrei dovuto e voluto disegnare è rimasto dentro di me, ma talvolta lascio che l’arte si esaurisca col pensiero, conscio dei miei limiti espressivi. Inoltre, legandomi a quanto detto prima è giusto che il lettore abbia solo un input perché non voglio sia pienamente imboccato.

Se dovessi lasciare ai lettori un messaggio che sintetizzi il cuore della tua opera, quale sarebbe?

Accettare l’impossibile, perché lo uso come strumento di riflessione, su vari temi che si presentano quasi da soli: il rapporto dell’uomo con la natura, dell’uomo con l’altro, della vergogna, della paura, della libertà e dell’indipendenza, del rapporto con la famiglia. L’incomprensione sarà il motivo scatenante di tutta la vicenda e porterà ad un epilogo forse prevedibile ma è il percorso che ci interessa, non il risultato.

Non ci sono mostri nel buio è un viaggio che invita a guardare oltre le apparenze e a riscoprire la bellezza dell’immaginazione come antidoto alla paura e alla solitudine. Ringraziamo Alessandro Fabrizio Pisu Randaccio per aver condiviso con noi il suo percorso creativo e le sue riflessioni. Invitiamo tutti i lettori a lasciarsi trasportare dal suo racconto e a immergersi in un universo fatto di emozioni, simbolismo e magia.

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