GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: Bottonuto di fragole e sangue – Emanuela Signorini

Un viaggio nel tempo, nella Milano del 1926, tra omicidi, misteri e un quartiere ormai scomparso: Bottonuto di fragole e sangue di Emanuela Signorini ci trasporta in un’epoca di intrighi e segreti. Con una narrazione avvincente e un’ambientazione storica accurata, il romanzo cattura il lettore tra le strade del quartiere Bottonuto e le indagini dell’ispettore Egidio Farè, alle prese con un furto al museo del Teatro alla Scala e un giro di gioco d’azzardo che nasconde molto più di quanto appaia. Abbiamo il piacere di approfondire la genesi di questo giallo storico direttamente con l’autrice.

Il quartiere Bottonuto, cuore pulsante del suo romanzo, è oggi un luogo dimenticato. Come è nata l’idea di riportarlo in vita attraverso la letteratura?

Nel modo più insolito. Con la bella stagione mi piace girovagare per mercatini dell’antiquariato a caccia di cianfrusaglie e giornali degli anni Venti e Trenta. Sono una giornalista, è un passatempo molto adatto a una curiosona come me. Due anni fa incappai un uno stock di giornali locali di inizio secolo. Acquistai tutto e iniziai a sfogliarli. Mi diverte molto il modo in cui venivano riportate le notizie. A un certo punto, in una pagina della Stampa di Torino del 1926 bam! Ecco la notizia che colpisce! C’è stato un clamoroso furto al Museo del Teatro alla Scala, a Milano: qualcuno ha rubato gioielli molto preziosi e una spada famosa, ma senza nessun valore commerciale. La “breve”, come viene definita in gergo questa notizia, non va oltre. Ma la mia curiosità sì. Parte la caccia. Arrivo al Corriere della Sera di quel giorno, di quella notte. Trovo i dettagli del furto. E trovo, poco sotto, una notiziola che riguarda il quartiere Bottonuto a trecento metri scarsi dal luogo del misfatto. Non sono fatti collegati, ma quel nome mi entra nel cervello. Bottonuto? Che diavolo è, mi chiedo. Ho vissuto a Milano, ma non l’ho mai sentito. Mi aggrappo al telefono e chiamo milanesi doc. Nessuno sa niente. È la situazione ideale per stuzzicare la mia fantasia. Inizio a cercare ancora. Mi informo al Politecnico di Milano, scandaglio la rete, vado sul posto per cercare qualcosa che non c’è più. Alla fine, trovo molto, trovo tutto, persino la mappa del quartiere cancellato per sempre dal primo piano regolatore di Milano. C’è voluto tempo, un po’ di fortuna e tanta ricerca, ma alla fine con il furto al teatro e il quartiere scomparso ho il palcoscenico perfetto per i miei personaggi.

Egidio Farè è un ispettore di polizia alle prese con un’indagine complessa e piena di ostacoli. Come ha costruito il suo personaggio e quali sono le sue principali caratteristiche?

Come già nel mio giallo storico precedente, Il sangue nero di Mussolinia, dove il detective è un sacerdote, anche qui mi sono sforzata di inventare un personaggio vero. Non più intelligente di altri, nemmeno più forte e neanche particolarmente arguto. Ma testardo sì. La vita non è stata benevola con lui. È stato in guerra, la Grande Guerra, quando era molto giovane. Forse troppo. È tornato scoprendo di essere diventato orfano di padre e dunque capofamiglia. Su di lui grava la responsabilità di un fratello piccolo, con una menomazione grave, e una madre forte, ma sola. In più non è un ispettore di prima, cioè, titolare diretto di indagini, ma di seconda categoria, un subalterno. Eppure, qualcuno lo stima e lo protegge. Qualcuno in alto. Qualcuno che lui non deluderà.

Bottonuto di fragole e sangue è un intreccio di suspense, storia e sentimenti. Quanto è stato difficile bilanciare questi elementi per mantenere alta la tensione narrativa?

In verità non è stato difficilissimo. Dentro quel luogo ricostruito, mentre scrivevo, pagina dopo pagina ogni personaggio trovava la sua strada. Quando ho iniziato a buttare giù romanzi, qualche annetto fa, ricordo che mandai un mio manoscritto a un reader di una grande casa editrice. Dopo due settimane, mi inviò una mail con il suo giudizio. Scriveva che il testo era buono, lo stile anche, ma che tutto pareva scritto con il freno a mano tirato, come se avessi paura dei giudizi, come se una sorta di perbenismo letterario mi impedisse di farli essere come dovevano essere. Ci ho pensato su molto, poi ho tolto il freno. Da quel momento suspence, storia e sentimenti hanno preso velocità.

Il romanzo è ambientato nella Milano degli anni Venti, un periodo storico ricco di fermento sociale e culturale. Quali ricerche ha svolto per ricreare fedelmente l’atmosfera dell’epoca?

Qualcosina ho già detto poco sopra. Posso solo aggiungere che quel periodo in particolare mi è famigliare in quanto oggetto dei miei studi universitari. C’era molto fermento all’epoca. Si usciva da una guerra e la politica voleva il cambiamento. Si desiderava fortissimamente migliorare i luoghi e la vita delle persone, ad ogni costo. Nel bene e nel male. Così sparivano porzioni di città e se ne costruivano di nuove. Questo capitava ovunque. Milano non fece eccezione. Nel mio giallo precedente, Il sangue nero di Mussolinia, si costruiva dalle paludi una città che non era mai esistita, Mussolinia per l’appunto. Qui, in Bottonuto di fragole e sangue, c’è una rivoluzione urbanistica, la prima di queste proporzioni per il capoluogo lombardo. Via la città medievale, largo alle nuove costruzioni e alla nuova viabilità, chiusura dei navigli e palazzi più alti e più bianchi. Il tutto senza curarsi minimamente delle conseguenze storiche a cui si condannavano questi posti e la gente che li aveva sempre abitati. Nessuno prima del mio precedente giallo ricordava Mussolinia; nessuno, o forse pochissimi, ricordavano Bottonuto prima di questo mio ultimo lavoro. Io ho fatto la mia parte, ho strappato dall’oblio l’una e l’altro; adesso tocca all’immaginazione dei lettori fare rivivere quei luoghi dimenticati.

I lettori amano immergersi nei misteri di un buon giallo storico. Qual è, secondo lei, l’elemento che rende il suo libro unico rispetto ad altri dello stesso genere?

Ogni libro è unico, ovviamente. Bottonuto di fragole sangue però ha in più una sfida: offrire una storia avvincente (spero), scritta bene (mi auguro), ma soprattutto, una storia che ritorna ad essere viva. Per aiutare i lettori in questa ricostruzione storica, di tanto in tanto, alla fine dei capitoli che mi parevano più adatti, ho inserito briciole dei miei appunti: sono piccole curiosità storiche che mi hanno colpito e che voglio condividere. Spero siano apprezzate: sarebbe stato un peccato tenerle nei miei taccuini, non credete?

Grazie, Emanuela, per aver condiviso con noi il dietro le quinte del suo romanzo. Bottonuto di fragole e sangue è una lettura imperdibile per chi ama i gialli storici ricchi di colpi di scena e atmosfere d’altri tempi. Invitiamo i lettori a scoprire questa storia avvincente e a lasciarsi trasportare tra le vie della Milano che fu, dove ogni angolo nasconde un segreto. Buona lettura!

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