GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: Frammenti di un un’anima – Salvatore Assennato

“Frammenti di un’anima” di Salvatore Assennato ci conduce in un viaggio poetico denso e profondo, un percorso nei meandri dell’oscurità e della rinascita interiore. Attraverso un linguaggio visionario e penetrante, Assennato esplora le tematiche della solitudine, della follia e della lotta interiore, trascendendo le convenzioni per addentrarsi nella psicologia dell’Oltre. Con una crudele e affascinante bellezza, le sue parole evocano un lirismo cupo che scava nella fragilità e nella forza dell’animo umano. In questa intervista, ci racconta il significato di questo suo nuovo linguaggio poetico e la ricerca incessante della verità nascosta oltre le apparenze.

Qual è stata la scintilla che ha dato vita a “Frammenti di un’anima”? C’è stato un evento o una riflessione particolare che ti ha spinto a scriverlo?

Ho iniziato a scrivere questa raccolta per cercare di dare una forma, seppur incompiuta, a ciò che si agitava dentro di me e che è rimasto sepolto nella cenere, per tanto tempo. La mia natura inquieta mi ha spinto a creare immagini che potessero far vivere i “frammenti della mia anima” andata in pezzi nel corso della mia vita affinché ne prendessi consapevolezza ed iniziassi a ricomporla. Alcune situazioni recenti della mia vitai mi hanno spinto a compiere una scelta su me stesso: continuare nell’oscurità della morte o immergermi nella luce della vita, consapevole del fatto che avrei dovuto iniziare ad affrontare tutte le ferite che ancora stavano sanguinando dentro di me, ma delle quali dovevo prenderne consapevolezza. Guardare in faccia il mio dolore “nascosto” che sarebbe uscito allo scoperto con tutta la sua forza dirompente. Situazioni che mi hanno dato percezione del fatto che fosse arrivato il momento di iniziare a ricomporre quello che era stato spezzato e giaceva senza vita nelle profondità del mio essere: la mia anima, la verità della persona che realmente sono e che avevo smesso di scoprire e ricercare.

La follia è un tema dominante nel tuo libro. Come vedi la relazione tra follia e verità, e in che modo la tua poesia esplora questa connessione?

La follia (rompere gli argini della paura di essere pienamente se stessi) è lo strumento che ci rende reali perché ci fa andare oltre le semplici apparenze che ci imprigionano nella normalità di una esistenza fasulla, nella quale dobbiamo corrispondere a dei modelli esterni a noi che non fanno parte della nostra essenza, della nostra anima. Per superare questi muri dobbiamo essere folli, folli nell’accettare che potremmo essere accompagnati dalla solitudine (quasi sicuramente), folli nel diventare “estranei a questo mondo” … subire giudizi di una falsa morale che nulla ha a che fare con la realtà della nostra vita, la vita di ciascuno di noi. Attraverso il linguaggio che uso nei miei tentativi poetici, cerco di mettere l’essenza di ciascuno di noi, difronte al proprio io più profondo, in modo tale da guardarlo in faccia e chiedergli chi vuole essere, se vuole vivere o morire per sempre. Sono immagini, visioni, deliri di un povero folle! Quello che cerco, ciò di cui abbiamo realmente bisogno, non risiede al di fuori di noi, ma è già in noi, fin dalla nascita, ha solo bisogno di essere fatto vivere e per far ciò dobbiamo acquistare consapevolezza di chi siamo, tutto questo avviene nell’arco di tutta la nostra vita.

Nei tuoi versi si percepisce un profondo senso di tormento ma anche una ricerca di redenzione. Quali sono per te i confini tra sofferenza e speranza?

Nel mio profondo vive un tormento che mi agita, mi richiama a cercare, capire l’essenza della verità che abita nell’ invisibile della natura, dell’anima. Il dolore che ciascuno di noi si porta nel profondo della propria anima è un compagno di vita che non ci abbandona mai. Non si può superare, ma solo accettare, come una cicatrice che resta visibile e che diventa parte di te. Come convivere con lui? Iniziando un dialogo costante, che ci aiuti a comprendere chi siamo, cosa desideriamo, e quale sia la strada più giusta da percorrere. Forse non lo capiremo subito, e continueremo a chiederci il perché di tanta sofferenza, ma le risposte non saranno immediate. Se smettiamo di parlargli continueremo a vagare nell’oscurità senza una meta precisa, lui, comunque, continuerà a parlare con noi; possiamo ascoltarlo, senza fare nulla e questa è la situazione di chi continua a girare intorno al perché, altrimenti possiamo dire la nostra e camminare verso una luce che, seppur non ci darà serenità, almeno ci redimerà dalla nostra inesistenza. La redenzione, in questo caso, è il passaggio da una situazione di oscurità, dove non vediamo chi siamo, ad un’altra nella quale ci coloriamo della nostra vita, della nostra realtà. È quella situazione di perdono verso noi stessi, che dobbiamo incontrare ed indossare come un nuovo vestito. Perdonare, perdonarci ci aiuta anche a sperare che, dopo il grande viaggio immersi nella sofferenza, troveremo quel luogo dove ci uniremo a noi stessi, fino ai più profondi abissi della nostra anima. Più ci avvicineremo e più vedremo luce, ma dobbiamo anche avere la consapevolezza che il nostro percorso non si esaurirà in questa vita, perché il tempo limita la nostra eternità.

Il linguaggio poetico che utilizzi è molto denso e oscuro. Come riesci a trovare equilibrio tra espressione lirica e il desiderio di trasmettere un messaggio profondo al lettore?

In realtà non ricerco un equilibrio, ma mi affido semplicemente alla forza evocativa delle parole ed alla musicalità delle immagini che insieme, creano realtà rappresentative di visioni. Esse hanno il potere (spero) di suscitare nel lettore dei moti che aprano le porte delle rispettive anime. Dovremmo chiederci chi siamo realmente e non accontentarci di ciò che pensiamo di essere, senza averlo messo alla prova, fissandolo ad una verità che non ci appartiene solo perché pensiamo di aver raggiunto l’equilibrio. Dobbiamo vedere, sentire e far vivere le nostre emozioni…tutto il nostro essere deve vibrare creando la grande musica della nostra esistenza, senza avere paura di soffrire; dobbiamo essere noi e nessun altro a decidere chi vogliamo essere. Dobbiamo avere la forza ed il coraggio di compiere la scelta di camminare seguendo il canto della nostra anima che ci accompagnerà per tutta la vita.

“Frammenti di un’anima” ci porta in una dimensione oltre il visibile, dove la realtà sembra un inganno. Qual è il tuo invito per chi si avventura nella lettura delle tue poesie? 

Ciò che appare non sempre è reale, anzi, spesso rappresenta un annullamento della nostra realtà per chissà quale volere altrui. Ribadisco che siamo liberi di scegliere chi vogliamo essere e se dobbiamo accondiscendere a qualche compromesso, lo facciamo perché dobbiamo avere anche la consapevolezza che facciamo parte di qualcosa di più grande di noi e che la nostra vita, in questo, assume un ruolo importante, ma noi come realtà e non come virtualizzazione dell’irreale. Siamo pronti, abbiamo la forza di resistere alle tentazioni della morte per trovare la nostra salvezza nella vita oppure decidiamo di apparire vivi per portare avanti un esistenza di morte?

Con “Frammenti di un’anima,” Salvatore Assennato ci lascia un prezioso lascito poetico, un invito ad abbracciare i lati più oscuri e autentici di noi stessi. Le sue poesie, cariche di simbolismo e introspezione, offrono una visione dell’esistenza che sfida e arricchisce. È un’opera che non si limita a essere letta, ma invita a essere vissuta, nella ricerca continua di verità e identità, nel buio e nella luce dell’anima.

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