Oggi abbiamo il piacere di intervistare Antoaneta Danci, autrice del toccante libro Il mio nome è scritto nel libro della vita. Con una scrittura intensa e carica di emozioni, Antoaneta ci racconta il suo viaggio straordinario dalla Romania socialista fino alla scoperta di sé e della sua identità. Un’opera che non è solo una testimonianza personale, ma un simbolo di resilienza e speranza. Attraverso le sue parole, ci immergiamo in una storia che tocca il cuore e ispira profondamente. Benvenuta, Antoaneta, e grazie per essere qui con noi.
Il suo libro racconta un percorso di vita straordinario e complesso. Cosa l’ha spinta a trasformare la sua storia personale in un’opera letteraria?
Era un sogno da piccola, volevo realizzare il suo sogno, volevo riconoscerla come la mia bambina interiore. Si, il mio inferno vissuto dalla nascita fine in età adulta si è trasformato in un’opera letteraria, perché lo volevo per lei, per quella bambina me, per dargli dignità, dare il suo spazio nel mondo. La vita mi ha chiamato a dare testimonianza permettendomi realizzare questo sogno, lasciando una traccia dietro di noi. Mi direte… sto sognando… ma chi dice che i sogni non si avverano? Il libro è il frutto di appunti e riflessioni che non potevano restare più in silenzio. Nel passato non ho mai avuto nessun sostegno dalle persone, mi sono auto modellata, creata da sola, avevo paura di disturbare chiedendo aiuto, ma ora capisco quanto sia importante superare le paure chiedendo aiuto se è necessario. La vita è piena di sfide, ma ogni sfida è un’opportunità per crescere e diventare più forti. Non è stato affatto un’impresa facile e ho dovuto mettermi a nudo ed affrontare le mie paure e insicurezze seguendo il mio sogno di ritrovare le mie radici. Sono stata in passato valutata un caso clinico. Le pare che possa essere una ragione sufficiente? Il lettore potrebbe scegliere di leggere questo libro perché offre un punto di riflessione sulla vita, dopo tutto, dove ci sono problemi esistono anche soluzioni, e posso garantire che a volte le difficoltà stimolano a non mollare la presa. Sono sicura che ognuno di noi possa trovare la via verso la trasformazione. Ognuno di noi può trovare l’equilibrio interiore, anche se non si è perfetti. Per combattere la vita serve tanta forza e coraggio che non so da dove arriva, ma intuisco che c’è una forza superiore che si è sempre preso cura di me. Ancora di più ce ne vuole per raccontarla, soprattutto di difficoltà, di ostacoli da superare, di lacrime e sofferenza da mandare giù. Ma per fortuna c’è chi ci riesce, regalando agli altri un libro “che non vuole insegnare niente, ma che spero servirà per riflettere”. Mi è servito tanto lavoro interiore, sono 32 anni di introspezione e ancora non è finito il mio percorso di consapevolezza che ogni giorno migliora un po’ il mio quotidiano. E come me, spero ci riescano tutte le donne che per una cosa o l’altra si ritrovano nelle mie stesse condizioni. L’evoluzione personale è stata un tema centrale nella mia vita. Inoltre, le persone che ho incontrato lungo il mio cammino, e le loro storie di vita, mi hanno dato una grande motivazione. Ogni incontro è stato una lezione e una fonte di ispirazione. Ogni sfida, ogni successo, e ogni fallimento sono stati passi importanti nel mio percorso di crescita. Ho imparato a vedere ogni esperienza come un’opportunità per evolvere e migliorare. Questa prospettiva mi ha aiutato a superare molti ostacoli e a trovare un senso più profondo nella mia esistenza. Il mio suggerimento è di non arrendersi mai, cercare sempre quella forza profonda all’interno di se stessi, e lì che vedrai lo splendore della tua luce anche nei momenti più bui. La speranza la trovi dentro di te, è una forza potente che può guidarci attraverso qualsiasi tempesta. Spero che i lettori possano vedere che, nonostante le difficoltà, c’è sempre una via d’uscita e la possibilità di ricostruirsi. Ognuno di noi ha una forza dentro di sé di affrontare le battaglie e alla fine del tunnel ci vedremo la luce. La resilienza, la forza, il coraggio, l’intuito, l’istinto di sopravvivenza sono temi centrali della mia vita e del mio libro.
Nel libro affronta temi universali come l’abbandono, la ricerca di appartenenza e la resilienza. Quale messaggio vorrebbe che il lettore portasse con sé dopo averlo letto?
Sentivo che era giunto il momento di condividere la mia storia. Non mi sono mai sentita una bambina, una adolescente e una donna che sia sentita a casa nel mondo, non ho mai avuto il mio spazio, non avevo il senso di appartenenza, e questo ha comportato tanti momenti critici di identità. Non sapevo chi fossi. Da piccola sognavo che un giorno avrei potuto scrivere, dando così voce a quello che era stato soffocato in me per lunghissimi anni, ho incominciato a mettere su carta quello che mi succedeva, sono poi serviti tantissimi anni per elaborare un pezzo di vita. Ogni giorno mi si presentava la stessa domanda: “Quando sei nata? Da dove vieni? Quanti anni hai?”. Mentre in genere tutti hanno una propria identità riconosciuta e affermata, io mi sono sempre chiesta quanto gli altri sappiano realmente chi sono e da dove vengono? Ho desiderato sempre che con la parola, con la scrittura potessi arrivare al cuore delle persone, testimoniando che nella vita si può sempre migliorare: assaporando un giorno alla volta, vivendo il presente è questo che dà un senso sia al mio lavoro che alla mia esistenza. Non ho mai avuto la fortuna di conoscere le persone speciali, ho dovuto andare incontro io alla scomodità della vita, ho dovuto andare oltre, e nel tempo ho capito che tutto quello che è comodo non aiuta nessuno a crescere. Quando sei disperato e ti crolla tutto addosso sviluppi un potente istinto di sopravvivenza, facevo di tutto pur di stare in piedi. Tutto ciò mi ha costretto a guardarmi veramente dentro di me senza filtri, osservare e capire la mia nudità. La vita mi ha portato attraverso esperienze uniche e sfide significative, e credo che queste esperienze possano ispirare e aiutare altre persone a trovare la loro strada e a superare le loro difficoltà. Il titolo rappresenta il filo conduttore della mia vita. Ogni capitolo del libro esplora una fase diversa della mia esistenza, e il titolo riflette l’essenza di questo viaggio personale, un viaggio all’interno della mia anima che era chiamata ad una introspezione profonda di conoscenza evolutiva di me stessa. Ho raccontato un vissuto estremamente vero e drammatico, pieno di ferite, cicatrici, traumi, violenze verbali, psico-fisiche emotive con diverse malattie che ho sviluppato durante la crescita fino a oggi. Dal lavoro che ho fatto e continuo a fare su me stessa ho sentito la necessità di trasformare la mia vita in un libro, in un film drammatico consapevole che hai la possibilità di stare meglio con te stesso e con gli altri. Spero che il mio libro possa offrire conforto e ispirazione a chi lo legge, che il lettore possa sentire e osservare da un’altra prospettiva che non siamo soli nelle nostre difficoltà, che è possibile superare qualsiasi ostacolo., se il desiderio di star bene e profondo allora tutto può accadere. La mia storia non è fantascienza, è una testimonianza di resilienza e speranza, e spero che possa aiutare gli altri a trovare la loro forza interiore come io ho trovato sentendo che qualcuno lassù mi ama!!!
La sua infanzia in orfanotrofio e l’esperienza dell’adozione hanno segnato profondamente la sua identità. Come ha trovato la forza di affrontare e superare queste sfide?
Parto proprio dal titolo del libro che già in partenza dice tutto. Il mio nome era già scritto nell’universo, già dal giorno della nascita non dovevo essere, già non sono stata riconosciuta alla nascita, questa è stata la prima ferità indelebile per me appena nata. Non avere un nome, un’identità. Ma al contrario di tutto sono sopravvissuta, questo lo vedo come un miracolo della vita. Credo che la mia anima abbia fatto una scelta troppo azzardata viaggiando disperata nell’immensità dell’oscurità, in speranza di trovare uno spiraglio di luce. Già da piccola non capivo perché le persone intorno a me litigassero, non capivo la loro aggressività, l’autorità, la cattiveria che veniva scaricata su di me. Vivevo ogni giorno il dramma di essere non compresa, non amata, non coccolata, si, ero un’estranea per questa famiglia che mi hanno adottato. Parlo a voi, mamma, papà, e nonna. Quando siete arrivati in Orfanotrofio avete fatto il giro nel grande stanzone dei bambini, già vi vedo come guardavate tutti noi dove eravamo tutti bisognosi, eravamo soli, sporchi, affamati e non amati. Mamma mi ricordo quando ero più grande ti ho chiesto come hai trovato me? E tu mi hai raccontato che passando davanti al mio lettino bianco di ferro con le sponde alzate, hai visto me con le braccia alzate, hai visto le mie lacrime, hai sentito il mio pianto straziante in quello stanzone, e il tuo cuore si è ammorbidito, si è sciolto e hai preso il pacco che era tutto tuo, (IO). Purtroppo, neanche a te nessuno ti ha insegnato come si cresce una bambina. I medici vi hanno avvertito che avevo problemi seri di salute, ma tu a tutti i costi hai voluto me, e per questo cara mamma con occhi e il cuore di oggi ti sono infinitamente piena di gratitudine per il gesto, per il coraggio che hai avuto di intraprendere questa avventura insieme a me. Ho avuto dei genitori biologici che mi hanno dato la vita, e ho avuto dei genitori adottivi che mi hanno scelto, mi hanno salvata, a tutti costi dovevo vivere e imparare dall’esperienza cosa e l’amore. Ero piccolissima e facevo come tutti bambini delle marachelle, la nonna e la mamma erano molto violente, aggressive verbalmente e fisicamente, e sotto queste torture scoprii che non ero la loro figlia. A mano a mano che crescevo chiedevo alla mamma se sapesse qualcosa del mio abbandono. Quando la mamma e la nonna erano fuori casa entravo nella loro stanza e cercavo documenti che potessero darmi delle risposte, chi erano i miei genitori biologici? purtroppo le mie ricerche non hanno dato nessun risultato. Per anni ho subito tutto in silenzio. Era tutto segreto. E così il tempo passava e io crescevo nel terrore assoluto. Da adulta cercai la verità, risulta nel registro anagrafico registrata “NESSUNO” quando vissi questa scritta nel registro anagrafico mi senti male, ero devastata. Per tutti ero nessuno. Non so chi erano i miei genitori biologici, non so se stava male uno di loro, se mi hanno rubato, se ero la figlia della violenza, se ero la figlia della strada, la figlia di chi? Ci sono tanti interrogativi, tanti dubbi, tante domande senza una risposta. E un percorso molto complesso, con molti interrogativi. Da piccola scrivevo di nascosto, avevo scritto nei quaderni quello che mi stavano facendo la mamma e la nonna adottiva, i miei quaderni gli nascondevo nell’armadio, avevo terrore di loro due, erano le donne generali della casa in quale vivevo. E da qui un profondo voler sapere chi ero, perché mi trovavo in questi posti sconosciuti a me? Questo vissuto turbolento, violento prima l’abbandono nella stazione ferroviaria di Bucarest in una sala di attesa il mio essere piangeva, aveva bisogno di cure, di cibo, di affetto, di calore della mamma e del papà. Già fui gettata in mezzo al rumore, al caos del mondo. Mi sono detta la vita mi ha tolto tutto quello che era più caro, un punto di riferimento per poter crescere bene. Crescendo con il tempo mi sono chiesta tante volte perché la vita mi ha messo a queste prove terribili? Mi sono sentita sempre un peso per gli altri, mi sentivo che disturbavo loro con le mie richieste e la mia presenza nella loro casa. Ero fuori posto ovunque andassi, non andava bene una. L’esperienza dell’infanzia, dell’abbandono, dell’orfanotrofio, e dell’adozione, è stato devastante proprio dalla nascita. Il mio punto di forza, che è stato il mio principale punto debole sono state le varie mancanze e le relazioni varie con quale ho dovuto confrontarmi, entrare dentro per comprendere le relazioni umane, c’era troppa sofferenza che vedevo, che assistito, che subivo in famiglia, nelle amicizie, che nella società in quale mi trovai. La disperazione, il dolore dell’anima è stato lo scatto che mi ha spinto a cercare, indagare su di me che sono un essere umana anche io, che non sono un extraterrestre, sono un essere sensibile, vulnerabile e guardo la natura umana da più punti di vista, che a volte mi spaventa, soprattutto quello delle relazioni e del senso della vita. Speravo che con il tempo potessi trovare delle risposte che cercavo, ma la società, la scuola, la famiglia era tutto molto limitante, non era quello che volevo, non sapevo bene che bisogno avevo, cosa cercavo. E la vita mi mise di fronte alcune esperienze molto devastanti, di relazioni disfunzionali, matrimonio pieno di avventure dolorose che non mi hanno aiutato a migliorarmi, ma ho perso contatto con me stessa. Cosa volevo? Volevo la verità, quale era la verità, quale era il senso della mia vita e perché sono venuta al mondo, per fare cosa? Ho lavorato per lunghissimi anni per sciogliere e trasformare in meglio lo stato di sofferenza, di dolore, di depressione, di confusione, di malattia, di stress, e di frustrazione ad uno stato di benessere, imparando a guardare le mie ferite trasformando tutto in opportunità di miglioramento, di chiarezza e amorevolezza per me stessa e gli altri. I capitoli più difficili da scrivere sono stati quelli in cui ho dovuto rivivere momenti di grande dolore e perdita, in particolare il capitolo dell’abbandono. Rivivere quelle emozioni è stato molto doloroso e, a volte, quelle sensazioni ancora mi tormentano. È stata una parte della mia vita molto difficile, ma importante da condividere, il mistero della vita in quale ho vissuto mi voleva mostrare, insegnare che la vita non era solo inferno, che c’era anche tanta bellezza che serviva di trovarla dentro di me, solo li potevo trovare cose a me sconosciute fino ad oggi, una forza divina che ho trovato all’interno di me stressa, la forza che nei momenti più bui dell’anima mi ha preso per mano accompagnandomi ad uscirne fuori un passo alla volta.
La maternità è descritta come un punto di svolta nella sua vita. In che modo questa esperienza l’ha aiutata a elaborare il suo passato?
In una notte magica, unica e irripetibile la vita fece un ennesimo miracolo con me, dopo difficili nove mesi di stare insieme, mi regalo una creatura meravigliosa, mio figlio Lucian. Inizialmente riconosco che non mi sono resa conto della mia gravidanza, dopo due mesi mi resi conto che dentro di me accadeva qualcosa, ma non solo. Nello stesso anno, nell’autunno, mi trovai in ospedale in seguito a una minaccia di aborto, ricordo che una mattina tutti scapparono via, sentii uno strano movimento del letto e della stanza, rimasi ferma aggrappandomi alle sbarre sino a tarda notte, avevo paura di morire insieme al mio piccolo, senza neppure capire cosa stesse accadendo. Terremoto. Avevo la flebo al braccio destro e stavo vivendo un’altra dura esperienza insieme a mio figlio, eravamo sempre in difficoltà, ma eravamo insieme. Finalmente un’infermiera si affaccia alla stanza e vede che avevo la flebo che mi impediva di muovermi. I rischi sono stati tanti. Riaprii gli occhi dopo lo shock e vidi intorno a me solo macerie, era tutto grigio, fumo, polvere, stavo realizzando quel che era successo. Mi alzai e andai alla finestra, vedevo moltissima gente smarrita, spaventata, che correva da una parte all’altra, chi in pigiama, chi vestito: uno scenario tremendo. Ancora una volta non sapevo se piangere o essere contenta del fatto di esserci salvati entrambi. Ero alla ricerca di qualcuno che si prendesse cura di noi, delusa dal fatto che mio marito ancora una volta, non si presentava. Mi rammaricavo del fatto che il mio bambino aveva dovuto in qualche modo vivere insieme a me questa situazione e avesse potuto soffrire delle mie stesse paure. Lì, forse, mi resi conto che non potevo controllare ogni cosa della mia vita, poiché ci sono fatti che accadono nostro malgrado, ciò non toglie che comunque io non mi sia mai arresa. Avevo 29 anni compiuti, come sempre dati anagrafici approssimativi, niente di certo, come anche la mia vita. Lucian iniziò a farsi sentire così andai in ospedale, dove i medici si mostrarono disponibili ad assistermi al parto per via dei precedenti interventi all’addome e il rischio che ne conseguiva. La nascita di mio figlio fu un miracolo. Perché un miracolo? Dopo il coma e i vari interventi chirurgici subiti in passato, mi è stato comunicato dal medico che mi ha operato che non avrei più potuto avere figli. Nonostante ciò, il chirurgo che in quegli anni mi salvò la vita con la sua professionalità, fece in modo che il mio piccolo arrivasse, un lungo, estenuante travaglio, un’eroica impresa: ecco il mio piccolo, per un breve istante lo posano sulla mia pancia, lo controllavo per vedere se avesse tutto a posto, avendo sofferto così tanto assieme a me, non aveva un aspetto tanto roseo e rilassato. Questi momenti scanditi dall’essere sempre da sola mi ricordavano la mia nascita, il fatto di non avere nessuno al mio fianco nel momento di necessità. Il crescere da soli. Nonostante nei mesi successivi la salute di Lucian fosse a periodi molto delicati era sempre vivace, giocherellone, sorridente e affettuoso. Io, ero molto preoccupata, mi prodigai in tutto e per tutto cercando di fare del mio meglio con ciò che avevo a disposizione. Cosa che non è stata sempre facile ma, sorretta da forza e coraggio che anche lui mi trasmetteva con la sua presenza, riuscivo a vincere di volta in volta le mie piccole battaglie. Ora sono consapevole di tutte le mie decisioni giuste o sbagliate e me ne prendo ogni responsabilità, senza dare colpe o meriti a nessuno all’infuori di me. Per il matrimonio ho deciso io, per il figlio ho deciso io, per l’aborto ho deciso io, per il lavoro ho deciso io. La mia “follia” mi diceva che tutto era perfetto così. Eravamo uniti nella nostra pura follia.
Scrivere può essere un processo terapeutico e catartico. Com’è stato per lei raccontare la sua storia e rivivere momenti così intensi attraverso la scrittura?
Il concetto di scrittura è un potentissimo strumento terapeutico, per questo mi sono cimentata in questa ardua impresa. La scrittura è stata un viaggio di auto-esplorazione nella mia anima, nella mia essenza. Ho passato molto tempo a riflettere sui momenti chiave della mia vita e su come mi hanno trasformata. È stato un processo catartico, che mi ha aiutato a comprendere meglio me stessa e a fare pace con il mio passato. Scrivere di quei momenti è stato emotivamente impegnativo, ma anche terapeutico. Questo libro vuole essere una testimonianza e al contempo una forma di riscatto per tutti i bambini che, come me, sono diventati adolescenti, ragazzi, adulti, vivendo parte della loro vita negli Istituti, sulla strada, nella precarietà. Provando a dar voce a chi è stato privato della propria infanzia, della parola, della dignità, del rispetto e della cosa più importante di tutte: l’Amore. Se la mia storia potesse servire in qualche modo a infondere coraggio, per superare alcune prove che la vita ci presenta sul nostro cammino, tutto questo mio lavoro avrebbe raggiunto il suo senso più elevato. Con grande impegno e non poca fatica, ho tentato di superare grandi barriere che sorgevano talvolta improvvisamente, una tra queste sicuramente l’impegno a comprendere e ad accettare una lingua e una cultura completamente diverse dalle mie. Sono grata alla vita ma anche alla mia tenacia e alla mia caparbietà, per avermi stimolata a emergere, trasformando i miei limiti in punti di forza. Raccontandomi, ho voluto fissare su carta emozioni, sentimenti, pensieri, ripercorrendo con coraggio il mio sentiero, cercando di comporre una melodia che apre le porte a tempi diversi. Viaggiare attraverso un racconto, anche se talvolta molto doloroso, mi ha dato modo di conoscermi meglio, mi ha aiutata a dare un nome alle cose, per poi guidarci tra le pagine della mia vita verso la strada della consapevolezza. Durante il processo di scrittura, ho riscoperto molte storie dimenticate della mia infanzia e adolescenza. Questo mi ha fatto riflettere su quanto le piccole esperienze possano avere un grande impatto sulla nostra vita. La scrittura mi ha permesso di esprimere emozioni e pensieri che avevo tenuto dentro per molto tempo. Mettere nero su bianco le mie esperienze mi ha aiutato a elaborarle e a trovare un senso di chiusura. È stato un modo per lasciar andare il peso del passato e guardare al futuro con rinnovata speranza e determinazione. E vorrei incoraggiare chiunque stia attraversando un momento difficile a non perdere mai la voglia di crescere. La vita è un viaggio continuo di evoluzione e ognuno di noi ha il potenziale per superare le sfide e trovare la propria strada. Grazie a voi per questa opportunità. È stato un piacere condividere la mia storia con tutti voi.
Grazie, Antoaneta, per aver condiviso con noi il suo straordinario percorso di vita e le riflessioni dietro al suo libro Il mio nome è scritto nel libro della vita. La sua testimonianza è un esempio di come anche le esperienze più dolorose possano essere trasformate in una fonte di ispirazione e speranza. Auguriamo a lei e alla sua opera il successo che merita e invitiamo i lettori a immergersi in questo libro, capace di toccare l’anima e lasciare un segno indelebile.
