GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: SCIENZA E FEDE: UNA CONVIVENZA POSSIBILE? – Franco Belosi

Il dialogo tra scienza e fede è un tema che attraversa secoli di storia e di riflessioni, ma nel libro Scienza e fede: una convivenza possibile? di Franco Belosi, tale rapporto viene affrontato con uno sguardo contemporaneo e scientificamente fondato. L’autore, fisico di lungo corso con una vasta esperienza in ambiti di ricerca che spaziano dall’atmosfera alla salute pubblica, propone un approccio equilibrato e stimolante, in cui le due dimensioni non solo possono convivere, ma possono addirittura collaborare per comprendere meglio la realtà che ci circonda. Siamo lieti di ospitarlo oggi sul nostro blog per approfondire i temi del suo libro e la sua esperienza personale di scienziato credente.

Come nasce l’idea di scrivere un libro sul rapporto tra scienza e fede?

Fondamentalmente il libro nasce dalla mia esperienza di scienziato e di credente. Spesso si dà per scontato che la scienza e la fede non abbiano possibilità di interazione tranne nel caso in cui venga segnata una sconfitta della seconda rispetto alla prima. Ma se osserviamo a fondo, anche la scienza non se la passa tanto bene non solo come credibilità presso la pubblica opinione (vedi la recente vicenda del vaccino per il COVID-19 e le relative contestazioni) ma anche come forma di conoscenza in sé e per sé della realtà, a prescindere dalla sua immediata utilità pratica. E’ paradossale, ma sembra che l’avere messo da parte la fede cristiana come una delle dimensioni fondamentali dell’uomo, porti con sé anche la perdita di valore della scienza quasi che esistesse un legame nascosto fra queste due forme di conoscenza. Il libro mette in evidenza tale legame e mi sembra importante, per il tempo che stiamo vivendo, rivalorizzare sia la scienza che la fede ed evidenziare come dal loro reciproco rapporto l’uomo potrebbe trarre elementi utili per affrontare le sfide del tempo presente.

Nel suo libro sostiene che scienza e fede sono metodi di conoscenza diversi ma complementari. Può spiegarci come?

Che la scienza rappresenti un metodo di conoscenza, non credo ci siano dubbi in merito. Attraverso di essa conosciamo ad esempio i costituenti elementari della materia, il ciclo di vita delle stelle, come si sono formate le galassie e probabilmente anche come è nato il nostro universo. Ma questa conoscenza riguarda la totalità della realtà oppure solo quella parte di essa che può essere misurata? E questa parte misurabile è rappresentativa degli aspetti più essenziali della nostra esistenza, oppure ci sono elementi quali ad esempio le idee, i giudizi e le scelte che non sono misurabili ma sono egualmente fondamentali? La scienza e anche la filosofia ci portano come sulla soglia di un mistero della realtà che percepiamo con la nostra ragione e che esprimiamo attraverso alcune domande fondamentali: perché ci sono le cose? dove vado? perché ci sono? io chi sono? Domande che il nostro cuore ci suggerisce ma che non trovano risposte esaurienti nell’ambito della scienza e della filosofia. È come entrare in una stanza completamente vuota ed avvertire un getto di aria calda: lo percepiamo ma non ne conosciamo l’origine. Le religioni nascono dal tentativo di penetrare in questo mistero che ci circonda. Ma nella storia è avvenuto un fatto straordinario, il mistero si è rivelato. Il poeta T. S. Eliot scrive a tal proposito: “…nella storia dell’umanità è giunto un momento predeterminato, un momento nel tempo e del tempo, che ha sezionato e bisecato il tempo. Il tempo fu creato attraverso quel momento, poiché senza significato non c’è tempo, e quel momento di tempo diede il significato…” (Cori da “La Rocca”). Ora il problema è la credibilità di questo “momento”, cioè se l’evento è accaduto veramente, e se è pertinente alla mia vita. Rispondere a questi interrogativi coinvolge tutta la mia persona ed implica anche il metodo di conoscenza per fede.

Qual è stata l’influenza della sua lunga esperienza scientifica nei suoi studi sul dialogo tra scienza e fede?

Il libro raccoglie delle riflessioni che nascono dalla mia personale esperienza come ricercatore piuttosto che da riflessioni teoriche. Non mi hanno molto interessato i tentativi di utilizzare le scoperte scientifiche per avere conferme o smentite della credibilità della fede cristiana. Come ho scritto nel libro tale credibilità deve essere conquistata sul campo della esperienza personale. Uno scienziato può essere bravo o no indipendentemente dalle sue convinzioni religiose. Nella mia esperienza non è questo il punto. Allora cosa ha aggiunto la fede cristiana nel mio lavoro di ricercatore? Se guardo alla mia esperienza sono diversi i contributi che si ricavano. Ne citerò solo due. Il primo riguarda una maggiore predisposizione ad accettare il dato della realtà. Anche un esperimento il cui risultato non è quello atteso ha comunque degli aspetti conoscitivi positivi. Nel campo della ricerca scientifica c’è la forte tentazione di mettere al primo posto la carriera o di arrivare per primi ad una data scoperta sacrificando, se necessario, anche le relazioni fra colleghi oppure mettendo da parte i risultati che non sono in linea con le proprie ipotesi. L’esperienza cristiana mi ha aiutato a non cedere a questi aspetti così presenti in un ambiente fortemente competitivo come quello della ricerca scientifica. Un secondo contributo riguarda l’ottica con cui ho guardato i giovani con i quali ho interagito attraverso tesi di laurea, tesi di dottorato o assegni di ricerca. Frequentemente accade che i giovani, nei gruppi di ricerca, vengano considerati solo come “forze lavoro” che devono fare progredire il gruppo (o più precisamente il suo capo) senza troppo preoccuparsi del loro futuro. La esperienza cristiana che vivo mi ha portato ad avere uno sguardo più completo su quei giovani che hanno interagito con il mio lavoro professionale, avendo sempre la preoccupazione di “insegnargli un mestiere” e favorendoli in ogni modo, perché potessero trovare un lavoro. Non ho lasciato “precari” e di questo sono contento.

Il libro è ricco di citazioni e riferimenti bibliografici. Come ha selezionato le fonti e quale ruolo hanno giocato nel costruire la tesi della convivenza tra scienza e fede?

In alcuni casi ho trovato negli autori citati degli spunti di riflessione che mi hanno aiutato a comprendere meglio la mia esperienza scientifica. In altri casi il percorso è stato l’opposto: ho ritrovato in alcuni autori dei giudizi che la mia esperienza mi stava suggerendo. Ho iniziato ad appassionarmi alla Fisica quando compresi che i grandi scienziati erano innanzitutto degli uomini che avevano sulla realtà le mie stesse domande e che con il loro lavoro cercavano di trovare risposte. Così ho iniziato a leggere le biografie dei grandi scienziati: Newton, Maxwell, Einstein, Planck, etc… Ma anche sul versante della fede mi hanno attratto quegli autori che mettevano in campo la ragione: Guardini, Von Balthasar, Ratzinger. Ultimo ma non meno importante mons. Luigi Giussani che è stato per me un testimone della fede cristiana, vissuta come una proposta che riguarda le domande fondamentali della mia esistenza.

Quali crede siano i passi più importanti da compiere per favorire un dialogo costruttivo tra scienza e fede nella società di oggi?

In primo luogo, favorire dei luoghi di dialogo reale. La possibilità stessa del dialogo, se si considerano i mezzi di comunicazione, oggi sembra sacrificata sull’altare dell’audience che a sua volta risulta proporzionale agli urli di chi grida più forte piuttosto che allo scambio di valide argomentazioni. Insomma, si dà per scontato che le persone non abbiano più voglia di riflettere e di ragionare. Ma in realtà non è così. Quindi è essenziale creare degli spazi di dialogo effettivo. In secondo luogo, e in linea con il punto precedente, il rispetto per le posizioni diverse dalle proprie. Oggi assistiamo, con sempre maggiore frequenza, ad episodi di intransigenza e addirittura di violenza nei confronti di chi ha idee non in linea con il “politicamente corretto”. Perciò favorire il più possibile degli spazi di libertà di espressione e di confronto fra idee e posizioni anche diverse risulta fondamentale per non alimentare un clima di tensione e addirittura di violenza. La scienza, quando è veramente intesa nella sua essenza di ricerca della verità, e la fede, quando non diventa fanatismo, rappresentano dei baluardi a queste manifestazioni di riduzione della libertà di espressione oggi così pericolosamente evidenti. Terzo, avere fiducia nella scienza. Come riporto nel libro, è ammissibile che la posizione di chi ha studiato un argomento per decine di anni valga tanto quanto l’opinione di chi ha letto un paio di cose su internet? In sostanza è necessario avere fiducia nell’altro: la burocrazia crescente in ogni aspetto della vita (e che sta soffocando anche la ricerca scientifica) ha le sue radici nella sfiducia verso il prossimo. Siccome non mi fido di te, allora metto tutta una serie di regole burocratiche e “paletti” per controllarti. Perciò avere fiducia nella scienza, ma soprattutto nelle persone che seriamente si dedicano alla ricerca scientifica. Attenzione, questo però richiede che chi fa scienza abbia una sensibilità verso la realtà e verso le persone, tale da meritarne la stima. Per questo il dialogo fra la scienza e la fede può dare un contributo molto importante.

Ringraziamo Franco Belosi per aver condiviso con noi il suo prezioso punto di vista e il suo affascinante percorso che unisce scienza e spiritualità. Scienza e fede: una convivenza possibile? ci invita a superare pregiudizi e barriere, esplorando con apertura mentale due vie di conoscenza che, lungi dall’essere in conflitto, possono arricchirsi reciprocamente. Un libro che non solo stimola il pensiero, ma offre spunti concreti per affrontare le complessità del nostro tempo.

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