Benvenuti sul blog del Gruppo Albatros. Oggi abbiamo il piacere di ospitare Antonello Di Pietro, autore di “Contro lo specchio”, una raccolta di sei racconti che esplorano il tema del confronto con sé stessi, tanto attraverso il riflesso materiale dello specchio quanto in una dimensione astratta e metafisica. Il viaggio emotivo dei protagonisti di Di Pietro ci invita a riflettere su come affrontiamo le nostre insicurezze, rimpianti e ombre interiori, in racconti che parlano al cuore e alla mente. In questa intervista, Di Pietro ci porta dietro le quinte della sua scrittura, condividendo con noi le ispirazioni e i processi che hanno dato vita a queste storie intense e intrise di introspezione.
“Contro lo specchio” è una raccolta di racconti che si concentra molto sul tema del confronto con se stessi. Cosa ti ha portato a esplorare questa tematica, e qual è il messaggio che speri di trasmettere ai lettori?
Da sempre ho avuto un rapporto particolare con lo specchio, a volte conflittuale, altre volte confidenziale, persino complice. In “Contro lo Specchio” ho voluto condividere parte di questa esperienza. Questo libro non nasce con l’intento di insegnare o trasmettere valori specifici. Piuttosto, è un invito a guardarsi dentro, a riflettere su chi siamo, su come ci percepiamo, e su come ci relazioniamo con gli altri. Lo specchio, sia nella sua dimensione materiale che in quella più astratta, metafisica o addirittura astrale, è il mezzo per tale esplorazione. Esso funge da portale tra due mondi: quello dentro di noi e quello fuori di noi. Metterli in comunicazione non è sempre facile, ma è essenziale per vivere in armonia. Contro lo Specchio offre uno spunto per iniziare questo viaggio, un percorso tanto individuale quanto universale.
Il primo racconto si apre con una scena semplice ma densa di tensione: “Una sera in un bar, un uomo inizia a fissare una ragazza”. Come nasce questa scena, e come si collega con il resto della raccolta?
Questa scena nasce dalla mia curiosità per i momenti della vita quotidiana, per quei frammenti che alle volte racchiudono la complessità emotiva dell’uomo. Fissare qualcuno può sembrare un gesto banale, ma è altresì carico di significati: curiosità, attrazione, disagio, bisogno inconscio di riconoscersi nell’altro. Questo momento incarna il tema centrale della raccolta: il confronto con l’altro e con se stessi. Nel primo racconto è diretto e immediato, negli altri invece si declina in modi diversi: attraverso uno specchio reale, un oggetto, un animale, un ricordo, o persino una percezione di sé. “Una sera in un bar, un uomo inizia a fissare una ragazza” è l’incipit ideale perché, con semplicità e tensione, introduce quel gioco di riflessi in cui sovente si resta accecati, quello scontro di percezioni volto a definire, tra piccoli gesti e grandi domande, la nostra identità.
In “Al mattino”, il protagonista affronta le proprie imperfezioni fisiche con una crescente angoscia. Quale ruolo ha il tema dell’immagine di sé all’interno della raccolta, e come pensi influenzi la nostra vita quotidiana?
L’intera raccolta poggia sulla dicotomia che spesso si realizza tra quello che pensiamo di essere e quello che appariamo in uno specchio o agli occhi degli altri. Di qui il dramma: Chi siamo veramente? In “Al mattino”, questo scollamento emerge in modo crudo: il protagonista si misura con la propria immagine riflessa, percependo le sue imperfezioni non come dettagli, ma come simboli di un disagio più profondo. Questo racconto esaspera la tensione tra ciò che vediamo nello specchio e ciò che desideriamo vedere, senza offrire risposte, ma ponendo una lente sul conflitto interiore che ci accompagna quotidianamente. In una società che privilegia l’apparire sull’essere, l’immagine di sé può quindi diventare un campo di battaglia: tra ciò che desideriamo essere, ciò che temiamo di essere e ciò che vogliamo mostrare agli altri. Questo tema attraversa tutta la raccolta: ogni racconto lo esplora in modo diverso, suggerendo come il rapporto con noi stessi influenzi le nostre scelte, i nostri legami e la nostra capacità di vivere autenticamente. È una riflessione su come ci guardiamo e su come la nostra immagine, reale, distorta o idealizzata, finisca per modellare la nostra esistenza, portandoci spesso a inseguire un qualcosa che non ci appartiene e a vivere una vita non nostra, o lontana dai nostri reali desideri.
Ogni racconto presenta personaggi che si trovano ad affrontare un disagio interiore. Quali sono state le tue fonti di ispirazione per questi personaggi e come hai costruito le loro storie?
I racconti non sono prettamente autobiografici, bensì si configurano come stralci, frammenti di storie verosimili, che direttamente o indirettamente mi sono capitate di vivere. Quando si scrive c’è sempre parte di sé, sebbene il più delle volte in maniera alquanto romanzata. Pertanto, non c’è nessun personaggio che mi riflette in toto, ma è anche vero che in ciascun personaggio c’è qualcosa di me. La costruzione dei personaggi nasce proprio da questa commistione: una parte di vissuto personale, filtrata attraverso l’immaginazione, e una parte ispirata da persone incontrate o da situazioni che mi hanno colpito. Ogni personaggio diventa così uno specchio, non solo di me stesso, ma anche del mondo che mi circonda. I loro disagi interiori, le loro fragilità, le loro contraddizioni riflettono conflitti che, in modi diversi, tutti noi possiamo riconoscere. Non ho cercato di renderli perfetti o esemplari, ma autentici, con tutte le sfumature e complessità che rendono umano un personaggio.
Il racconto “Il sorriso della gatta nera” ha un tono molto complesso e drammatico. Puoi dirci di più su come è nato questo racconto e cosa rappresenta per te il personaggio di Lucrezia?
Il racconto nasce dalla volontà di esplorare il tema della ricerca di sé in un contesto segnato da abbandoni, inganni, ipocrisie, violenze, abusi. Nel racconto “Il sorriso della gatta nera” si narra di un dramma che si intreccia con altri svariati drammi, a cui ci si oppone con un enigmatico sorriso mesto e gaio, che reca in sé tanto le note amare del dolore quanto quelle soavi della letizia, in un’impavida sublimazione della beata resilienza. Per me, Lucrezia incarna un paradosso esistenziale: è un personaggio che fa sempre la cosa giusta, ma per ragioni sbagliate o comunque che la privano di una vera libertà interiore. Lei vive nel senso di colpa, per il senso di colpa. Lei rappresenta tutto ciò che non vorrei essere. La sua parabola esistenziale non è solo un dramma personale, ma anche una riflessione più ampia sulla difficoltà di vivere autenticamente, al di là dei condizionamenti che non solo la società ma spesso noi stessi ci imponiamo.
Grazie, Antonello, per aver condiviso con noi il cuore e la mente dietro “Contro lo specchio”. Le tue storie ci spingono a guardare più a fondo dentro noi stessi, portando alla luce quelle insicurezze e speranze che spesso restano nascoste. Auguriamo a tutti i nostri lettori di scoprire nelle tue pagine nuove prospettive su ciò che significa affrontare il proprio riflesso, nella vita e nel percorso interiore.
